Ancora un appello ai cristiani perseguitati in Medio Oriente alla vigilia
del viaggio in Turchia. Papa Francesco all’udienza generale così si è rivolto a
loro: “Siate forti e aggrappatevi alla Chiesa e alla vostra fede. Trasformate
con la vostra speranza e curate con il vostro perdono, con l’amore e la pazienza
della vostra testimonianza”. In particolare il papa si è rivolto ai cristiani
dell’Iraq.Salutando i pellegrini di lingua araba presenti in piazza San Pietro,
ha ricordato «la violenza, la sofferenza» vissute dalle popolazioni della
regione, invocando per loro protezione e sostegno. Tra quanti ascoltavano le
sue parole c’erano due testimoni diretti della drammatica realtà dei cristiani
iracheni l’arcivescovo caldeo di Mossul, Amel Shamon Nona, e l’arcivescovo siro
ortodosso della stessa città, Nikodemos. Alla richiesta di pregare per le
vittime della violenza Bergoglio ha unito quella per la causa ecumenica,
ricordando il suo imminente viaggio in Turchia: “Questa visita di Pietro al
fratello Andrea porti frutti di pace, sincero dialogo tra le religioni e
concordia nella nazione turca”.
Poco prima papa Francesco aveva concluso il
ciclo di riflessioni dedicate alla Chiesa. Partendo dal presupposto che essa “non
è una realtà statica, ferma, fine a se stessa, ma è continuamente in cammino
nella storia, verso la meta ultima e meravigliosa che è il Regno dei cieli”, ha
rilanciato le domande che l’uomo si pone guardando verso questo orizzonte:
«Come sarà la nuova dimensione nella quale la Chiesa entrerà? Che cosa sarà allora dell’umanità?
E del creato che ci circonda?” Si tratta, ha spiegato, di interrogativi che non
sono nuovi, li avevano già posti i discepoli a Gesù. Le risposte si trovano
nella Bibbia, ha aggiunto, quando parla della Gerusalemme nuova e cioè del
paradiso. E qui il papa ha spiegato che “più che di un luogo si tratta di uno
“stato” dell’anima in cui le nostre attese più profonde saranno compiute”. E in
tale prospettiva, ha esortato a “percepire come ci sia una continuità e una comunione
di fondo tra la Chiesa
celeste e quella ancora in cammino sulla terra”. Perché, ha sottolineato alla
fine “nella prospettiva cristiana la distinzione non è più tra chi è già morto
e chi non lo è ancora, ma tra chi è in Cristo e chi non lo è”.