«Parole esigenti che sembrano paradossali»: papa Francesco definisce così quelle che Gesù ci rivolge nel Vangelo di oggi, il Vangelo del perdono, una pagina certamente difficile perché ci pone una sfida enorme: «Porgere l'altra guancia e amare perfino i nemici». Osserva Il Pontefice: «E' normale per noi amare quelli che ci amano ed essere amici di chi ci è amico. Eppure Gesù ci provoca dicendo: se agite in questo modo cosa fate di straordinario?». Il Papa sottolinea: «Ecco il punto sul quele vorrei attirare la vostra attenzione: su questo "cosa fate di straordinario"?
«Straodinario è ciò che va oltre i limiti del consueto, che supera le frasi abituali, i calcoli normali dettati dalla prudenza. In genete noi cerchiamo di avere tutto abbastanza in ordine e sotto controllo», temendo magari di restare delusi nelle nostre aspettative, di osare e di esporci troppo, di non ricevere altrettanto in cambio, di non essere ripagati nella stessa misura. Questa è la logica umana: «Preferiamo amare soltanto chi ci ama, per evitare le illusioni, fare del bene soltanto a chi è buono con noi, essere generosi solo con chi può restituirci un favore. E a chi ci tratta male rispondiamo con la stessa moneta così siamo tutti in equilibrio».
Ma il Signore ci dice che questo non basta: «Se restiamo nell'ordinario, nel bilaciamento tra dare e ricevere, le cose non cambiano». Ma l'amore di Dio, afferma il Papa, «è sempre straordinario». Gesù con le sue parole ci lancia una sfida: uscire dalla logica dell'ordinario e sbilanciarci nell'amore verso il prossimo, in un amore gratuito, che non chiede nulla in cambio, che non si fa illusioni, che non si basa su calcoli e aspettative. «Mentre noi cerchaimo sempre di pareggiare i conti, Cristo ci stimola a vivere lo sbilanciamento dell'amore. Gesù non è un bravo ragioniere, sempre va allo sbilanciamento dell'amore».
Se Dio non si fosse sbilanciato, sottolinea ancora il Papa, noi non saremmo stati salvati. E' stato lo sbilanciamento dell'amore che ci ha salvati. «Gesù non sarebbe venuto a cercarci mentre eravamo perduti e lontani, non ci avrebbe amato fino alla fine». Francesco ricorda poi le parole dell'apostolo Paolo: c'è sempre qualcuno disposto a morire per una persona buona. «Ma Cristo è morto per noi mengre eravamo ancora nel peccato. Dio ci ama mentre siamo peccatori, non perché siamo buoni o in grado di restituirgli qualcosa».
«L'amore di Dio è un amore sempre in eccesso, sempre oltre i calcoli, sempre sproporzionato. E oggi chiede anche a noi di vivere in questo modo perché solo così lo testimonieremo davvero». Ecco la grande scommessa di Dio: Il Signore ci propone di uscire dalla logica del tornaconto e di non misurare l'amore sulla bilancia dei calcoli e delle convenienza. Ci invita a non rispondere al male con il male, a osare nel bene, a rischiare nel dono, anche se riceveremo poco o nulla in cambio. Perché è questo amore che lentamente trasforma i conflitti, a accorcia le distanze, supera le inimicizie, guarisce le ferite dell'odio». E allora il Papa ci invita a guardarci dentro e a porci una domanda: «Seguiamo nella nostra vita la logica del tornaconto o quella della gratuità? L'amore straordinario di Cristo non è facile, ma è possibile»
Al termine della preghiera dell'Angelus, Francesco ci invita a ricordare chi soffre e a non far mancare la nostra carità concreta. Rivolge il suo pensiero alla Siria, alla Turchia e alle tantissime vittime del terremoto che ha colpito questi due Paesi. Ricorda ancora una volta «i drammi quotidiani del caro popolo ucraino e di tanti popoli che soffrono a causa della guerra, o a motivo della povertà, della mancanza di libertà, delle devastazioni ambientali». E a proposito di disastri naturali, il Papa esprime la sua vicinanza alla popolazone neozelandese, colpita negli ultimi giorni dal devastante uragano Gabrielle, che ha provocato diverse vittime, distrutto edifici, infrastrutture, vaste aree di campi coltivati, lasciato migliaia di persone senza elettricità e senza acqua.