La preghiera per le persone morte negli attentati di Dacca e di Baghdad Papa Francesco la aggiunge a braccio alla fine dell'Angelus: «Esprimo la mia vicinanza alle famiglie delle vittime e dei feriti nell'attentato di Dacca e anche di quello avvenuto a Baghdad. preghiamo in insieme per loro e per i defunti e per chiedere al Signore di convertire il cuore dei violenti accecati dall'odio».
Ma già prima, commentando il passo della pagina evangelica, tratta dal capitolo decimo del Vangelo di Luca, aveva parlato dei messaggeri di pace e degli ostacoli (interiori e ed esteriori) che possono incontrare.
«Il passo odierno», ha detto Francesco, fa «capire quanto è necessario invocare Dio, "il signore della messe, perché mandi operai per
la sua messe". Questa è la Buona Notizia che gli “operai” devono portare a tutti: un messaggio di speranza
e di consolazione, di pace e di carità. Gesù, quando manda i discepoli davanti a sé nei villaggi,
raccomanda loro: "Prima dite: “Pace a questa casa!”. Guarite i malati che vi si trovano". Tutto questo significa che il Regno di Dio si costruisce giorno per giorno e offre già su questa
terra i suoi frutti di conversione, di purificazione, di amore e di consolazione tra gli uomini».
«Con quale spirito», ha sottolineato il Papa, «il discepolo di Gesù dovrà svolgere questa missione? Anzitutto dovrà
essere consapevole della realtà difficile e talvolta ostile che lo attende. Infatti Gesù non ha risparmiato parole su questo dice: "Vi mando
come agnelli in mezzo a lupi", perché sa che la missione è ostacolata dall’opera del maligno».
«Per questo», ha ricordato Francesco, «l’operaio del Vangelo si sforzerà di essere libero da condizionamenti umani di ogni
genere, non portando borsa, né sacca, né sandali, come ha raccomandato Gesù, per fare affidamento soltanto sulla potenza della Croce di Cristo. Questo significa abbandonare ogni motivo
di vanto personale, ogni carrierismo, e farsi umilmente strumenti della salvezza operata dal sacrificio di Gesù, morto e
risorto per noi».
«Quella del cristiano nel mondo è una missione stupenda e destinata a tutti, nessuno escluso;
essa richiede tanta generosità e soprattutto lo sguardo e il cuore rivolti in alto, per invocare l’aiuto
del Signore. C’è tanto bisogno di cristiani che testimoniano con gioia il Vangelo nella vita di ogni
giorno. I discepoli, inviati da Gesù, "tornarono pieni di gioia". Tutti noi, pastori e fedeli,
siamo chiamati a imparare sempre meglio l’arte di essere gioiosi, non per motivi umani, ma per la
certezza che «i nostri nomi sono scritti nei cieli», che cioè siamo predestinati ad essere
pervasi dall’amore di Gesù, già su questa terra, e soprattutto nell’altra vita».
E ha chiamato in causa esortandoli i ragazzi presenti sulla piazza: «Quanti di voi sentono la chiamata del Signore? Non abbiate paura, siate coraggiosi: è una cosa bella costruire, badate bene costruire, non distruggere», senza dimenticare che per essere missionari, per portare pace e gioia, non è necessario andare lontano.