«Accogliere, proteggere, promuovere e integrare». In un'estate segnata dall'emergenza degli sbarchi sulle nostre coste, il Santo Padre torna ad affrontare il tema epocale delle migrazioni. Lo fa con il messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, che si celebrerà il prossimo 21 gennaio. Nel testo, Francesco tocca un argomento che gli sta particolarmente a cuore, «un “segno dei tempi”», come lui stesso lo descrive, «che ho cercato di leggere, invocando la luce dello Spirito Santo sin dalla mia visita a Lampedusa l’8 luglio 2013».
Riaffermando i principi storicamente contenuti nella dottrina sociale della Chiesa, il messaggio ruota attorno a quattro azioni fondamentali: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. Questi verbi sintetizzano l'atteggiamento che dovrebbe accompagnare i migranti lungo tutto il loro travagliato percorso. Come nel suo stile, Bergoglio non si limita a una serie di generiche "linee guida", ma scende negli aspetti più concreti, prende posizione, suggerisce strade possibili.
Ad esempio, parlando dei minori, quanto mai vulnerabili ed esposti alla violenza, il Papa osserva che «ad essi occorre evitare ogni forma di detenzione in ragione del loro status migratorio, mentre va assicurato l’accesso regolare all’istruzione primaria e secondaria. Parimenti è necessario garantire la permanenza regolare al compimento della maggiore età e la possibilità di continuare degli studi».
E ancora: «Nel rispetto del diritto universale ad una nazionalità, questa va riconosciuta e opportunamente certificata a tutti i bambini e le bambine al momento della nascita». Sono parole rivolte al mondo intero e sarebbe un errore volerle leggere esclusivamente in chiave italiana.
Certo, però, è difficile non pensare all'aspro dibattito sullo ius soli che da mesi tiene banco nel nostro Paese, tra incomprensioni e ataviche paure, tanto che il mondo della politica, spaccato, non è riuscito a trovare un terreno comune. L'impegno a fianco di rifugiati e migranti è, secondo Francesco, «una grande responsabilità che la Chiesa intende condividere con tutti i credenti e gli uomini e le donne di buona volontà».
Accogliere «significa innanzitutto offrire a migranti e rifugiati possibilità più ampie di ingresso sicuro e legale nei Paesi di destinazione», anche attraverso «programmi di sponsorship privata e comunitaria» e «corridoi umanitari». Tutte soluzioni che, se attuate, danno i loro frutti. Vengono in mente, ad esempio, i corridoi umanitari che negli ultimi due anni hanno consentito ad alcune famiglie siriane, accolte in Libano e già duramente provate dalla guerra, di raggiungere l'Europa con mezzi sicuri, evitando nuovi viaggi disumani e traversate in mare.
Francesco osserva anche come siano da evitare «le espulsioni collettive e arbitrarie, soprattutto quando esse vengono eseguite verso paesi che non possono garantire il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali». E se le grandi concentrazioni di migranti in un unico luogo rischiano di avere effetti esplosivi, «i programmi di accoglienza diffusa, già avviati in diverse località, sembrano invece facilitare l’incontro personale, permettere una migliore qualità dei servizi e offrire maggiori garanzie di successo».
Sul tema del "proteggere", Francesco raccomanda, tra l'altro, che, nel rispetto della dignità della persona, a migranti e rifugiati vengano concesse «libertà di movimento, possibilità di lavorare e accesso ai mezzi di telecomunicazione». Come sempre, il Santo Padre invita tutti a guardare al fenomeno migratorio non solo come a un problema, manche come una possibile risorsa. Anche per questo è fondamentale adoperarsi perché «tutti i migranti e i rifugiati così come le comunità che li accolgono siano messi in condizione di realizzarsi come persone in tutte le dimensioni che compongono l’umanità voluta dal Creatore», compresa, ovviamente, la dimensione religiosa. Infine, a proposito del verbo "integrare", Francesco ricorda che integrazione non significa affatto «assimilazione», oblio delle proprie radici e perdita di identità.
Al contrario, «il contatto con l’altro porta a scoprirne il “segreto”, ad aprirsi a lui per accoglierne gli aspetti validi e contribuire così ad una maggior conoscenza reciproca. È un processo prolungato che mira a formare società e culture, rendendole sempre più riflesso dei multiformi doni di Dio agli uomini». Dal canto suo, «la Chiesa è disponibile ad impegnarsi in prima persona per realizzare tutte le iniziative sopra proposte, ma per ottenere i risultati sperati è indispensabile il contributo della comunità politica e della società civile, ciascuno secondo le responsabilità proprie».
Anche in tempi oggettivamente difficili, quello che Francesco intende affidare al mondo è un messaggio di speranza: «alla luce di questi processi avviati, i prossimi mesi rappresentano un’opportunità privilegiata per presentare e sostenere le azioni concrete nelle quali ho voluto declinare i quattro verbi».