«Ci sono i santi di tutti i giorni, i santi “nascosti”, una sorta di “classe media della santità” di cui tutti possiamo fare parte». Papa Francesco, nella messa celebrata nella basilica di San Paolo Fuori le mura, invita tutti alla santità. Quella che tanti praticano nella vita quotidiana, ma anche quella testimoniata, anche a prezzo del sangue, da molti cristiani coraggiosi in molte parti del mondo. Il Papa scandisce il passo con tre parole: «Siamo sulla tomba di san Paolo, un umile e grande apostolo del Signore, che lo ha annunciato con la parola, lo ha testimoniato col martirio e lo ha adorato con tutto il cuore. Sono proprio questi i tre verbi sui quali vorrei riflettere alla luce della Parola di Dio che abbiamo ascoltato: annunciare, testimoniare, adorare».
«Al comando di tacere, di non insegnare più nel nome di Gesù, di non annunciare più il suo Messaggio», spiega il Papa, gli apostoli «rispondono con chiarezza: “Bisogna obbedire a Dio, invece che agli uomini”. E non li ferma nemmeno l’essere flagellati, il subire oltraggi, il venire incarcerati. Pietro e gli Apostoli annunciano con coraggio, con parresia, quello che hanno ricevuto, il Vangelo di Gesù.
E noi? Siamo capaci di portare la Parola di Dio nei nostri ambienti di vita? Sappiamo parlare di Cristo, di ciò che rappresenta per noi, in famiglia, con le persone che fanno parte della nostra vita quotidiana? La fede nasce dall’ascolto, e si rafforza nell’annuncio». Ma dopo l’annuncio viene la testimonianza: «Non si può annunciare il Vangelo di Gesù», dice papa Francesco, «senza la testimonianza concreta della vita. Chi ci ascolta e ci vede deve poter leggere nelle nostre azioni ciò che ascolta dalla nostra bocca e rendere gloria a Dio! L’incoerenza dei fedeli e dei Pastori tra quello che dicono e quello che fanno, tra la parola e il modo di vivere mina la credibilità della Chiesa».
E a braccio aggiunge: «Mi viene in mente ora ciò che diceva San Francesco ai suoi: "Predicate il Vangelo e, se fosse necessario, anche con la parola. Ecco, l'importanza della testimonianza». E ancora, il Papa pone a tutti una domanda: «Tu, io, adoriamo il Signore? Andiamo da Dio solo per chiedere, per ringraziare, o andiamo da Lui anche per adorarlo? Che cosa vuol dire allora adorare Dio? Significa imparare a stare con Lui, a fermarci a dialogare con Lui, sentendo che la sua presenza è la più vera, la più buona, la più importante di tutte. Ognuno di noi, nella propria vita, in modo consapevole e forse a volte senza rendersene conto, ha un ben preciso ordine delle cose ritenute più o meno importanti. Adorare il Signore vuol dire dare a Lui il posto che deve avere».
E per questo occorre spogliarsi dai propri idoli: il successo, il carrierismo e molti altri. Il Papa invita ciascuno a cercare cosa nella propria vita è un ostacolo a porre Cristo al centro dell’esistenza. In basilica tantissimi giovani che già dal primissimo pomeriggio attendevano papa Francesco. Una visita, cominciata con l’omaggio alla tomba di san Paolo, piena di significato, come ha sottolineato nel saluto iniziale il cardinale James Michael Harvey, arciprete della Basilica. Il cardinale ha ricordato come «Pietro e Paolo hanno fecondato con il loro sangue la Chiesa e sono diventati amici di Dio».Al termine della messa, concelebrata con il cardinale Harvey, i cardinali Andrea Cordero Lanza di Montezemolo e Francesco Monterisi, arcipreti emeriti, e Dom Edmund Power, benedettino, padre abate dell’Abbazia di San Paolo, il Papa si è recato nella Cappella del Crocifisso per venerare l’icona del XIII secolo che raffigura la Madonna Theotokos Hodigitria. Davanti a questa icona, il 22 aprile 1541, Sant’Ignazio di Loyola e i suoi primi compagni fecero la loro professione religiosa solenne, evento fondamentale per la nascente Compagnia di Gesù.