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lunedì 09 settembre 2024
 
Il Papa a New York
 

«Papa Francesco dà speranza al cuore povero della Grande Mela»

25/09/2015  Padre Peter Mushi guida la comunità di Santa Cecilia, a East Harlem, l’area più degradata di Manhattan

Da settimane papa Francesco era atteso a New York come una rock star. Tutti, dalla free press ai network televisivi, ne hanno parlato, i biglietti per vederlo passare sulla Quinta Strada, distribuiti tramite lotteria dall’arcidiocesi, erano stati rivenduti dai bagarini addirittura per 750 dollari, cosa che ha fatto infuriare l’arcivescovo, il cardinale Timothy Dolan.

Alcune parrocchie, come la Saint Anthony of Padua, nel Village, si sono invece organizzate con maxischermi per far seguire a tutti la visita minuto per minuto. Anche perché, in pieno stile Francesco, ai quartieri più alla moda il Ponte ce ha preferito East Harlem, l’area più povera di Manhattan conosciuta anche come “El Barrio” o “Spanish Harlem”, perché abitato per lo più da ispanici.

«Per settimane i parrocchiani mi hanno chiesto in quale angolo della strada si sarebbero dovuti mettere per vederlo meglio. L’eccitazione era alle stelle. Per loro è stato l’incoraggiamento arrivato al momento giusto, proprio quando le dif ficoltà economiche e sociali stanno piegando intere famiglie in questo quartiere», dice padre Peter Mushi, dal 2009 a capo della parrocchia di Santa Cecilia, sulla 106esima strada, a due passi da Central Park, lussureggiante giardino urbano, ma in una zona ancora popolata da spacciatori di droga. È qui che mercanteggiano agli angoli di strade su cui sorgono immensi Projects, casermoni popolari, che si alternano a case fatiscenti, mentre sui marciapiedi ragazze madri adolescenti spingono passeggini sperando che almeno i loro gli potranno andare al college, un giorno. Una buona scuola è infatti ancora l’unica speranza per risalire la scala sociale in America e spesso le famiglie senza mezzi si rivolgono alle scuole cattoliche per dare una buona educazione ai loro figli. 

Non a caso papa Francesco, primo Ponte ce a recarsi in questa zona di New York troppo spesso dimenticata, ha scelto una scuola elementare cattolica per la sua visita al Barrio, l’Our Lady Queen of Angels School, dove bambini ben pettinati e ordinati nelle loro uniformi hanno cantato inni sacri in inglese e spagnolo e hanno mostrato al Santo Padre il loro impegno nella comunità.

«Per questa gente è un grande onore avere avuto qui il Papa, un sudamericano per di più», continua padre Mushi, secondo cui il Ponte ce parla la stessa lingua dei suoi parrocchiani e non perché si esprime in spagnolo, ma perché ha avuto il coraggio di attaccare un mostro sacro negli Stati Uniti come il capitalismo. Un gradimento diffuso. «Stando ai sondaggi, l’80 per cento degli americani era contento che il Papa venisse negli Usa, nonostante le sue posizioni su economia e ambiente espresse nella Laudato si’», ha detto al quotidiano argentino La Nacion il cardinale Sean O’ Malley, arcivescovo di Boston. «La rincorsa al pro fitto e al consumismo sembra senza fine», riprende padre Mushi: «“compra, compra fi no a morire” è il messaggio martellante. La cupidigia ci sta ammazzando». Ma il suo vero cruccio è la famiglia. «È soprattutto la sua visita all’Incontro mondiale delle famiglie di Philadelphia a dare un nuovo impulso. L’istituto della famiglia è in grande crisi, ci sono troppe tensioni al suo interno. Soprattutto in un quartiere come questo, con genitori immigrati di prima generazione e gli nati in America che vogliono sentirsi americani».

 
 
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