«Bangui diviene la capitale spirituale del mondo. Con la preghiera per la pace iniziamo qui l'Anno Santo della Misericordia, che viene in anticipo in questa terra, dove c'è odio, incomprensione, mancanza di pace. In questa terra sofferente sono rappresentate tutte le sofferenze del mondo. Per Bangui, per tutti i paesi che soffrono la guerra, chiediamo la pace: tutti insieme chiediamo amore e pace». Papa Francesco spalanca la porta santa della cattedrale di Bangui e la Repubblica Centrafricana diventa il luogo simbolo del Giubileo della misericordia.
Papa Francesco chiede a tutti di ripetere nella lingua locale le parole amore e pace, per tre volte, prima di varcare la porta e cominciare la messa.
Il Papa ricorda i malati, i disperati, quelli che «non hanno più nemmeno la
forza di agire, e aspettano solo un’elemosina, l’elemosina del pane,
l’elemosina della giustizia, l’elemosina di un gesto di attenzione e di bontà». E
aggiunge a braccio: «Tutti noi aspettiamo la grazia, l’elemosina della pace».
Parla di perdono, papa Francesco. In una terra insanguinata dalla guerra, chiede di fare affidamento sulla forza che viene da Dio «liberandoci dalle concezioni della famiglia e del sangue che dividono, per
costruire una Chiesa-Famiglia di Dio, aperta a tutti, che si prende cura di
coloro che hanno più bisogno» e di perdonare: «Dopo aver fatto noi stessi
l’esperienza del perdono, dobbiamo perdonare. Ecco la nostra vocazione
fondamentale: "Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro
celeste». Una delle esigenze essenziali di questa vocazione
alla perfezione è l’amore per i nemici, che premunisce contro la tentazione
della vendetta e contro la spirale delle rappresaglie senza fine».
«Gli operatori di evangelizzazione devono dunque essere
prima di tutto artigiani del perdono», insiste Bergoglio, «specialisti della riconciliazione,
esperti della misericordia. E’ così che possiamo aiutare i nostri fratelli e
sorelle a “passare all’altra riva”, rivelando loro il segreto della nostra
forza, della nostra speranza, della nostra gioia che hanno la loro sorgente in
Dio, perché sono fondate sulla certezza che Egli sta nella barca con noi. Come
ha fatto con gli apostoli al momento della moltiplicazione dei pani, è a noi
che il Signore affida i suoi doni affinché andiamo a distribuirli dappertutto,
proclamando la sua parola che assicura: "Ecco verranno giorni nei quali io
realizzerò le promesse di bene che ho fatto alla casa d’Israele e alla casa di
Giuda"».
Francesco ricorda che «Qui come altrove, tanti
uomini e donne hanno sete di
rispetto, di giustizia, di equità, senza vedere all’orizzonte dei segni
positivi. A costoro, Egli viene a fare dono della sua giustizia.
Viene a fecondare le nostre storie personali e collettive, le nostre speranze
deluse e i nostri sterili auspici. E ci manda ad annunciare, soprattutto a coloro
che sono oppressi dai potenti di questo mondo, come pure a quanti sono piegati
sotto il peso dei loro peccati: "Giuda sarà salvato e Gerusalemme vivrà
tranquilla, e sarà chiamata: Signore-nostra -giustizia"».
Scandisce bene le parole, Bergoglio, per sottolineare «Sì,
Dio è Giustizia! Ecco perché noi, cristiani, siamo chiamati ad essere nel mondo
gli artigiani di una pace fondata sulla giustizia».
Giustizia e amore sono le due parole che risuonano nell'omelia. E lì, dove «regnano la violenza, l’odio, l’ingiustizia e la persecuzione, i cristiani sono
chiamati a dare testimonianza di questo Dio che è anche, innanzitutto, Amore. Incoraggiando i
sacerdoti, le persone consacrate e i laici che, in questo Paese, vivono
talvolta fino all’eroismo le virtù cristiane, io riconosco che la distanza che
ci separa dall’ideale così esigente della testimonianza cristiana è a volte
grande. Ecco perché faccio mie sotto forma di preghiera quelle parole di san
Paolo: "Fratelli, il Signore vi faccia crescere e sovrabbondare nell’amore fra
voi e verso tutti"»
«Dio è più forte di tutto», insiste Bergoglio. «Questa
convinzione dà al credente serenità, coraggio e la forza di perseverare nel
bene di fronte alle peggiori avversità. Anche quando le forze del male si
scatenano, i cristiani devono rispondere all’appello, a testa alta, pronti a resistere
in questa battaglia in cui Dio avrà l’ultima parola. E questa parola sarà
d’amore!».
E infine l'appello «a tutti
quelli che usano ingiustamente le armi di questo mondo». Il Papa chiede loro: «Deponete questi strumenti di morte; armatevi piuttosto della giustizia, dell’amore
e della misericordia, autentiche garanzie di pace. Discepoli di Cristo,
sacerdoti, religiosi, religiose o laici impegnati in questo Paese dal nome così
suggestivo, situato nel cuore dell’Africa e che è chiamato a scoprire il
Signore come vero Centro di tutto ciò che è buono, la vostra vocazione è di
incarnare il cuore di Dio in mezzo ai vostri concittadini. Voglia il Signore
renderci tutti "saldi... e irreprensibili nella santità, davanti a Dio e Padre
nostro, alla venuta del Signore nostro Gesù"».
E conclude con le parole «Riconciliazione, perdono, amore e pace».