Piazza San Pietro durante la Benedizione Urbi et orbi il 25 dicembre 2019. Foto: Osservatore Romano/Vatican.va (in alto e in copertina: foto dell'agenzia Reuters).
«Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce». Le parole del profeta Isaia hanno fornito a papa Francesco una chiave di lettura per i giorni che stiamo vivendo. Sacre Scritture Bergoglio ha metaforicamente sfogliato l'atlante soiffermandosi sulle aree in cui si soffre e si muore. L'ha fatto durante la benedizione Urbi et orbi. C'è un punto di partenza: «È nato nuovamente il Figlio di Dio fatto uomo. Il suo nome è Gesù, che significa Dio salva. Il Padre, Amore eterno e infinito, lo ha mandato nel mondo non per condannarlo, ma per salvarlo. Lo ha dato per tutti. Lo ha dato per sempre. Ed Egli è nato, come piccola fiammella accesa nel buio e nel freddo della notte». C'è una premessa, un obiettivo: «La Parola che ha guidato gli ebrei nel cammino dalla schiavitù alla libertà, e continua a chiamare gli schiavi di ogni tempo, anche di oggi, ad uscire dalle loro prigioni. È Parola più luminosa del sole, incarnata in un piccolo figlio di uomo, Gesù, luce del mondo».
E c'è una realtà sfaccetatta fatta di interessi economici, di diseguaglianze sociali, di lotte per il potere el'arrapparramento di ricchezze pretestuosamente rivestite da motivi religiosi. Il comune denominatore è l'oscurità, il buio, l'angoscia. «Ci sono tenebre nei conflitti economici, geopolitici ed ecologici», ha ricordato il Santo Padre, assicurando che «più grande è la luce di Cristo». Asia, un lembo d'Europa. E poi tanta Africa e Sudamerica. Mezzo pianeta è preda del dolore. Il Papa è sceso nei dettagli. «Cristo sia luce per i tanti bambini che patiscono la guerra e i conflitti in Medio Oriente e in vari Paesi del mondo. Sia conforto per l’amato popolo siriano che ancora non vede la fine delle ostilità che hanno lacerato il Paese in questo decennio. Scuota le coscienze degli uomini di buona volontà. Ispiri i governanti e la comunità internazionale a trovare soluzioni che garantiscano la sicurezza e la convivenza pacifica dei popoli della Regione e ponga fine alle loro sofferenze. Sia sostegno per il popolo libanese, perché possa uscire dall’attuale crisi e riscopra la sua vocazione ad essere un messaggio di libertà e di armoniosa coesistenza per tutti. Il Signore Gesù sia luce per la Terra Santa dov’Egli è nato, Salvatore dell’uomo, e dove continua l’attesa di tanti che, pur nella fatica ma senza sfiduciarsi, aspettano giorni di pace, di sicurezza e di prosperità. Sia consolazione per l’Iraq, attraversato da tensioni sociali, e per lo Yemen, provato da una grave crisi umanitaria».
Piazza San Pietro durante la Benedizione Urbi et orbi il 25 dicembre 2019. Foto: Osservatore Romano/Vatican.va
«Il piccolo Bambino di Betlemme», ha aggiunto Francesco, «sia speraza per tutto il Continente americano, in cui diverse Nazioni stanno attraversando una stagione di sommovimenti sociali e politici. Rinfranchi il caro popolo venezuelano, lungamente provato da tensioni politiche e sociali e non gli faccia mancare l’aiuto di cui abbisogna. Benedica gli sforzi di quanti si stanno prodigando per favorire la giustizia e la riconciliazione e si adoperano per superare le varie crisi e le tante forme di povertà che offendono la dignità di ogni persona. Sia luce, il Redentore del mondo, per la cara Ucraina, che ambisce a soluzioni concrete per una pace duratura.Il Signore che è nato sia luce per i popoli dell’Africa, dove perdurano situazioni sociali e politiche che spesso costringono le persone ad emigrare, privandole di una casa e di una famiglia. Sia pace per la popolazione che vive nelle regioni orientali della Repubblica Democratica del Congo, martoriata da persistenti conflitti. Sia conforto per quanti patiscono a causa delle violenze, delle calamità naturali o delle emergenze sanitarie. Sia conforto a quanti sono perseguitati a causa della loro fede religiosa, specialmente i missionari e i fedeli rapiti, e a quanti cadono vittime di attacchi da parte di gruppi estremisti, soprattutto in Burkina Faso, Mali, Niger e Nigeria».
Povertà, desertificazione, disastri ambientali, ma soprattutto ingiustizie e guerre generano flussi migratori sempre più numerosi. «Il Figlio di Dio, disceso dal Cielo sulla terra, sia difesa e sostegno per quanti, a causa di queste ed altre ingiustizie, devono emigrare nella speranza di una vita sicura. È l’ingiustizia che li obbliga ad attraversare deserti e mari, trasformati in cimiteri. È l’ingiustizia che li costringe a subire abusi indicibili, schiavitù di ogni tipo e torture in campi di detenzione disumani. È l’ingiustizia che li respinge da luoghi dove potrebbero avere la speranza di una vita degna e fa loro trovare muri di indifferenza. L’Emmanuele sia luce per tutta l’umanità ferita. Sciolga il nostro cuore spesso indurito ed egoista e ci renda strumenti del suo amore. Attraverso i nostri poveri volti, doni il suo sorriso ai bambini di tutto il mondo: a quelli abbandonati e a quelli che hanno subito violenze. Attraverso le nostre deboli braccia, vesta i poveri che non hanno di che coprirsi, dia il pane agli affamati, curi gli infermi. Per la nostra fragile compagnia, sia vicino alle persone anziane e a quelle sole, ai migranti e agli emarginati. In questo giorno di festa, doni a tutti la sua tenerezza e rischiari le tenebre di questo mondo».