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martedì 15 ottobre 2024
 
 

Paolo Ricca, teologo valdese: si scrive legge, si dice amore

31/05/2013 

È noto che associare il nome di Dio alla nozione di “legge” può essere fuorviante e sovente lo è. Dio, infatti, dà la legge,ma non è legge. Dio è amore e libertà. La legge di Dio rivela la sua volontà, non la sua natura. È noto anche che il termine ebraico tradotto con “legge” significa anzitutto“insegnamento”. Si trattava, all’origine, di un insegnamento orale, impartito, in Israele, dai Leviti e dai sacerdoti, presso i santuari. I loro insegnamenti furono poi messi per iscritto in diverse antiche raccolte, oggi riunite nel Pentateuco. Così la legge non fu più l’insegnamento vivo dei sacerdoti, ma divenne un testo scritto commentato e spiegato dagli scribi. Comunque la legge fu ed è, per Israele, il contenuto del Patto tra Dio e il popolo: nell’antico Patto la legge è scritta «su tavole di pietra», nel nuovo su «tavole che sono cuori di carne» (2Corinzi 3,3; Geremia 31,33; Ezechiele 36,26-27).

Perché il contenuto del Patto è la legge? Perché la legge è vitale per l’uomo, sia come individuo sia come comunità. Senza legge la vita umana precipita nel caos, nel quale prevale inevitabilmente la legge del più forte, cioè l’arbitrio e la prepotenza. Il valore della legge è massimo, tanto più se si tratta della legge di Dio: non c’è civiltà, si può anche dire che non c’è umanità senza legge. D’altra parte la legge è e resta, anche come legge scritta, di Dio che, come s’è detto, non è legge, ma amore e libertà. Questo significa che la legge non può prendere il posto di Dio, che non si annulla nella sua legge, ma ne resta il Signore e proprio per questo anche l’interprete, l’ermeneuta. Occorre perciò interpretare la legge a partire da Dio, e non Dio a partire dalla legge. Qual è il contenuto della legge? È ben illustrato dal Decalogo, sia in sé con i suoi due poli fondamentali, Dio e il prossimo; sia nell’approfondimento che ne ha fatto Gesù nel Sermone sul Monte (Matteo 5,17-48). È importante ricordare che il Decalogo è introdotto da un’auto presentazione di Dio come Colui che libera, cioè che crea libertà: lo scopo della legge di Dio è aiutare l’uomo a restare libero, e non, come molti pensano, restringere o addirittura cancellare gli spazi della sua libertà. In sostanza, la legge di Dio, che Gesù ha riassunto nel doppio comandamento dell’amore (Marco 12,28-34),è quella che l’apostolo Giacomo chiama «la legge perfetta, che è la legge della libertà»(Giacomo 1,25).

In questo quadro si capisce il Salmo 119, che è un canto di felicità che scaturisce dal possesso e dalla conoscenza della legge di Dio. E la legge degli uomini? Svolge anch’essa una funzione vitale, sia a livello individuale sia sociale. Vale anche per la legge degli uomini quel che s’è detto della legge di Dio. Nessuna vita umana è possibile senza la legge. È però noto a tutti che le leggi umane possono essere giuste o inique, possono agevolare la vita oppure soffocarla, possono essere una benedizione oppure una maledizione. Possono ispirarsi e conformarsi alla legge di Dio, ma possono anche allontanarsene e contraddirla. In quest’ultimo caso, il credente seguirà la parola rivolta da Pietro e dagli altri apostoli al sinedrio di Gerusalemme: «Bisogna ubbidire a Dio piuttosto che agli uomini» (Atti 5,29). Detto questo, è compito di tutti (famiglie, scuola, istituzioni) inculcare nei cittadini non solo il rispetto, ma l’amore per la legge, senza la quale la civiltà ridiventa barbarie.

 
 
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