Da settimane papa Francesco
era atteso a New York come
una rock star. Tutti, dalla
free press ai network televisivi,
ne hanno parlato, i
biglietti per vederlo passare
sulla Quinta Strada, distribuiti tramite
lotteria dall’arcidiocesi, erano
stati rivenduti dai bagarini addirittura
per 750 dollari, cosa che ha fatto
infuriare l’arcivescovo, il cardinale
Timothy Dolan.
Alcune parrocchie, come la Saint Anthony of Padua, nel Village, si sono invece organizzate con maxischermi per far seguire a tutti la visita minuto per minuto. Anche perché, in pieno stile Francesco, ai quartieri più alla moda il Pontece ha preferito East Harlem, l’area più povera di Manhattan conosciuta anche come “El Barrio” o “Spanish Harlem”, perché abitato per lo più da ispanici.
«Per settimane i parrocchiani mi
hanno chiesto in quale angolo della
strada si sarebbero dovuti mettere
per vederlo meglio. L’eccitazione era
alle stelle. Per loro è stato l’incoraggiamento
arrivato al momento giusto,
proprio quando le difficoltà economiche
e sociali stanno piegando intere
famiglie in questo quartiere», dice
padre Peter Mushi, dal 2009 a capo
della parrocchia di Santa Cecilia, sulla 106esima strada, a due passi da Central
Park, lussureggiante giardino urbano,
ma in una zona ancora popolata da
spacciatori di droga. È qui che mercanteggiano
agli angoli di strade su cui
sorgono immensi Projects, casermoni
popolari, che si alternano a case fatiscenti,
mentre sui marciapiedi ragazze
madri adolescenti spingono passeggini
sperando che almeno i loro gli
potranno andare al college, un giorno.
Una buona scuola è infatti ancora
l’unica speranza per risalire la
scala sociale in America e spesso le
famiglie senza mezzi si rivolgono alle
scuole cattoliche per dare una buona
educazione ai loro figli.
Non a caso papa Francesco, primo Pontece a recarsi in questa zona di New York troppo spesso dimenticata, ha scelto una scuola elementare cattolica per la sua visita al Barrio, l’Our Lady Queen of Angels School, dove bambini ben pettinati e ordinati nelle loro uniformi hanno cantato inni sacri in inglese e spagnolo e hanno mostrato al Santo Padre il loro impegno nella comunità.
«Per questa gente è un grande
onore avere avuto qui il Papa, un sudamericano
per di più», continua padre
Mushi, secondo cui il Pontece parla
la stessa lingua dei suoi parrocchiani e
non perché si esprime in spagnolo, ma
perché ha avuto il coraggio di attaccare
un mostro sacro negli Stati Uniti
come il capitalismo. Un gradimento
diffuso. «Stando ai sondaggi, l’80 per
cento degli americani era contento che
il Papa venisse negli Usa, nonostante le
sue posizioni su economia e ambiente
espresse nella Laudato si’», ha detto al
quotidiano argentino La Nacion il cardinale
Sean O’ Malley, arcivescovo di
Boston. «La rincorsa al profitto e al consumismo
sembra senza fine», riprende padre Mushi: «“compra, compra fino a
morire” è il messaggio martellante. La
cupidigia ci sta ammazzando».
Ma il suo vero cruccio è la famiglia.
«È soprattutto la sua visita all’Incontro
mondiale delle famiglie di Philadelphia
a dare un nuovo impulso. L’istituto
della famiglia è in grande crisi,
ci sono troppe tensioni al suo interno.
Soprattutto in un quartiere come questo,
con genitori immigrati di prima
generazione e gli nati in America che
vogliono sentirsi americani».