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sabato 21 settembre 2024
 
Udienza del mercoledì
 

«Gesù non ci abbandona, anche se la nostra vita è piena di errori e peccati»

19/04/2017  Prima riflessione di Papa Francesco dopo la Pasqua: «Non vale tanto la nostra ricerca nei confronti di Dio – in verità, così tentennante – ma piuttosto la ricerca di Dio nei nostri confronti.  Il cristianesimo è grazia, è sorpresa, e per questo presuppone un cuore capace di stupore. Anche se siamo peccatori, se i nostri propositi di bene sono rimasti sulla carta»

“Il cristianesimo non è un’ideologia, non è un sistema filosofico, ma un cammino di fede che parte da un avvenimento, testimoniato dai primi discepoli di Gesù”. Papa Francesco ripropone all’udienza generale del primo mercoledì dopo Pasqua il magistero di Papa Benedetto contenuto nella sua prima enciclica Deus Caritas Est. Bergoglio, rileggendo il racconto del Vangelo della Pasqua spiega che non vale tanto “la nostra ricerca nei confronti di Dio – una ricerca, in verità, così tentennante –, ma piuttosto la ricerca di Dio nei nostri confronti. Gesù ci ha presi, ci ha afferrati, ci ha conquistati per non lasciarci più. Il cristianesimo è grazia, è sorpresa, e per questo motivo presuppone un cuore capace di stupore. Anche se siamo peccatori, se i nostri propositi di bene sono rimasti sulla carta, oppure se, guardando la nostra vita, ci accorgiamo di aver sommato tanti insuccessi…

 

Nel mattino di Pasqua possiamo fare come quelle persone di cui ci parla il Vangelo: andare al sepolcro di Gesù, vedere la grande pietra rovesciata e pensare che Dio sta realizzando per me, per tutti noi, un futuro inaspettato. Qui c’è felicità, gioia e vita, dove tutti pensavano ci fosse solo tristezza, sconfitta e tenebre. Dio fa crescere i suoi fiori più belli in mezzo alle pietre più aride. Essere cristiani significa non partire dalla morte, ma dall’amore di Dio per noi, che ha sconfitto la nostra acerrima nemica. Dio è più grande del nulla, e basta solo una candela accesa per vincere la più oscura delle notti. Paolo grida, riecheggiando i profeti: ‘Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?’. In questi giorni di Pasqua, portiamo questo grido nel cuore. E se ci chiederanno il perché del nostro sorriso donato e della nostra paziente condivisione, allora potremo rispondere che Gesù è ancora qui, che continua ad essere vivo in mezzo a noi”.

 

Francesco si soffermato sulla Prima Lettera ai Corinzi di San Paolo, sottolineando che “l’apostolo vuole dirimere una problematica che sicuramente nella comunità di Corinto era al centro delle discussioni. La risurrezione è l’ultimo argomento affrontato nella Lettera, ma probabilmente, in ordine di importanza, è il primo: tutto infatti poggia su questo presupposto. Parlando ai suoi cristiani, Paolo parte da un dato inoppugnabile, che non è l’esito di una riflessione di qualche uomo sapiente, ma un fatto, un semplice fatto che è intervenuto nella vita di alcune persone. Il cristianesimo nasce da qui. Non è un’ideologia, non è un sistema filosofico, ma un cammino di fede che parte da un avvenimento, testimoniato dai primi discepoli di Gesù”.

 

Il nucleo centrale della fede è la resurrezione di Gesù e non la sua morte. Se infatti “tutto fosse finito con la morte, in lui avremmo un esempio di dedizione suprema, ma questo non potrebbe generare la nostra fede. Perché la fede nasce dalla risurrezione. Accettare che Cristo è morto, ed è morto crocifisso, non è un atto di fede ma è un fatto storico. Invece credere che è risorto sì”. Per questo motivo il Papa ha spiegato che “la nostra fede nasce il mattino di Pasqua. Paolo fa un elenco delle persone a cui Gesù risorto apparve. Abbiamo qui una piccola sintesi di tutti i racconti pasquali e di tutte le persone che sono entrate in contatto con il Risorto.

 

In cima all’elenco ci sono Cefa, cioè Pietro, e il gruppo dei dodici, poi ‘cinquecento fratelli’ molti dei quali potevano rendere ancora la loro testimonianza, poi viene citato Giacomo. Ultimo della lista – come il meno degno di tutti – è lui stesso, Paolo, ‘come un aborto’”. Bergoglio chiarisce questa espressione racchiude la storia di Paolo, storia “personale e drammatica”: “Lui non era un chierichetto, era un persecutore della Chiesa, orgoglioso delle proprie convinzioni; si sentiva un uomo arrivato, con un’idea molto limpida di cosa fosse la vita con i suoi doveri. Ma, in questo quadro perfetto, un giorno avviene ciò che era assolutamente imprevedibile: l’incontro con Gesù Risorto, sulla via di Damasco. Lì non ci fu soltanto un uomo che cadde a terra: ci fu una persona afferrata da un avvenimento che gli avrebbe capovolto il senso della vita”. Ecco perché la fede non è un’ideologia, ma l’incontro con una persona, quella che ha cambiato la vita di Paolo, esempio per tutti noi.

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