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venerdì 08 novembre 2024
 
EMERGENZA DROGA
 

Parco dell’eroina, ultima fermata

22/10/2016  Non siamo negli anni ’80, ma oggi, nella ricca Brianza. Dove un treno ogni giorno trasporta tanti giovani in cerca di una dose. E nel resto d’Italia è lo stesso

«Ci vediamo dopo», promette a due passeggeri il ragazzo nordafricano appena entrato nello scompartimento: sono un uomo sulla quarantina e una ragazza più giovane che ha gli occhi azzurri e spenti. Tra poche fermate il treno della droga arriverà a destinazione: Ceriano Laghetto, Comune della Brianza immerso nel Parco delle Groane, oltre tremila ettari di prati e boschi bellissimi che negli ultimi anni si sono trasformati in una delle principali piazze di spaccio del Norditalia. Puoi trovarci di tutto, ma soprattutto tanta eroina, a prezzi imbattibili: bastano 10 o 15 euro per una dose, la metà della cocaina.
Sì, l’eroina è tornata, specie tra i giovani. Il Consiglio nazionale delle ricerche certica che 31 mila teenager l’hanno provata almeno una volta nel 2015 (in 20 mila l’hanno presa dieci volte nell’ultimo mese). Allargando lo spettro, sono 300 mila gli under 35 che hanno assunto eroina l’anno scorso, il triplo rispetto al 2011.
Abbiamo preso il treno a Milano Lambrate alle 12.30, trovandolo pieno di studenti universitari. Giunti a Seregno, ci hanno detto di scendere per aspettare il convoglio successivo e, una volta sulla banchina, siamo stati subito avvicinati dalla ragazza dagli occhi azzurri in cerca di una sigaretta e poi da un altro ragazzo nordafricano con la felpa blu che ci ha chiesto dei soldi. Si riparte. Su questa linea, la Seregno-Saronno, l’anno scorso i carabinieri hanno arrestato sette giovani che, armati di machete e coltelli, per mesi hanno rapinato i passeggeri. Chiediamo a uno studente com’è ora la situazione: «Non è cambiato niente. I “tossici” salgono sul treno già “fatti”, a caccia di soldi per la dose successiva. Le corse più pericolose sono quelle serali, ma anche adesso ho visto una decina di persone che secondo me scenderanno a Ceriano».

