Il Teatro Bataclan e lo Stade de France sono le Torri Gemelle d'Europa. E come gli attentati del 2001 impressero una svolta drammatica all'atteggiamento degli Usa nei confronti del mondo, con le guerre in Afghanistan e in Iraq, così questi attacchi del 2015 possono cambiare la natura della politica europea. Non a caso il presidente francese Hollande, in un discorso pronunciato quando ancora il massacro era in corso, ha annunciato il blocco delle frontiere nazionali, in entrata e in uscita: di fatto, i terroristi sono riusciti a fare all'Europa ciò che nemmeno i peggiori populisti della destra e le emergenze dettate dalle migrazioni erano riusciti a fare.
Mentre scriviamo, non è ancora chiaro chi, e con quali motivazioni, abbia voluto scatenare quest'ondata di terrore nel cuore d'Europa. Alcuni testimoni raccontano che i terroristi hanno detto di voler vendicare i compagni uccisi in Siria dalle incursioni militari francesi. Se ciò fosse vero, torneremmo a parlare di quell'Isis che così poco, così male e così lentamente abbiamo ostacolato e combattuto. E che tanti nostri alleati, invece, hanno, almeno per un tratto, sostenuto e armato. Isis che si è puntualmente (troppo puntualmente?) fatto vivo per rivendicare gli attentati, come fece pochi giorni fa con l'abbattimento del volo russo sul Sinai.
Ma è meglio non arrivare alle conclusioni prima di conoscere i fatti. Bisognerà tra l'altro vedere, una volta conclusa la caccia ai colpevoli, chi sono questi assassini. Se venuti da fuori o, al contrario, nati e cresciuti in Francia e poi arruolati dal network dell'islamismo armato, come nel caso degli attentati al giornale Charlie Hebdo e del supermercato kosher, che sembrano lontani e sono invece solo del gennaio scorso.
Proprio il ricordo di quei fatti, però, ci può portare a qualche considerazione. Allora si disse, con qualche superficialità, che i fratelli Kouachy erano due dilettanti. Ora possiamo forse considerarli l'avanguardia di una piccola armata dell'ombra che nelle scorse ore si è rivelata. Attaccare tanti luoghi diversi in una grande capitale, con il chiaro obiettivo di massimizzare il numero delle vittime colpendo uno stadio, un ristorante, un teatro da 1.200 posti, implica non solo crudeltà ma anche strategia, organizzazione, allucinante visione politica. Non importa quanto bene spari il killer del momento: alle sue spalle ci sono professionisti veri.
Se poi si scoprirà che i terroristi uccisi o catturati sono francesi, come lo erano appunto i fratelli Kouachy, allora diventerà chiaro che i professionisti del terrore trovano un terreno di reclutamente fertile proprio in Francia. Nel Paese che, non molto tempo fa, visse la rivolta delle periferie e l'esplosione di un disagio (vissuto soprattutto dai giovani immigrati di seconda generazione) fino a quel momento trascurato se non ignorato.
Il che spiegherebbe perché sia la Francia il bersaglio europeo più colpito, ben al di là del suo impegno militare (peraltro scarso e tardivo) in Siria. Ma a quel punto, potrebbero essere gli altri Paesi europei i primi a rallegrarsi tacitamente per la chiusura delle frontiere che isola Parigi dal resto di un continente che mai come in queste ore è parso debole, fragile e diviso.