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martedì 13 maggio 2025
 
 
Credere

Il Papa a Milano. Fra gli ultimi con il cuore in mano

30/03/2017  Nella città dell’alta finanza Francesco visita la periferia e le carceri. Un milione i fedeli alla Messa. «Mi sono sentito a casa»

«Ho constatato che è vero quello che si dice: “A Milan si riceve col coeur in man!”. Grazie!». Nella battuta pronunciata da papa Francesco domenica all’Angelus c’è un po’ la sintesi della visita in terra ambrosiana il giorno prima: 11 ore densissime in cui l’argentino Bergoglio – parole sue – si è «veramente sentito a casa con tutti: credenti e non credenti».

Del resto, l’aveva voluta lui stesso una giornata così, a contatto con tutti, con chi è “dentro” la Chiesa, ma non di meno con chi è “fuori”. Con una speciale, evangelica predilezione per gli ultimi, sulla scia di quel Dio che, per generare il Salvatore, scelse un’umile ragazza di Nazaret. Per questo – nella città che vanta la principale Borsa d’Italia, quel gioiello di innovazione che è il Politecnico e pure l’università Cattolica più importante d’Europa – nel programma papale non hanno trovato spazio incontri col mondo economico e culturale.

Milano ha risposto con un entusiasmo sorprendente e il cardinale Scola (che a Monza ha ringraziato, commosso, il Papa) lo ha spiegato così: «Il milione di persone a Monza per la Messa, le oltre 500 mila nelle celebrazioni milanesi e lungo i 100 chilometri percorsi da papa Francesco dicono dell’amore della gente per lui». Il Papa non si è tirato indietro; basti citare la sua decisione di attraversare la città con il finestrino dell’auto abbassato per salutare le moltissime persone assiepate lungo il percorso.

LA NEBBIA E I FUORI PROGRAMMA

La lunga e intesa giornata milanese di Francesco è cominciata con l’atterraggio in una Linate immersa nella nebbia. Un biglietto da visita “classico” di Milano che, solo poco dopo, però ha sfoderato quel «cielo di Lombardia così bello quando è bello», per dirla col Manzoni. Sceso dall’aereo, il primo fuori programma: il saluto alla gente radunatasi a bordo pista, inizialmente non previsto. Poi via, verso la periferia. Francesco sceglie di entrare nella più popolosa e organizzata diocesi del Vecchio continente facendo sosta alle Case Bianche, quartiere storicamente segnato da emarginazione e disagio. Lì ha incontrato una famiglia musulmana, originaria del Marocco, trovando il tempo di bere un bicchiere di latte insieme con i genitori e i figli Mahmoud, Nada e Jihane. Ha poi fatto visita a due anziani, Nuccio Oneta e Adele Agonini: alla moglie, ricoverata in ospedale, ha dedicato una calorosa telefonata, augurandole la necessaria serenità per affrontare gli acciacchi dell’età. Nella casa di Dori Falcone (57 anni), infine, al Papa sono bastati sguardi di tenerezza per alleviare, almeno per un attimo, il calvario del marito, Lino Pasquale (59 anni), allettato da tempo.

IN CARCERE LA VISITA PIÙ LUNGA

  

L’altro momento tra i più commuoventi della giornata Francesco lo passerà di lì a qualche ora a San Vittore: quando varca la soglia, attorno alle 13, è il primo Papa della storia a farlo nel carcere milanese che, pur essendo in centro, è un’autentica periferia esistenziale. Là Francesco pronuncia parole commuoventi, chiama fratelli i detenuti, si chiede: «Perché voi e non io?». Li saluta uno a uno. E pazienza se questo lo obbligherà a saltare la breve siesta che era stata prevista per dargli respiro.

Quelli in periferia e in carcere sono incontri altamente simbolici, immagini eloquenti di altrettante sfide con cui Milano è chiamata oggi a misurarsi: l’immigrazione, l’invecchiamento della popolazione e, più in generale, il come dare cittadinanza ai tanti vulnerabili che, visibili o meno, abitano la “capitale morale”.

Sfide che anche la Chiesa è chiamata ad affrontare a viso aperto. Il Papa lo ricorda con forza ai preti e alle suore riuniti in Duomo: «Dobbiamo temere una fede senza sfide... Le sfide ci aiutano a far sì che la nostra fede non diventi ideologica». Nel dialogo con religiosi e religiose (presenti anche alcuni rappresentanti di altre confessioni cristiane e una piccola delegazione islamica), Francesco, al quale erano state presentate in anticipo le domande, attinge al testo scritto, ma continuamente aggiunge frasi a braccio. E a don Gabriele Gioia che esprime, a nome di tanti, la fatica di evangelizzare oggi, dice: «L’evangelizzazione non sempre è sinonimo di prendere pesci. Andare e prendere il largo, dare testimonianza. Il Signore prende i pesci, quando come e dove non lo sappiamo. Noi siamo strumenti inutili». Il Papa ha poi invitato a «non perdere la gioia di evangelizzare perché evangelizzare è una gioia. Dobbiamo chiedere la grazia di non perderla. Non va bene essere tristi, un evangelizzatore triste è come non fosse convinto che Gesù è gioia».

Nel parco di Monza, dove si radunano circa un milione di persone (moltissime famiglie, giovani, ma anche anziani e disabili), Francesco tocca con mano che per tanti credenti milanesi la fede, nonostante tutto, è gioia. Nel prato inondato da un sole estivo il Papa attraversa la folla in papamobile senza mai smettere di salutare e benedire. Poi, però, la fatica si fa sentire e Francesco presiede la celebrazione eucaristica dando l’impressione di avere il fiatone e di essere molto provato. Ma «nulla è impossibile a Dio»: Francesco lo ripete con forza commentando il Vangelo dell’Annunciazione. «Dio continua a cercare alleati, continua a percorrere i nostri quartieri e le nostre strade», sebbene spesso si abbia la sensazione che sia distante, specie in un tempo come questo in cui – è la sferzante denuncia – «si specula sulla vita, sul lavoro, sulla famiglia, sui migranti, sui giovani e sul loro futuro».

A San Siro, ultima tappa del tour milanese, papa Francesco torna a essere Francesco. Davanti gli ottantamila che affollano gli spalti della “Scala del calcio”, travolto dall’entusiasmo contagioso e ammirato per le splendide coreografie allestite sul terreno di gioco, il Papa conia l’ultimo dei suoi brillanti neologismi: «Che bello dominguear», dice, spiegando la bellezza della festa vissuta insieme in famiglia. Poi l’appello ai ragazzi che l’ascoltano in un silenzio irreale: mai cedere al bullismo, «prendendo in giro chi ha qualche difetto».

Dagli ultimi era partito, con un pensiero ai “nuovi ultimi” si è congedato.

Foto Osservatore Romano-REUTERS-Pope Francis wavesCVB

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