Una tempesta della natura e una tempesta dell’anima. Papa Francesco celebra messa nella spianata di Huanchaco, città storica del Perù, considerata un paradiso per gli amanti del surf. Pochi chilometri la separano da Trujillo, la città “dell’eterna primavera” duramente colpita, lo scorso anno, dalle inondazioni provocate dal fenomeno El Nino. Alle centinaia di migliaia di fedeli arrivati fin qui per vedere il Papa Francesco ricorda che «queste terre hanno sapore di Vangelo. Tutto l’ambiente che ci circonda e questo immenso mare sullo sfondo ci aiutano a comprendere meglio l’esperienza che gli apostoli hanno vissuto con Gesù e che oggi anche noi siamo chiamati a vivere». In questa che è chiamata «laguna con pesci dorati», e che «è stata fonte di vita e benedizione per molte generazioni», le popolazioni «come gli apostoli» conoscono «la forza della natura e avete sperimentato i suoi colpi. Come essi affrontarono la tempesta sul lago, a voi è toccato affrontare il duro colpo del “Niño costiero”, le cui conseguenze dolorose sono tuttora presenti in tante famiglie, specialmente quelle che non hanno ancora potuto ricostruire le loro case. Anche per questo ho voluto venire e pregare qui con voi».
Il Papa ricorda che «Gesù sulla croce vuole essere vicino ad ogni situazione dolorosa per darci la mano e aiutarci ad alzarci. Perché Egli è entrato nella nostra storia, ha voluto condividere il nostro cammino e toccare le nostre ferite. Non abbiamo un Dio estraneo a quello che sentiamo e soffriamo, al contrario, in mezzo al dolore ci offre la sua mano».
E, se «questi scossoni mettono in discussione e in gioco il valore del nostro spirito e dei nostri atteggiamenti più elementari» è in quel momento che «ci rendiamo conto di quanto sia importante non essere soli ma uniti, pieni di quella unità che è frutto dello Spirito Santo».
Francesco ricorda la parabola delle dieci fanciulle che attendono lo sposo e che, svegliate all’improvviso, in parte si «resero conto di non avere l’olio necessario per illuminare la strada nell’oscurità, altre invece riempirono le loro lampade e poterono trovare e illuminare la strada che le portava allo sposo. Nel momento indicato ognuna mostrò di che cosa aveva riempito la sua vita. Lo stesso succede a noi. In determinate circostanze comprendiamo con che cosa abbiamo riempito la nostra vita. Com’è importante riempire la nostra vita con quell’olio che permette di accendere le nostre lampade nelle molteplici situazioni di oscurità e trovare le strade per andare avanti! So che, nel momento di oscurità, quando avete sentito il colpo del Niño, queste terre hanno saputo mettersi in movimento e queste terre avevano l’olio per correre e aiutarsi come veri fratelli. C’era l’olio della solidarietà, della generosità che vi ha messi in movimento e siete andati incontro al Signore con innumerevoli gesti concreti di aiuto. In mezzo all’oscurità, insieme a tanti altri, siete stati torce vive e avete illuminato la strada con mani aperte e disponibili per alleviare il dolore e condividere quello che avevate nella vostra povertà».
Il Papa, commentando ancora la parabola, aggiunge che «le fanciulle che non avevano l’olio andarono al villaggio a comprarlo. Nel momento cruciale della loro vita, si accorsero che le loro lampade erano vuote, che mancava loro l’essenziale per trovare la strada della gioia autentica. Erano sole e così restarono, sole, fuori dalla festa. Ci sono cose, come ben sapete, che non si improvvisano e tanto meno si comprano. L’anima di una comunità si misura da come riesce ad unirsi per affrontare i momenti difficili, di avversità, per mantenere viva la speranza. Con questo atteggiamento, date la più grande testimonianza evangelica».
Solidarietà, compassione, amore concreto. «Dio asciuga le lacrime dei suoi figli», ricorda il Papa. «E quest’opera divina Dio lo compie con la stessa tenerezza di una madre che cerca di asciugare le lacrime dei suoi figli. Com’è bella la domanda che può fare a ognuno di noi il Signore alla fine della giornata: quante lacrime hai asciugato oggi? ».
Ma ci sono «altre tempeste possono sferzare queste coste e, nella vita dei figli di queste terre, hanno effetti devastanti. Tempeste che ci interpellano anche come comunità e mettono in gioco il valore del nostro spirito. Si chiamano violenza organizzata, come il “sicariato” e l’insicurezza che esso crea; si chiamano mancanza di opportunità educative e di lavoro, specialmente tra i più giovani, che impedisce loro di costruire un futuro con dignità; mancanza di un alloggio sicuro per tante famiglie costrette a vivere in zone ad alta instabilità e senza accessi sicuri; come pure tante altre situazioni che voi conoscete e soffrite, che come le peggiori inondazioni abbattono la mutua fiducia, tanto necessaria per costruire una rete di sostegno e di speranza. Inondazioni che investono l’anima e reclamano da noi l’olio che abbiamo per farvi fronte».
Ci interroghiamo su come affrontare queste tempeste, ma la risposta, la «via d’uscita migliore è quella del Vangelo, e si chiama Gesù Cristo. Riempite sempre la vostra vita di Vangelo. Voglio esortarvi ad essere comunità che si lasci ungere dal suo Signore con l’olio dello Spirito. Lui trasforma tutto, rinnova tutto, consola tutto. In Gesù abbiamo la forza dello Spirito per non accettare come normale ciò che ci fa male, non renderlo una cosa naturale, non “naturalizzare” ciò che ci inaridisce lo spirito e, quel che è peggio, ci ruba la speranza. I peruviani, in questo momento della loro storia, non hanno diritto a lasciarsi rubare la speranza!».
«Con Gesù», continua Francesco, «l’anima di questo popolo di Trujillo potrà continuare a chiamarsi “la città dell’eterna primavera”, perché con Lui tutto diventa occasione di speranza».
E, infine, conoscendo l’amore del popolo per Maria il Papa ricorda che la Madonna dette come «unico consiglio che sempre ripete: “Fate quello che Lui vi dirà”» e invita a cantare insieme «Madonnina della porta, dammi la tua benedizione. Madonnina della porta, dacci pace e tanto amore».