(Foto Reuters)
«Se uno dice: “Io amo Dio” e odia suo fratello, è un bugiardo». Papa Francesco ha usato il linguaggio abrasivo del Vangelo, nell’omelia della messa mattutina a Casa Santa Marta, per indicare la necessità della coerenza che un cristiano deve avere tra parole e testimonianza. Jorge Mario Bergoglio è partito dalla prima Lettera di san Giovanni apostolo, venerdì 10 gennaio, per sottolineare che quando l’apostolo parla di chi ama Dio senza amare il fratello non dice che è un «maleducato», o «uno che sbaglia», dice «bugiardo»: «Io amo Dio, prego, entro in estasi... e poi scarto gli altri, odio gli altri o non li amo, semplicemente, o sono indifferente agli altri...», ha detto il Papa a quanto riportato da Vatican News. «Non dice: “hai sbagliato”, dice “sei bugiardo”. E questa parola nella Bibbia è chiara, perché essere bugiardo è proprio il modo di essere del diavolo: è il “grande bugiardo”, ci dice il Nuovo Testamento, è il padre della menzogna. Questa è la definizione di Satana che ci dà la Bibbia. E se tu dici di amare Dio e odi il tuo fratello, sei dall’altra parte: sei un bugiardo. In questo non ci sono concessioni».
Una verità dalla quale discendono diverse conseguenze. Innanzitutto, se qualcuno obietta: «Io non odio, Padre, ma c’è tanta gente che mi fa del male o che io non posso accettare perché è maleducata o è rozza», la lettera di Giovanni chiarisce che «se tu non sei capace di amare la gente, dai più vicini ai più lontani che tu stai vivendo, non puoi dirci che tu ami Dio: sei un bugiardo». In secondo luogo, non si può evitare di «immischiarsi» nelle cose degli altri, non ci si può «lavare le mani»: «Se una persona dice: “Io, per essere ben pulito, bevo soltanto l’acqua distillata”: morirai!, perché questo non serve alla vita. Il vero amore non è acqua distillata: è l’acqua di tutti i giorni, con i problemi, con gli affetti, con gli amori e con gli odi, ma è questo. Amare la concretezza, l’amore concreto: non è un amore di laboratorio. Questo ci insegna, con queste definizioni così chiare, l’apostolo. Ma — ha continuato il Papa — c’è un modo di non amare Dio e di non amare il prossimo un po’ nascosto, che è l’indifferenza. “No, io non voglio questo: io voglio l’acqua distillata. Io non mi immischio con il problema degli altri”. Tu devi, per aiutare, per pregare». Per sintetizzare il concetto, papa Francesco ha citato quindi un’espressione di sant’Alberto Hurtado che diceva: «Non fare del male va bene; ma non fare del bene, va male».
Non è la prima volta che il Papa argentino mette in guardia dal rischio di essere bugiardi pur dicendosi cristiani. «Vi confesso che a volte mi dà un po' fastidio, o per dirlo in termini non così fini, un po’ il “cimurro”, ascoltare discorsi magniloquenti con tutte queste parole e quando uno conosce la persona che parla dice: Che bugiardo che sei!», confidò ai rappresentanti della società civile che incontrò in Paraguay nel 2015: «Per questo le parole da sole non servono. Se dici una parola, impegnati per quella parola! Lavoraci giorno per giorno, giorno per giorno. Sacrificati per quello. Impegnati!». Durante un Angelus, nel 2018, chiarì ulteriormente il concetto, sempre a partire dal linguaggio forte delle Scritture: ipocrita, spiegò, è «uno degli aggettivi più forti che Gesù usa nel Vangelo e lo pronuncia rivolgendosi ai maestri della religione: dottori della legge, scribi… “Ipocrita”, dice Gesù. Gesù infatti vuole scuotere gli scribi e i farisei dall’errore in cui sono caduti, e qual è questo errore? Quello di stravolgere la volontà di Dio, trascurando i suoi comandamenti per osservare le tradizioni umane. La reazione di Gesù è severa perché grande è la posta in gioco: si tratta della verità del rapporto tra l’uomo e Dio, dell’autenticità della vita religiosa. L’ipocrita è un bugiardo, non è autentico».
Un epiteto – bugiardo – che il Papa non ha esitato ad applicare, nel corso degli anni, a situazioni molto concrete. Con gli abitanti di Scampia, a Napoli, Francesco nel 2015 denunciò senza giri di parole lo sfruttamento delle persone nel lavoro: «Questo si chiama schiavitù, questo si chiama sfruttamento, questo non è umano, questo non è cristiano. E se quello che fa così si dice cristiano è un bugiardo, non dice il vero, non è cristiano». E’ rimasta celebre, poi, la sua denuncia alla messa che celebrò nel 2018 a Palermo nell’anniversario dell’uccisione di don Pino Puglisi: «Non si può credere in Dio e odiare il fratello, togliere la vita con l’odio», disse il Papa citando appunto la prima lettera di Giovanni: «“Se uno dice: “Io amo Dio” e odia suo fratello è un bugiardo”. Un bugiardo – insistette il Pontefice – perché sbugiarda la fede che dice di avere, la fede che professa Dio-amore. Dio-amore ripudia ogni violenza e ama tutti gli uomini. Perciò la parola odio va cancellata dalla vita cristiana; perciò non si può credere in Dio e sopraffare il fratello. Non si può credere in Dio ed essere mafiosi. Chi è mafioso non vive da cristiano, perché bestemmia con la vita il nome di Dio-amore. Oggi abbiamo bisogno di uomini e di donne di amore, non di uomini e donne di onore; di servizio, non di sopraffazione. Abbiamo bisogno di camminare insieme, non di rincorrere il potere. Se la litania mafiosa è: “Tu non sai chi sono io”, quella cristiana è: “Io ho bisogno di te”. Se la minaccia mafiosa è: “Tu me la pagherai”, la preghiera cristiana è: “Signore, aiutami ad amare”. Perciò ai mafiosi dico: cambiate, fratelli e sorelle! Smettete di pensare a voi stessi e ai vostri soldi. Tu sai, voi sapete, che “il sudario non ha tasche”. Voi non potrete portare niente con voi. Convertitevi al vero Dio di Gesù Cristo, cari fratelli e sorelle! Io dico a voi, mafiosi: se non fate questo la vostra stessa vita andrà persa e sarà la peggiore delle sconfitte». Sarà l’inferno.