Lisbona
dall'inviata
Tre cantieri di speranza: l’ambiente, il futuro, la fraternità. Papa Francesco atterra a Lisbona e pone subito le questioni fondamentali su cui i giovani sono chiamati a confrontarsi in questa 37esima Gmg. Nel primo discorso alle autorità e alla società civile, l’unico che il Pontefice pronuncia in italiano, Bergoglio spiega che «il Portogallo condivide con l’Europa tanti sforzi esemplari per la protezione del creato. Ma il problema globale rimane estremamente serio: gli oceani si surriscaldano e i loro fondali portano a galla la bruttezza con cui abbiamo inquinato la casa comune». E non possiamo dire di «credere nei giovani, se non diamo loro uno spazio sano per costruire il futuro». Il futuro sono i giovani, «ma tanti fattori li scoraggiano, come la mancanza di lavoro, i ritmi frenetici in cui sono immersi, l’aumento del costo della vita, la fatica a trovare un’abitazione e, ancora più preoccupante, la paura di formare famiglie e mettere al mondo dei figli». La buona politica, che «non è chiamata a detenere il potere, ma a dare alla gente il potere di sperare», può invertire questa tendenza ed essere «generatrice di speranza» correggendo «gli squilibri economici di un mercato che produce ricchezze, ma non le distribuisce», investendo «con lungimiranza sull’avvenire, sulle famiglie e sui figli, a promuovere alleanze intergenerazionali, dove non si cancelli con un colpo di spugna il passato, ma si favoriscano i legami tra giovani e anziani. A questo richiama il sentimento della saudade portoghese, la quale esprime una nostalgia, un desiderio di bene assente, che rinasce solo a contatto con le proprie radici». Non a caso il Papa, partendo, ha voluto salutare, a Casa Santa Marta proprio un gruppo di giovani con i loro nonni, a sancire questo patto intergenerazionale.
Infine la fraternità, «che noi cristiani impariamo dal Signore». In un contesto generale di «una globalizzazione che ci avvicina, ma non ci dà la prossimità fraterna, tutti siamo chiamati a coltivare il senso di comunità, a partire dalla ricerca di chi ci abita accanto», anche se, come scrive Saramago, «ciò che dà il vero senso all’incontro è la ricerca, e bisogna fare molta strada per raggiungere ciò che è vicino».
Usa l’immagine dell’Oceano per richiamare l’importanza dell’insieme, del pensare ai confini come zone di contatto e non di divisione. E ricorda che Lisbona, la capitale più a ovest dell’Europa continentale, può suggerire un cambio di passo a tutto il vecchio Continente («possiamo dire anziano», sottolinea il Pontefice) a partire dal Trattato che, nel 2007, ha modificato quello istitutivo dell’Unione europea e della Comunità. In quelle norme si mette ancora più in evidenza che «l’Unione si prefigge di promuovere la pace, i suoi valori e il benessere dei suoi popoli» e si asserisce che «nelle relazioni con il resto del mondo (l’Europa, n.d.r.) contribuisce alla pace, alla sicurezza, allo sviluppo sostenibile della Terra, alla solidarietà e al rispetto reciproco tra i popoli, al commercio libero ed equo, all’eliminazione della povertà e alla tutela dei diritti umani».
Il mondo ha bisogno dell'Europa e dei suoi valori. Ha bisogno di tornare a dare la rotta. «Nel mondo evoluto di oggi», denuncia Francesco, «è divenuto paradossalmente prioritario difendere la vita umana, messa a rischio da derive utilitariste, che la usano e la scartano. Penso a tanti bambini non nati e anziani abbandonati a se stessi, alla fatica di accogliere, proteggere, promuovere e integrare chi viene da lontano e bussa alle porte, alla solitudine di molte famiglie in difficoltà nel mettere al mondo e crescere dei figli. Verrebbe anche qui da dire: verso dove navigate, Europa e Occidente, con lo scarto dei vecchi, i muri col filo spinato, le stragi in mare e le culle vuote? Dove andate se, di fronte al male di vivere, offrite rimedi sbrigativi e sbagliati, come il facile accesso alla morte, soluzione di comodo che appare dolce, ma in realtà è più amara delle acque del mare». Non tutto è perduto e i giovani accorsi numerosissimi a Lisbona, oltre le previsioni, dicono che ci si può rialzare. Anche se occorre coraggio per percorrere, nel mare tempestoso di oggi, rotte di pace, per pensare e mettere in pratica «vie creative per porre fine alla guerra in Ucraina e ai tanti conflitti che insanguinano il mondo». I giovani che sono qui, un oceano anche loro, danno speranza. E non solo perché - come ricorda il Papa con un antico proverbio - «accanto ai giovani uno non invecchia», ma anche perché loro, provenienti dai tutti e cinque i Continenti, coltivano «i desideri dell’unità, della pace e della fraternità» e «ci provocano a realizzare i loro sogni di bene. Non sono nelle strade a gridare rabbia, ma a condividere la speranza del Vangelo. E se da molte parti oggi si respira un clima di protesta e insoddisfazione, terreno fertile per populismi e complottismi, la Giornata Mondiale della Gioventù è occasione per costruire insieme».