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lunedì 16 settembre 2024
 
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«Lavorare per la democrazia, senza calpestare nessuno»

16/01/2018  All'arrivo, stanotte, papa Francesco si è fermato in preghiera sulla tomba del «vescovo dei poveri», monsignor Alvear. Oggi la prima visita ufficiale. Alle istituzioni Bergoglio ha ricordato il dovere di ascoltare gli anziani, i migranti, i disoccupati, i bambini... E ha chiesto perdono per gli abusi compiuti da ministri della Chiesa.

In Cile in punta di piedi, senza discorsi. Il Papa appena atterrato nel Paese compie, nel suo primo giorno, un unico grande gesto fuori programma si ferma in preghiera, da solo, per qualche minuto, sulla tomba di monsignor Enrique Alvear Urrutia, strenuo difensore dei diritti umani negli anni della dittatura e noto come «il vescovo dei poveri».

Oggi, invece, i primi incontri ufficiali. Al palazzo della Moneda, all’epoca coloniale zecca dello Stato, e poi palazzo presidenziale, papa Francesco arriva in macchina dalla nunziatura dove è alloggiato.

Qui dove si consumò il golpe di Pinochet, l’11 settembre del 1973, con il bombardamento del palazzo e la morte di Salvador Allende, Bergoglio incontra la presidente uscente del Cile, Michelle Bachelet, la cui vita è stata fortemente segnata dalla dittatura con il padre morto in seguito alle torture e lei e sua madre lungamente imprigionate e poi costrette all’esilio.

C’è eco di tutto questo passato nel discorso di  papa Francesco. Salutando anche il nuovo presidente da poco eletto, Sebastián Piñera Echenique, Bergoglio parla di democrazia e sviluppo. Ricorda che il Cile «si è distinto negli ultimi decenni» proprio «per lo sviluppo di una democrazia che gli ha consentito un notevole progresso» e ricorda i 200 anni dalla dichiarazione di indipendenza con la quale venne segnato «il vostro destino come popolo, fondato sulla libertà e sul diritto, chiamato anche ad affrontare diversi periodi turbolenti riuscendo tuttavia – non senza dolore – a superarli. In questo modo voi avete saputo consolidare e irrobustire il sogno dei vostri padri fondatori».

Il Papa invita a «continuare a lavorare perché la democrazia, il sogno dei vostri padri, ben al di là degli aspetti formali, sia veramente un luogo d’incontro per tutti. Che sia un luogo nel quale tutti, senza eccezioni, si sentano chiamati a costruire casa, famiglia e nazione. Un luogo, una casa, una famiglia, chiamata Cile: generoso, accogliente, che ama la sua storia, che lavora per il presente della sua convivenza e guarda con speranza al futuro». E, per questa opera di continua edificazione, chiede soprattutto ascolto. Ascolto dei disoccupati, «che non possono sostenere il presente e ancor meno il futuro delle loro famiglie», dei popoli autoctoni «spesso dimenticati, i cui diritti devono ricevere attenzione e la cui cultura protetta, perché non si perda una parte dell’identità e della ricchezza di questa Nazione», dei migranti «che bussano alle porte di questo Paese in cerca di una vita migliore e, a loro volta, con la forza e la speranza di voler costruire un futuro migliore per tutti», dei giovani «nella loro ansia di avere maggiori opportunità, specialmente sul piano educativo e, così, sentirsi protagonisti del Cile che sognano, proteggendoli attivamente dal flagello della droga che si prende il meglio delle loro vite», degli anziani, con la loro saggezza tanto necessaria e il carico della loro fragilità», dei bambini «che si affacciano al mondo con i loro occhi pieni di meraviglia e innocenza e attendono da noi risposte reali per un futuro di dignità».

Fa una pausa papa Francesco, prima di affrontare uno dei temi più sentiti in Cile: quello della pedofilia, con la questione irrisolta del vescovo di Osorno, Juan Barros. Quest’ultimo, nominato proprio da papa Francesco si è formato alla scuola del potente padre Fernando Karadima, riconosciuto colpevole di abusi su minori. Il vescovo ha sempre detto di non sapere nulla di quanto faceva il suo mentore, ma le proteste contro di lui non sono mai cessate. Proprio per questo le parole di Bergoglio erano particolarmente attese. Un lungo applauso accoglie le sue parole: «Non posso fare a meno», dice il Papa, «di esprimere il dolore e la vergogna che sento davanti al danno irreparabile causato a bambini da parte di ministri della Chiesa. Desidero unirmi ai miei fratelli nell’episcopato, perché è giusto chiedere perdono e appoggiare con tutte le forze le vittime, mentre dobbiamo impegnarci perché ciò non si ripeta».

Infine il tema dell’ambiente con una attenzione «preferenziale alla nostra casa comune». Pensando in particolare all’Amazzonia e al Sinodo da lui stesso convocato sul tema per il prossimo anno, papa Francesco spiega che bisogna «far crescere una cultura che sappia prendersi cura della terra e a tale scopo non accontentarci solo di offrire risposte specifiche ai gravi problemi ecologici e ambientali che si presentano» e ricorda che «la saggezza dei popoli autoctoni può offrire un grande contributo. Da loro possiamo imparare che non c’è vero sviluppo in un popolo che volta le spalle alla terra e a tutto quello e tutti quelli che la circondano. Il Cile possiede nelle proprie radici una saggezza capace di aiutare ad andare oltre la concezione meramente consumistica dell’esistenza per acquisire un atteggiamento sapienziale di fronte al futuro».

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