I FANTASMI DEI BOSCHI

Va proprio così. Giunti alla stazione, un gruppetto lascia il treno e scompare nei boschi che costeggiano la ferrovia. Ci sono pure l’uomo sulla quarantina, il ragazzo che chiedeva soldi, la ragazza che voleva una sigaretta e i due nordafricani. C’è anche un’altra ragazza con un piercing al naso, che sul treno leggeva un libro. Trova ad attenderla un altro maghrebino. È un attimo: gli dà dei soldi, lui allunga una mano con qualcosa dentro e poi lei si dirige verso il bosco, dove incrocia altri giovani: sono vedette, italiani e dell’Est Europa, che controllano gli ingressi per conto degli spacciatori. Sulla banchina restano Felice e Nunziata, che ci aspettano. Portano una targhetta con la loro foto e la scritta “Gruppo supporto territorio”. Sono marito e moglie e fanno i volontari per conto del Comune. «Ogni giorno veniamo qui e appena vediamo qualcosa che non va avvisiamo le forze dell’ordine», spiega Felice. «Abbiamo una figlia di 17 anni. A una compagna di scuola hanno puntato un coltello alla gola per portarle via il portafogli, la catenina e il cellulare», aggiunge la moglie. Arriva anche un altro volontario, Marco: «L’altro giorno, solo qui intorno alla stazione, ho raccolto 17 siringhe».
I treni passano ogni mezz’ora e ogni volta la scena si ripete: quasi tutti i passeggeri scendono e si dirigono al parco. C’è anche chi ritorna: due ragazzi sbucano dalla boscaglia e si siedono in attesa del primo convoglio. Uno muove a scatti un braccio e una gamba, l’altro fatica a reggersi in piedi, è scheletrico, ha la camicia e i pantaloni lerci e le labbra sporche di sangue.
Ci raggiungono il sindaco di Ceriano, Dante Cattaneo, e il comandante della Polizia locale, il commissario Giuseppe Sessa. A lui indichiamo i due ragazzi. Basta uno sguardo: «Li conosco bene, sono eroinomani: due povere vittime». Si avvicina e chiede loro i documenti e se hanno precedenti penali. I primi non ce li hanno, i secondi sì: detenzione di sostanze stupefacenti il primo, maltrattamenti il secondo. «Di che cosa vi “fate”?», chiede loro il comandante. Solo uno risponde: «Cocaina e, a volte, eroina».
Sanno cosa li aspetta: un foglio di via, cioè il divieto a ritornare qui che, se infranto, comporta l’arresto. Il ragazzo con i vestiti sporchi si dispera: «Ho già un foglio di via di Milano, non me ne dia un altro… La prego, non sono un criminale, sto cercando di comportarmi bene». Ma Sessa deve fare il suo dovere e li affida ai suoi uomini. Poi si ferma davanti a una postazione per l’energia elettrica: «Questo, finché non lo abbiamo scoperto, era uno dei tanti nascondigli per la droga. Gli eroinomani vengono qui perché costa la metà di Milano ed è di migliore qualità. Lo stesso vale per le altre droghe. Chi sono i consumatori? C’è il disoccupato e il professionista in giacca e cravatta, lo studente e l’ultracinquantenne che ha ripreso a bucarsi o non ha mai smesso. È una battaglia impari: qualche giorno fa siamo entrati per un controllo in tre e abbiamo contato 15 spacciatori. Anche i carabinieri e i poliziotti fanno quello che possono con le forze che hanno». Accompagnati dal comandante e dal sindaco, ci dirigiamo verso il bosco. «Non troveremo nessuno, sicuramente le “vedette” ci hanno già visto». E, infatti, mentre ci avviciniamo un ragazzo e una ragazza sbucano dal nulla, attraversano di corsa i binari e si infilano tra la vegetazione.
Entrati nel bosco, notiamo un paio di jeans a terra, mentre da alcuni rami penzolano sacchetti di plastica: «Sono segnali per i tossicodipendenti», spiega il comandante. Molti alberi sono tagliati. «L’hanno fatto i pusher per avere spazio per i bivacchi. Spesso anche chi si droga si ferma poi a dormire in sacco a pelo». Si cammina tra carta stagnola bruciacchiata, rifiuti di ogni tipo, biciclette abbandonate e tante siringhe. Davanti a un grosso albero è rimasto tutto l’occorrente per una dose di eroina: il cucchiaio per scaldarla, le siringhe, la bottiglietta coperta di carta stagnola per fumarla.
Il sindaco Cattaneo, leghista al secondo mandato, 33 anni, due figli di 2 e 4, è sconsolato: «Siamo venuti a pulire la scorsa settimana e ora è di nuovo in queste condizioni. Ho scritto a Renzi e ad Alfano chiedendo l’invio dell’esercito come è stato fatto a Prato, ma non ho ricevuto risposta». Usciti dal bosco, ai bordi della ferrovia ritroviamo i tre maghrebini. Il comandante ne riconosce due: uno spaccia e l’altro rifornisce i pusher di cibo. Ma sarebbe inutile perquisirli alla ricerca di droga. Il terzo invece non l’ha mai visto. Dice di essere venuto qui a trovare il fratello, ma confessa di avere una condanna per spaccio. Il comandante lo porta con sé per noticare anche a lui un foglio di via.
Salutiamo lui e il sindaco e torniamo alla ferrovia. La scena è questa: da un lato ci sono solo spacciatori, dall’altro solo tossicodipendenti. Saliamo sul primo treno per Milano. In un vagone vuoto incrociamo un ragazzo che in tutta tranquillità arrotola sigarette di marijuana e la ragazza con il piercing che ha riaperto il suo libro. Scende a Seregno. Alla madre forse dirà di aver studiato con un’amica. Invece domani tornerà nel bosco, dove al posto dei funghi spuntano siringhe.

