La folla prega, davanti al l’icona della Madonna della rotonda. Ad Albano si attende il Papa. Già tre ore prima del suo arrivo la gente si era assiepata lungo le transenne per correre ai primi posti davanti all’altare. Francesco arriva in macchina, da Roma, e, accolto dal sindaco Nicola Marini e da monsignor Marcello Semeraro, vescovo della diocesi, si ferma a guardare il murales realizzato da Maupal, lo street art Mauro Pallotta, che lo raffigura mentre cerca di ripulire il mondo. Saluta i fedeli e ringrazia “Grazie, grazie tante per questa accoglienza così calorosa. Adesso ci prepariamo per la messa. Io pregherò per voi e voi per me”, dice prima di entrare nella cattedrale restaurata, intitolata a San Pancrazio. Saluta e ringrazia le maestranze che hanno lavorato in questi lunghi anni e per prega con il presbiterio della diocesi. Una preghiera litanica, al termine della quale il Papa si sposta nella vicina piazza Pia per celebrare la messa che inaugura l’anno pastorale della diocesi e ricorda anche l’anniversario della sua ordinazione.
Il Papa commenta l’episodio che vede protagonista Zaccheo ricordando che « era un pubblicano, anzi il “capo dei pubblicani”, cioè di quei giudei – odiati dal popolo – che riscuotevano i tributi per l’impero romano». Un uomo che si era arricchito «a spese dei suoi concittadini». I quali vedevano Zaccheo come «il peggio, l’insalvabile. Ma non agli occhi di Gesù, che chiama per nome proprio lui, Zaccheo, che significa “Dio si ricorda”. Nella città dimenticata, Dio si ricorda del più grande peccatore».
Zaccheo era di bassa statura, «fisica e morale», dice Francesco. Cercava di vedere «Gesù nascosto tra i rami dell’albero, probabilmente sperando di non essere visto». Ci sono tutti i limiti, i peccati, la vergogna, le chiacchiere e i pregiudizi, ma «nessun ostacolo fa dimenticare a Gesù l’essenziale, l’uomo da amare e salvare».
Nell’anniversario della cattedrale, sottolinea Bergoglio, questo episodio dice che «ogni chiesa, che la Chiesa con la maiuscola esiste per mantenere vivo nel cuore degli uomini il ricordo che Dio li ama. Esiste per dire a ciascuno, anche al più lontano: “Sei amato e chiamato per nome da Gesù; Dio non ti dimentica, gli stai a cuore”». E allora non bisogna avere paura di «“attraversare” la vostra città, di andare da chi è più dimenticato, da chi sta nascosto dietro i rami della vergogna, della paura, della solitudine, per dirgli: “Dio si ricorda di te”». E non solo si ricorda, ma addirittura «Egli anticipa. Lo vediamo nel gioco di sguardi con Zaccheo». Zaccheo cerca di vedere Gesù, di capire chi sia e lo scopre non quando è lui a guardare, ma «quando viene guardato da Gesù. Perché mentre Zaccheo cerca di vederlo, Gesù lo vede per primo; prima che Zaccheo parli, Gesù gli parla; prima di invitare Gesù, Gesù viene a casa sua. Ecco chi è Gesù: Colui che ci vede per primo, Colui che ci ama per primo, Colui che ci accoglie per primo».
Quando ci scopriamo anticipati dall’amore «la vita cambia». E allora Francesco si rivolge a ciascuno con il tu: «Caro fratello, cara sorella», dice, «se come Zaccheo stai cercando un senso alla vita ma, non trovandolo, ti stai buttando via con dei “surrogati di amore”, come le ricchezze, la carriera, il piacere, qualche dipendenza, lasciati guardare da Gesù. Solo con Gesù scoprirai di essere da sempre amato e farai la scoperta della vita. Ti sentirai toccato dentro dalla tenerezza invincibile di Dio, che commuove e smuove il cuore. Così è stato per Zaccheo e così è per ciascuno di noi, quando scopriamo il “prima” di Gesù».
E anche la Chiesa deve interrogarsi se Gesù viene prima se «c’è prima Lui o la nostra agenda, c’è prima Lui o le nostre strutture? Ogni conversione nasce da un anticipo di misericordia, dalla tenerezza di Dio che rapisce il cuore. Se tutto quello che facciamo non parte dallo sguardo di misericordia di Gesù, corriamo il rischio di mondanizzare la fede, di complicarla e riempirla di tanti contorni: argomenti culturali, visioni efficientiste, opzioni politiche, scelte partitiche...». E si dimentica «l’essenziale, la semplicità della fede, quello che viene prima di tutto: l’incontro vivo con la misericordia di Dio. Se questo non è il centro, se non sta all’inizio e alla fine di ogni nostra attività, rischiamo di tenere Dio “fuori casa” nella Chiesa, cioè nella Chiesa, a casa sua, ma non con noi. Lasciati misericordi are da Dio, dio viene con la sua misericordia».
Francesco chiede di prendere a esempio Zaccheo che è salito sull’albero, come fanno i bambini, «è tornato semplice». Infatti «per custodire il “prima” di Dio, non bisogna essere cristiani complicati, che elaborano mille teorie e si disperdono a cercare risposte nella rete, ma come i bambini. Essi hanno bisogno dei genitori e degli amici: anche noi abbiamo bisogno di Dio e degli altri. Non bastiamo a noi stessi, abbiamo bisogno di smascherare la nostra autosufficienza, di superare le nostre chiusure, di ritornare piccoli dentro, semplici ed entusiasti, pieni di slancio verso Dio e di amore per il prossimo».
E, infine, un’ultima azione di Gesù: quella di dire a Zaccheo che si fermerà nella sua casa: «E Zaccheo, che si sentiva estraneo nella sua città, rientra a casa sua da persona amata. E, amato da Gesù, riscopre la sua gente vicina e dice: “Do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto”. La Legge di Mosè chiedeva di restituire aggiungendo un quinto, Zaccheo dà quattro volte tanto: va ben oltre la Legge perché ha trovato l’amore. Sentendosi a casa, ha aperto la porta al prossimo. Come sarebbe bello se i nostri vicini e conoscenti sentissero la Chiesa come casa loro! Succede, purtroppo, che le nostre comunità diventino estranee a tanti e poco attraenti. A volte subiamo anche noi la tentazione di creare circoli chiusi, luoghi intimi tra eletti. Ma ci sono tanti fratelli e sorelle che hanno nostalgia di casa, che non hanno il coraggio di avvicinarsi, magari perché non si sono sentiti accolti. Il Signore desidera che la sua Chiesa sia una casa tra le case, una tenda ospitale dove ogni uomo, viandante dell’esistenza, incontri Lui, che è venuto ad abitare in mezzo a noi». Un luogo dove «non si guardano mai gli altri dall’alto in basso ma, come Gesù con Zaccheo, dal basso verso l’alto; mai da giudici, sempre da fratelli. Non siamo ispettori delle vite altrui, ma promotori del bene di tutti». E, conclude il Papa, «se ci è stato fatto del male, restituiamo del bene. I discepoli di Gesù non sono schiavi dei mali passati ma, perdonati da Dio, fanno come Zaccheo: pensano solo al bene che possono fare. Diamo gratuitamente, amiamo i poveri e chi non ha da restituirci: saremo ricchi al cospetto di Dio».