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martedì 06 giugno 2023
 
 

Bergoglio, "No alla guerra tra cristiani"

08/02/2015  Il Papa ha rinnovato l'appello a non interrompere il dialogo ricordando che le religioni possono essere un grande fattore di unione tra i popoli. Intanto però i cristiani cattolici ucraini temono un ritorno a un passato di persecuzioni.

Papa Francesco lancia l’ultimo appello per la pace in Ucraina e denuncia la guerra fratricida tra cristiani. Mercoledì scorso al termine dell’udienza generale prima sottolinea che “la situazione sta peggiorando” e poi che si “aggravando la contrapposizione tra le parti”. Chiede la “ripresa del dialogo”, spiega che quando sente le parole “vittoria” o “sconfitta” prova un “senso di grande dolore”. E ricorda che il conflitto ucraino è una “guerra tra cristiani”. Subito riceve l’applauso di Mosca e del Patriarcato ortodosso russo che in passato aveva criticato il Papa per l’appoggio dato alla Chiesa greco-cattolica, gli “uniati” di rito bizantino, ma legati alla Santa Sede, accusati da Mosca, dai fatti di piazza Maidan, in poi di aver cavalcato il nazionalismo ucraino antirusso per diventare la vera Chiesa nazionale dell’Ucraina. Il Patriarca di tutte le Russie Kirill  ha definito per la prima volta dall’inizio della crisi la posizione del Vaticano “equilibrata”.

Eppure Bergoglio non  ha assolutamente fatto un ragionamento politico e tanto meno georeligioso. Che la guerra in Ucraina sia anche un conflitto tra cristiani, battezzati con lo stesso battesimo, è una realtà e per il papa è motivo di “scandalo”. Ma la stessa cosa potrebbe dirla il Patriarca Kirill, perché le divisioni politiche sulla crisi e di conseguenza lo schieramento su opposti fronti, anche militari, si trovano dentro la stessa ortodossia, tra ortodossi fedeli a Mosca e ortodossi fedeli a Kiev. Eppure finora  è stato zitto, dimostrando di non avere lo stesso coraggio di papa Francesco. L’Ucraina sta su un confine sensibile e inquieto, lembo di quell’Eurasia, dove pochi hanno le idee chiare e la  “questione ucraina” è il punto strategico del confronto tra l’Unione europea e lo zar di Mosca, ma è anche un luogo cruciale del confronto ( o del dialogo) geo-religioso, che vede protagonisti i cristiani e le loro diverse espressioni nazionali e politiche.

Ma c’è un dato storico che nessuno può dimenticare e cioè la persecuzione dei cristiani cattolici di rito bizantino (gli uniati) a cui solo Gorbaciov 25 anni orsono ha permesso di tornare alla legalità, cioè al diritto all’esistenza, dopo anni di repressione da parte di Mosca con l’appoggio delle autorità ortodosse russe. Dopo la caduta dell’impero sovietico le cose si sono ancora più complicate, tra i cristiani ucraini, con la nascita di diverse chiese autocefale ortodosse più o meno fedeli o per nulla fedeli al patriarca di tutte le Russie, in un intreccio complicato dal punto di vista religioso e soprattutto nazionale, poiché sull’interpretazione di ciò che è stata la storia nazionale ucraina non c’è accordo nel Paese. Il popolo ucraino è sempre stato diviso in diversi imperi e le Chiese si sono applicate volentieri ai nazionalismi e i cristiani si sono combattuti tra loro.

Bergoglio con il suo appello non intendeva sottolineare ragioni dell’uno e dell’altro, né mettere d’accordo nessuno sulla storia passata. Ha voluto ricordare che solo con la pace, uno sorta di pace previa, si possono riprendere i ragionamenti sulla memoria, sulla giustizia, sulle riconciliazioni possibili, sulla cittadinanza e sulla libertà. E la pace dovrebbero un bene riconosciuto da tutti i cristiani, prima delle ragioni politiche, prima della ragion di Stato e della ragion di Chiesa. Oggi invece accade esattamente il contrario e la Chiesa greco cattolica ucraina teme di tornare al passato della repressione sovietica. Il giovane patriarca della Chiesa greco-cattolica, Sua Beatitudine Svjatoslav Shevchuk, aveva avvertito mesi fa circa i rischi di una secessione: “Ci stiamo avviando verso un periodo buio, non sappiamo come andrà a finire”. Ha sempre insistito sull’unità del popolo ucraino e sulla forza delle religioni come strumento di pace e di concordia anche nazionale. Invece oggi un segnale di segno opposto già si intravede.  Entro marzo tutte le parrocchie della Chiesa cattolica in Crimea, la penisola ucraina passata alla Russia, dopo un controverso referendum non riconosciuto dalla comunità internazionale, dovranno adattarsi alla legislazione russa sulle organizzazioni religiose.

 

 
 
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