LA TESTIMONIANZA: «HO VISTO GLI AMICI BUCARSI E HO CAPITO CHE DOVEVO SMETTERE»

  

Sergio (nome di fantasia) viene a prenderci alla stazione in camion. Ha 20 anni, è sempre pronto alla battuta e suona il clacson quando sul marciapiede nota una ragazza carina. Insomma, è un ragazzo come tanti. Solo sei mesi fa era invece un tossicomane che ogni sera vedeva i suoi amici con l’ago della siringa di eroina nel braccio. Ci fermiamo davanti alla comunità Exodus di Lonate Pozzolo, nel Varesotto, dove si sta curando. In questo momento ci sono tre ospiti che stanno cercando di venir fuori dall’eroina, ma preferiscono non parlare. Sergio invece racconta di aver iniziato a drogarsi a 18 anni. «Frequentavo il liceo scienti€fico e volevo iscrivermi all’università. Non avevo problemi in famiglia. Ho iniziato così, per provare. E ho provato di tutto, dalla marijuana a droghe sintetiche come lo speed, l’ecstasy, la ketamina». L’eroina no, ed è stata la sua salvezza. «Ci ritrovavamo nei rave party, feste illegali organizzate in campagna. Gli spacciatori ci vendevano la droga e poi noi ci appartavamo in un camper. Io dopo averla consumata, passata l’euforia iniziale, stavo malissimo, ma i ragazzi che vedevo accanto a me con la siringa nel braccio erano dei morti viventi. Molti prendevano cocaina prima di ballare e eroina dopo, per calmarsi. Mi raccontavano che per loro l’eroina era l’ultimo stadio dopo aver provato tutte le sostanze che usavo io. Alcuni, alla fine, sono morti. Ho capito che non volevo ridurmi come loro, che volevo vivere. Così ho parlato con i miei genitori e sono venuto nella comunità di don Mazzi». Sergio è di Ferrara, dove torna una volta al mese per rivedere i genitori. «I miei amici no, perché sono ancora schiavi della droga. Per questo immagino il mio futuro qui».

L'ANALISI DI DON CIOTTI: «UN’EMERGENZA DA COMBATTERE CON LA PREVENZIONE»

Il consumo di massa dell’eroina, dopo aver toccato i suoi picchi negli anni ’80 e ’90 – tra overdose, Aids, epatiti, si stimano circa 50 mila vittime – sembrava soppiantato dalle cosiddette “droghe da prestazione” come la cocaina e l’ecstasy. L’eroina continuava a essere assunta, sniffata o fumata, ma per contrastare gli stati di agitazione che emergono al calare degli stimolanti. Ora però assistiamo a un ritorno dell’eroina non più solo come “rimedio” ma come consumo specifi€co, il che ha reintrodotto le vecchie e più rischiose modalità di assunzione come quella endovena. Cosa c’è dietro? C’è, ovviamente, la convenienza delle mafi€e. È noto che in questi anni c’è stata, in Afghanistan ma anche in “nuove frontiere” del narcotraˆffico come il Messico, una sovrapproduzione di oppio, con una forte immissione di eroina nel mercato a prezzi accessibili. Ma ci sono innanzitutto, non va mai dimenticato, le persone con le loro fragilità. Alla base di una dipendenza di eroina agiscono quasi sempre tre fattori: effetti della sostanza, contesto che ne facilita l’uso e vulnerabilità individuale. L’abuso di eroina nasce da storie diffiˆcili, biografi€e dissestate, episodi di violenza e di abbandono, povertà materiali e culturali. Ancora una volta la sfi€da si gioca a tre livelli: educazione, prevenzione, accoglienza. Ma per affrontarla occorre un’inversione di marcia. In questi anni c’è stato un taglio delle politiche sociali e una riduzione del 50% dei servizi. Chi ne paga le conseguenze non sono solo le persone in diˆfficoltà e le loro famiglie, ma la società nel suo insieme. I servizi non sono solo “assistenza” ma corresponsabilità, crescita culturale e etica di una comunità, alimento di bene comune.“Persone, non problemi” era una delle frasi ispiratrici dell’impegno del Gruppo Abele negli anni ’70 e ’80. Oggi, se non invertiamo la marcia, rischia di dover essere riformulato in un più allarmante “Persone, non bilanci”.

Don Luigi Ciotti
Fondatore del Gruppo Abele e di Libera

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