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lunedì 05 giugno 2023
 
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Papa Francesco: "I migranti sono il simbolo di tutti gli scartati"

08/07/2019  Nella messa a loro dedicata nel senso anniversario della visita a Lampedusa il Pontefice ribadisce l'impegno dei cristiani a salvare e aiutare coloro che "sfidano le onde di un mare impetuoso" in cerca di umanità e salvezza e invita a non dimenticare mai che "sono persone"

“Sono persone. Non si tratta solo di questioni sociali”. Durante la Messa dediata ai migranti in San Pietro, papa Francesco parla del dramma di questi anni che si consuma nel Mediterraneo, nel sesto anniversario della storica visita a Lampedusa, la prima in assoluto fuori dalle mura leonine, quella che ha posto un segno distintivo al suo pontificato.  

Il coro, vestito di nero in segno di lutto per tutti gli uomini le donen e i bambini morti in mare, canta il “kyrie eleison” mentre Francesco chiede di guardare “con amore i profughi e gli oppressi” e ricorda Giovanni Paolo II che disse: “I poveri, nelle molteplici dimensioni della povertà, sono gli oppressi, gli emarginati, gli anziani, gli ammalati, i piccoli, quanti vengono considerati e trattati come ‘ultimi’ nella società”.

Nella basilica tanti migranti, tante mamme con i loro bambini, accompagnati dai cooperanti di diverse sigle che si occupano dell’accoglienza.  Francesco incardina la sua omelia intorno alle Beatitudini. La dedica agli “ultimi che sfidano le onde di un mare impetuoso”. Persone “scartate, emarginate, oppresse, discriminate, abusate, sfruttate, abbandonate, povere e sofferenti. Nello spirito delle Beatitudini siamo chiamati a consolare le loro afflizioni e offrire loro misericordia; a saziare la loro fame e sete di giustizia; a far sentire loro la paternità premurosa di Dio; a indicare loro il cammino per il Regno dei Cieli”.

Poi accenna alle periferie delle città, dense di persone oppresse, maltrattate, scartate. Invita tutti i cristiani ad occuparsi di loro, a divenire "angeli che salgono e scendono" e prendono tra le loro braccia questa umanitò dolente, a cominciare dai più piccoli, salvandoli dai flutti e dalla morte.
 

“Il mio pensiero – dice – va agli ‘ultimi’ che ogni giorno gridano al Signore, chiedendo di essere liberati dai mali che li affliggono. Sono gli ultimi ingannati e abbandonati a morire nel deserto; sono gli ultimi torturati, abusati e violentati nei campi di detenzione; sono gli ultimi che sfidano le onde di un mare impietoso; sono gli ultimi lasciati in campi di un’accoglienza troppo lunga per essere chiamata temporanea”.

 

E infine spiega che “‘non si tratta solo di migranti!’, nel duplice senso che i migranti sono prima di tutto persone umane, e che oggi sono il simbolo di tutti gli scartati della società globalizzata. Viene spontaneo riprendere l’immagine della scala di Giacobbe (simbolo della preghiera e del rapporto uomo-Dio ndr). In Gesù Cristo il collegamento tra la terra e il Cielo è assicurato e accessibile a tutti. Ma salire i gradini di questa scala richiede impegno, fatica e grazia. I più deboli e vulnerabili devono essere aiutati. Mi piace allora pensare che potremmo essere noi quegli angeli che salgono e scendono, prendendo sottobraccio i piccoli, gli zoppi, gli ammalati, gli esclusi: gli ultimi, che altrimenti resterebbero indietro e vedrebbero solo le miserie della terra, senza scorgere già da ora qualche bagliore di Cielo”.

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In diretta la Messa del Papa per i migranti
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