E’ stata audace e coraggiosa la scelta, di parte di Antonio Pappano, di inaugurare la stagione dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia con un’opera del Novecento poco nota e poco rappresentata, cantata in polacco: “Re Ruggero” del compositore Karol Szymanowski (1882-1937).
Difficile definire “Re Ruggero” una vera e propria opera. Lo stesso Pappano lo considera “una specie di oratorio con struttura sinfonica”. Una composizione ideale, quindi , per la rappresentazione in forma di concerto nella Sala Santa Cecilia del Parco della Musica di Roma. L’opera, completata da Szymanowski nel 1926 ed eseguita per la prima volta a Varsavia in quello stesso anno, è ambientata in Sicilia durante il regno del re normanno Ruggero d’Altavilla. La vita della corte viene turbata dall’arrivo di un Pastore-Profeta, arrivato dall’Oriente, predicatore di culti pagani. Il Pastore seduce la regina Rossana, che lo segue con altri membri della corte. Re Ruggero resta solo, turbato, respinto ma al temo stesso attratto dalla figura del Pastore, reincarnazione di Dioniso. Alla fine Ruggero sprofonda nella sua solitudine, ma rimane in qualche modo estasiato dall’incontro con la misteriosa figura arrivata dall’Oriente.
“La partitura indaga il personaggio di Ruggero com molta profondità psicologica”, spiega Pappano. Il dramma è tutto nella mente del Re e Szymanowski racconta questo dramma creando un senso continuo di tensione e di attesa, con un flusso di musica ininterrotto nel quale si trovano echi di Strauss, Debussy, Liszt, Wagner. “Sono melodie pazzesche, bellissime”, aggiunge Pappano.
La forza dello spettacolo, andato in scena con la “prima” del 5 ottobre, è proprio nella parte musicale. Pappano, che aveva già diretto “Re Ruggero” a Londra in forma scenica, ama questa partitura e guida con sicurezza l’orchestra in una formidabile avventura sonora di novanta minuti, senza interruzioni. La compagnia di canto è strepitosa, per la qualità delle voci e per l’intensità dell’interpretazione. Spicca il Re Ruggero di Lukasz Golinski, bravissimo ad esprimere tutte le sfumature dei turbamenti interiori del sovrano. Intensa la Rossana di Lauren Fagan, seducente il pastore di Edgaras Montvidas. Autorevoli le voci di Marco Spotti (nel ruolo dell’arcivescovo) e di Kurt Azesberger nei panni di Edrissi. Helena Rasker è la Diaconissa. Impeccabile il coro diretto da Ciro Visco.
La parte vocale dello spettacolo viene esaltata da un sapiente uso degli spazi della grande sala dell’Auditorium. Il Pastore arriva in scena attraversando la platea, in altri momenti lui e Rossana cantano in alto, sulle gallerie alle spalle dell’orchestra. Solo Ruggero resta sul palcoscenico e alla fine si accascia accanto al podio del direttore d’orchestra.
Lo spettacolo è stato accompagnato dalla regia in presa diretta e dalle proiezioni video di MASBEDO, i video artisti Nicolò Massazza e Iacopo Bedogni, collocati su un lato del palcoscenico. Le immagini che hanno prodotto durante lo spettacolo in qualche caso erano efficaci (belle le colate d’oro su un corpo umano), ma non sempre sono apparse convincenti. Non hanno dato fastidio, ma in fondo forse non hanno aggiunto nulla di più a un’opera dove la musica, e che musica, racconta già tutto benissimo.