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giovedì 12 settembre 2024
 
I RAGAZZI E LA CHIESA
 

Papa Francesco ai ragazzi genovesi: "La cresima non è il sacramento dell'addio"

21/05/2022  Il pontefice parla a braccio con un gruppo di cresimandi festanti, si sofferma sul rischio, visibile nelle statistiche, che i ragazzi lascino la Chiesa subito dopo il sacramento e lì invita a rimanere, con il linguaggio che conosciamo, facendoli anche ridere

«Buongiorno». Quando papa Francesco sulla macchinina elettrica si avvicina ai ragazzi degli oratori genovesi che lo aspettano nel piazzale di Santa Marta, il gruppo in maglietta rossa esplode in un urlo di entusiasmo: Papa Francesco è accolto come una rockstar. E ascoltandolo non si fatica a capire il perché: il suo linguaggio arriva dritto al bersaglio, parla ai ragazzi senza traccia di linguaggio paludato, di gergo “ecclesialese”, in confidenza con parole che arrivano al cuore: «Grazie tante di questa visita. Mi scuso per il ritardo: vi ho fatto aspettare 35 minuti. Scusatemi, non riuscivo a finire le cose che si dovevano fare prima. L’arcivescovo Marco Tasca ha detto che voi siete cresimandi e cresimati. Coloro che hanno fatto la Cresima alzino la mano». Li guarda, come per contarli: «Dicono che la Cresima è il sacramento dell’addio: il ragazzo fa la Cresima e se ne va dalla Chiesa. È vero quello o no? I ragazzi urlano di no. Dopo la Cresima dice papa Francesco: «Si va avanti non solo nella Chiesa, ma nella vita di ognuno di noi, perché la Cresima ci prepara per diventare buone persone, buoni cittadini, buoni cristiani. Andate avanti con questo. La parola che mi viene è “conservare”: la Cresima è un dono che dobbiamo conservare, curare. Capito? Questo dono non dobbiamo metterlo nel cassetto ma conservarlo nel cuore. Lo si conserva soprattutto con la preghiera, chiedendo al Signore che ci dia la forza di andare avanti, grazie allo spirito santo che abbiamo ricevuto. Il Signore ci ha detto: chiedi io ti darò, ma noi ci dimentichiamo di chiedere, di pregare. E noi sappiamo che chi “chi nu cianze no tetta”». La citazione è di un antico proverbio genovese che allude al neonato che se non piange non succhia il latte, l’espressione fa esplodere i ragazzi in una risata. Pregare è insistere perché il Signore ci ascolti e ci dia la forza di andare avanti. La seconda cosa importante è l’amicizia tra voi: perché nella Chiesa non siamo "io solo", io e Dio, siamo tutti noi in comunità e questa bella amicizia che state facendo è una cosa che deve andare avanti. Coraggio e avanti: preghiera e vita comunitaria. Significa essere generosi: comunità è darsi all’altro. Dicono che la generosità non è una virtù genovese, non so, ma lo dicono della generosità dei soldi», e fa il gesto di sfregare pollice e indice. I ragazzi ridono: «Anch’io dalla parte materna ho sangue genovese, capisco bene. Occorre essere generosi sempre, aiutare gli altri e vivere in comunità. Capito? E adesso vorrei dare la benedizione a tutti voi e preghiamo prima la Madonna tutti insieme».

 
 
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