L’eredità di Claudio Abbado, il grande direttore milanese morto a Bologna nel gennaio del 2014 non è solo musicale: le sue “creature” infatti hanno sempre tenuto presente l’importanza della musica per i giovani, per chi soffre, per chi è emarginato. E mentre l’Orchestra Mozart che lui creò a Bologna sta per rinascere per la volontà dei suoi componenti, una delle più belle iniziative di Abbado sarà protagonista di un concerto assolutamente unico a Palazzo Madama lunedì 20 giugno 2016 alle ore 17.
Papageno è uno dei personaggi più simpatici e geniali creato a Mozart per Il flauto magico su ispirazione del librettista ed attore Schikaneder. E Abbado ha voluto chiamare “Papageno” un coro straordinario: è formato da 75 persone (uomini e donne) più una trentina di volontari, è multirazziale, spazia nei repertori musicali - dal popolare, all’etnico alla classica - ed è formato dai detenuti della Casa Circondariale Dozza di Bologna. Su invito del Presidente Grasso, 40 dei coristi del Papageno diretti da Michele Napolitano e accompagnati da un ensemble di archi passeranno dalle celle di un carcere all’Aula del Senato: per dimostrare che la musica, l’arte, e soprattutto il lavorare insieme, gli uni con gli altri, può significare tornare a vivere.
Il concerto, che aprirà la Festa Europa della Musica che si tiene ogni anno il 21 giugno, verrà trasmesso in diretta su RAI 2. Le parole di Pietro Grasso per spiegare le ragioni dell’invito sono molto chiare: “La musica per la 'rieducazione del condannato', per usare le parole della nostra stessa Costituzione, è una idea di straordinario valore e non è certo un caso che sia stata sostenuta da un grandissimo artista come Claudio Abbado. E' anche per rendere onore all'indimenticabile Maestro e Senatore a vita che ho deciso di ospitare a Palazzo Madama l'iniziativa del Coro Papageno”.
Ma ancora più toccanti, profonde, sono le testimonianze che i detenuti che hanno preso parte a questa esperienza hanno scritto e rilasciato negli anni. Come quella di Luigi: “La musica è il perfetto suono della mia anima, e ciò che rappresenta il mio grido profondo; la mia sete di libertà è appagata quando mi lascio trasportare dalla musica. Il mio canto è a volte la voce di un dolore, altre l’urlo di gioia e il ringraziamento alla vita. La musica è il mio modo di vivere, senza barriere e confini la prigionia”. Parole che si intonano con quelle del fondatore del Coro.
Claudio Abbado infatti, mai dimenticando che l’arte e la cultura hanno un senso se calate nella società, ribadiva sempre lo spirito profondo del suo interpretare la musica: "Fare musica insieme è di fatto la più efficace educazione alla vita comunitaria, al rispetto, alla disciplina e soprattutto all'ascolto reciproco. L'ascolto è un elemento imprescindibile, anche se quasi sempre trascurato, nella vita civile”.