Oggi Roma, ieri Parigi ma anche Ferguson e Saint Louis (Missouri, Usa). Duri confronti tra diverse etnie. Scontri verbali. Talvolta, manifestazioni violente. Le periferie, con il loro carico di povertà, emarginazione e sofferenza, stanno a cuore al Papa. E Francesco è tornato a parlarne oggi, all'Angelus. «In questi giorni a Roma», ha detto riferendosi senza citarli ai fatti di Tor Sapienza, «ci sono state
tensioni piuttosto forti tra residenti e immigrati. Sono fatti che
accadono in diverse città europee, specialmente in quartieri periferici
segnati da altri disagi. Invito le istituzioni, di tutti i livelli, ad
assumere come priorità quella che ormai costituisce un'emergenza sociale
e che, se non affrontata al più presto e in modo adeguato, rischia di
degenerare sempre di più».
I credenti non stanno a guardare con le mani in mano. Anzi. «La comunità cristiana s'impegna in modo concreto perché non ci sia scontro, ma incontro», ha proseguito Jorge Mario Bergoglio. «Cittadini e immigrati, con i rappresentanti delle istituzioni possono incontrarsi anche in una sala della parrocchia e parlare insieme della situazione.
L'importante - sottolinea Francesco - è non cedere alla tentazione dello
scontro, respingere ogni violenza. E' possibile dialogare,
ascoltarsi, progettare insieme e in questo
modo superare il sospetto e il pregiudizio e costruire una convivenza
sempre più sicura, pacifica ed inclusiva».
Il Papa è arrivato a ragionare di attualità dopo aver riflettuto sulla
parabola dei talenti, proposta dalla liturgia domenicale. I talenti,
secondo questo brano evangelico – ha spiegato Francesco – non sono
le qualità individuali, ma il patrimonio che il Signore ci affida: la
sua Parola, l’Eucaristia, la fede nel Padre celeste, il suo perdono,
cioè «i suoi beni più preziosi» che noi siamo chiamati a far fruttare.
Così, la buca scavata nel terreno dal «servo malvagio e pigro» indica «la paura del rischio che blocca la creatività e la fecondità
dell’amore».
«Gesù non ci chiede di
conservare la sua grazia in cassaforte», ha sottolineato Bergoglio, «ma vuole che la usiamo a
vantaggio degli altri. Tutti i beni che noi abbiamo ricevuto sono per
per darli agli altri e così crescono. È come se ci dicesse: ‘Eccoti la
mia misericordia, la mia tenerezza, il mio perdono: prendili e fanne
largo uso’. E noi che cosa ne abbiamo fatto? Chi abbiamo ‘contagiato’
con la nostra fede? Quante persone abbiamo incoraggiato con la nostra
speranza? Quanto amore abbiamo condiviso col nostro prossimo? Sono
domande che ci farà bene farci. Qualunque ambiente, anche il più lontano
e impraticabile, può diventare luogo dove far fruttificare i talenti».
E' questo un concetto su cui il papa insiste: «Non ci sono
situazioni o luoghi preclusi alla presenza e alla testimonianza
cristiana» che «non è chiusa, è aperta». «Questa parabola ci sprona a
non nascondere la nostra fede e la nostra appartenenza a Cristo, a non
seppellire la Parola del Vangelo, ma a farla circolare nella nostra
vita, nelle relazioni, nelle situazioni concrete, come forza che mette
in crisi, che purifica, che rinnova».
Questo – ha sottolineato il Papa –
vale anche per il perdono, che il Signore ci dona specialmente nel
Sacramento della Riconciliazione: «Non teniamolo chiuso in noi
stessi, ma lasciamo che sprigioni la sua forza, che faccia cadere quei
muri che il nostro egoismo ha innalzato, che ci faccia fare il primo
passo nei rapporti bloccati, riprendere il dialogo dove non c’è più
comunicazione».
Il Signore - ha osservato - non dà a tutti le stesse cose e nello stesso modo: «Ci conosce personalmente e
ci affida quello che è giusto per noi; ma in tutti ripone la stessa,
immensa fiducia. Dio si fida di noi. Dio ha speranza in noi. E questo è
lo stesso per tutti. Non deludiamolo! Non lasciamoci ingannare dalla
paura, ma ricambiamo fiducia con fiducia! La Vergine Maria - ha affermato - incarna questo atteggiamento nel
modo più bello e più pieno. Ella ha ricevuto e accolto il dono più
sublime, Gesù in persona, e a sua volta lo ha offerto all’umanità con
cuore generoso. A Lei chiediamo di aiutarci ad essere 'servi buoni e
fedeli', per partecipare “alla gioia del nostro Signore”».
Il "compito a casa", infine: il Papa ha esortato a rileggere e meditare la parabola dei
talenti (Matteo 25, 14-30), come esame di coscienza per vedere se i beni
di Dio li teniamo per noi o li usiamo per gli altri.