Il cardinale Puljic accoglie Bergoglio alla Chiesa del Sacro Cuore di Sarajevo.
Dai nostri inviati a Sarajevo
Lo sguardo compassionevole del Papa segue il passo titubante di don Zvonimir Matijevic, il sacerdote di Banja Luka arrestato nel 1992 e percosso fino a ridurlo in fin di vita perché rifiutava di dire che i sacerdoti cattolici sono criminali ed educano criminali.
Sei litri di sangue per salvargli la vita e la sclerosi multipla come conseguenza di quelle violenze, ma «ho perdonato di cuore coloro che mi hanno fatto del male e prego per loro», confida nella sua testimonianza davanti a Papa Francesco. Con lui il francescano fra Jozo Puskaric, quattro mesi, 120 giorni, nei campi di concentramento con torture continue e la minaccia di essere scorticato vivo, «ma sono particolarmente grato al Signore per non aver provato odio verso i miei aguzzini» e suor Ljubica Sekerija, delle suore delle Figlie della divina carità, rapita da cinque miliziani stranieri e torturata perché rinnegasse la sua fede, «ma è stato anche un miliziano straniero a portarmi da mangiare una pera e a liberarmi. E quando sono entrata in monastero ho trovato tutte le mie consorelle inginocchiate che pregavano con digiuno, pianto e lamento».
Le tre testimonianze scelte, durante l’incontro con i sacerdoti e i religiosi, per ricordare l’orrore della guerra, ma anche per rendere evidente che ci può essere una risposta diversa dalla vendetta, giungono dritte al cuore del Papa, come già era avvenuto a Tirana, dopo aver sentito le parole di chi era stato torturato per la sua fede.
E come a Tirana il Papa consegna il discorso preparato e parla a braccio. «Consegno il discorso, che è bello, eh!», esclama il Papa. E poi aggiunge: «Le testimonianze parlano da sole e questa è la memoria del vostro popolo. E un popolo che dimentica la sua storia non ha futuro. Questa è la memoria dei vostri padri e madri nella fede, soltanto hanno parlato tre, ma dietro di loro ci sono tanti e tante che hanno sofferto lo stesso».
Papa Francesco è chiaro: «Care sorelle e cari fratelli, non avete diritto a dimenticare la vostra storia. Non per vendicarvi, ma per fare pace», dice Bergoglio, «non per guardare come una cosa strana, ma per amare come loro hanno amato. Nel vostro sangue, nella vostra vocazione c’è la vocazione e il sangue di questi tre martiri. C’è il sangue e c’è la vocazione di tante e tanti religiosi, tanti preti, tanti seminaristi». Bergoglio ricorda che «L’apostolo Paolo nella lettera agli Ebrei ci dice: “Mi raccomando non dimenticatevi dei vostri antenati, quelli che vi hanno trasmesso la fede”. Questi vi hanno trasmesso la fede, vi hanno trasmesso come si vive la fede. E lo stesso Paolo ci dice: “Non dimenticatevi di Gesù Cristo, il primo martire”. E questi sono andati sulle tracce di Gesù. Riprendere la memoria per fare pace», ripete ancora.
E poi prosegue citando «alcune parole mi sono rimaste nel cuore, una ripetuta, perdono. Un uomo, una donna che si consacra al servizio del Signore e non sa perdonare non serve. Perdonare un amico che ti ha detto una parolaccia, con il quale hai litigato o una suora che è gelosa non è tanto difficile, ma perdonare quello che ti picchia, che ti tortura, che ti calpesta, che ti minaccia col fucile per ucciderti questo è difficile. E loro lo hanno fatto e loro predicano di farlo».
«Un'altra parola», sottolinea, «che mi è rimasta è quella dei 120 giorni del campo di concentramento. Quante volte lo Spirito del mondo ci fa dimenticare questi nostri antenati, le sofferenze dei nostri antenati. Quei giorni sono contati non per giorni, ma per minuti, perché ogni minuto e ogni ora è una tortura. Vivere tutti insieme, sporchi, senza pasto, senza acqua con il caldo e con il freddo. E questo durante tanto tempo. E noi che ci lamentiamo quando abbiamo un dente che ci fa male o che vogliamo avere la tv nella nostra stanza con tante comodità e che chiacchieriamo della superiora o del superiore quando il pasto non è tanto buono… no, non dimenticatevi, per favore, le testimonianze dei vostri antenati. Pensate quanto hanno sofferto questi. Pensate quei sei litri di sangue che ha ricevuto il padre, il primo che ha parlato, per sopravvivere. E portate una vita degna della croce di Gesù Cristo. Suore, sacerdoti, vescovi, seminaristi mondani sono una caricatura, no servono, non hanno la memoria dei martiri e hanno perso la memoria di Gesù Cristo crocifisso, l’unica gloria nostra».
Infine il Papa ricorda «un’altra cosa che mi viene in mente: quel miliziano che ha dato la pera alla suora e quella donna musulmana che ha portato il pasto al sacerdote. Tutti siamo fratelli, anche quell’uomo crudele. Non so cosa ha pensato, ma ha sentito lo spirito santo, forse ha pensato a sua madre e ha detto “prendi questa pera e non dire nulla”. E quella donna musulmana era oltre le differenze religiose: amava, credeva in Dio e faceva del bene. Cercate il bene di tutti, tutti hanno la possibilità, il seme del bene, tutti siamo figli di Dio. Benedetti voi che avete così vicino queste testimonianze. Non dimenticatele, per favore. Anche la vostra vita cresca con questo ricordo». Il Papa non dimentica anche, citando le parole del cardinale Puljic che queste sono vocazioni che sono fiorite in famiglia e chiede di «pregare per le famiglie perché fioriscano di tanti figli e anche ci siano tante vocazioni».
«E finalmente», conclude, «io vorrei dirvi che questa è stata una storia di crudeltà. Anche oggi in questa guerra mondiale vediamo tante tante tante crudeltà. Fate sempre il contrario della crudeltà. Abbiate atteggiamenti di tenerezza, di fratellanza, di perdono. E portate la croce di Gesù Cristo La Santa madre Chiesa vi vuole così: piccoli testimoni della croce di Gesù».