Premette subito nel sottotitolo
del suo libro: Cronache
di cose mai viste. Raniero
La Valle, parlamentare
della Sinistra indipendente
per 16 anni e prima
direttore dell’Avvenire
d’Italia di Bologna, uno
dei due quotidiani cattolici insieme
all’Italia di Milano da cui nacque per
volere di Paolo VI il quotidiano Avvenire, ha raccontato il concilio Vaticano
II a chi non sapeva il latino. E ora
si cimenta nell’ultimo suo libro, Chi
sono io, Francesco?, edito da Ponte alle
Grazie, con la Chiesa di papa Francesco dopo due anni di pontificato.
- Perché cronache di cose mai viste?
«Perché la sera del 13 marzo quando
il nuovo Papa si è affacciato sulla
piazza e ha detto buonasera, e prima
ancora di dare la benedizione si è inchinato
chiedendo la benedizione del
popolo, s’è capito che una lunga attesa
era giunta forse alla ne e qualcosa di
veramente nuovo stava per accadere».
- Chi è Francesco?
«È la domanda che lui stesso si è
fatta e che ho posto come titolo del
mio libro. Ed è il cuore della tesi del volume
e insieme la novità del ponti cato.
Il Papa mette in questione non solo
sé stesso, ma il Ministero petrino che
esercita. Si mette all’interno del grande
corteo del popolo cristiano e non al
di sopra, spiega che lui è uno di noi».
- Eppure lui è il Papa.
«Sì, ma il Papa nella sua idea è solo
uno a cui Dio ha guardato con grande
misericordia. Bergoglio ha sempre
avuto questa idea e lo dimostra nella
scelta del motto episcopale, cioè “Miserando
atque eligendo” (Guardò con
misericordia e scelse). Bergoglio lo
ha spiegato nell’intervista alla Civiltà
Cattolica, quando ha detto di essere un
peccatore a cui il Signore (miserando)
ha rivolto i suoi occhi».
- E dal punto di vista del governo?
«È il Papa che ha ripreso in mano
il concilio Vaticano II e lo sta portando
avanti dopo cinquant’anni di recezione
piuttosto contrastata, ripartendo
dal punto in cui il Concilio era
arrivato e cioè la riproposizione dell’annuncio nei modi adatti ai
nostri tempi con le modalità, lo stile
e le parole che i tempi richiedono.
L’altra impronta del suo ponti cato
è il rinnovamento dell’annunciatore,
perché riprendere il ragionamento del
Concilio e sulla riforma della Chiesa
comporta la riforma del Papato, che
non possono fare le istituzioni della
Chiesa, ma il Papa stesso. Ecco perché
lui per primo si pone la domanda di
chi sono io, chi è il Papa».
- Tutto parte da quella richiesta di
benedizione alla folla?
«Sì, quello è stato il segnale di un
cambiamento straordinario. Lui sta
con il popolo e non sopra al popolo.
Torna alla mente la de nizione che
fu data di Giovanni XXIII, un cristiano
sul trono di Pietro. Bergoglio parla
un linguaggio per nulla curiale. La sua
formazione è la teologia del popolo, la
sua identità è quella del prete di strada,
che ha un orecchio al popolo e un
altro al Vangelo e sa qual è il linguaggio
giusto per farsi comprendere».
- A chi è più vicino papa Francesco?
«A Roncalli che ha iniziato il Concilio
e a Paolo VI che lo ha portato
avanti e lo ha concluso».
- Ce la farà, papa Francesco, a dare
consistenza a quel balzo?
«Bergoglio ha riaperto in questi
due anni la questione di Dio. Ha spiegato
in pratica che il problema non è
quello di restaurare i fasti della religione
e della Chiesa, ma il problema
è il Dio sbagliato che si ha in mente. E
non solo per via dei fondamentalismi. Ce la farà se tutti capiranno nalmente
che esiste un’immagine di Dio diversa
da quella che gli uomini hanno
s gurato. La missione di Francesco è
questa. Se lui e la Chiesa ci riusciranno
sarà un bene, altrimenti l’alternativa è
drammatica e sarà una tragedia, perché
il mondo vive in una situazione di
estremo pericolo. Ha perso la cultura,
ha perso certezze, l’uomo sta tentando
di regolare tutto attraverso il denaro e
il potere, di ripristinare la guerra come
unico moto regolatore di ogni controversia,
di smorzare la fede negandola.
Il Papa sa che il passo verso il baratro
è breve, per questo alza la voce contro
l’economia che uccide. E sa che l’unica
riserva è Dio, solamente Dio, ma non
un Dio frainteso ed equivocato, perché
se ci si sbaglia su Dio tutto è perduto».
- Qual è il Dio sbagliato?
«Quello con il volto tumefatto,
violento, vendicativo e sacri cale.
Quello che il Papa allontana quando
chiede chi sono io per giudicare».
- E la prospettiva di Bergoglio?
«Non offre parole d’ordine ma
chiede di continuare a percorrere
la via del Vangelo, che lui presenta
come l’unica prospettiva di successo.
La scon tta non è la via del cristiano,
e nemmeno la croce è mai stata una
scon tta. Bergoglio ha la certezza della
vittoria. Dunque si può dire che il suo
Ponti cato, più che profetico nel senso
dell’invettiva a cui associamo di solito
i grandi profeti, sia un Ponti cato
messianico, nel senso proprio di Gesù:
“Vi hanno detto, ma io vi dico…”».