(In alto: il candidato della destra moderata François Fillon, che nonostante gli scandali rimane il candidato preferito dagli elettori cattolici francesi)
«I dossier S di nazionalità straniera devono essere espulsi». Marine Le Pen, sullo schermo di France 2 ieri sera, durante l’ultimo dibattito prima delle elezioni presidenziali, proponeva il suo consueto giro di vite sulla sicurezza. «Ma i dossier S sono sorvegliati dai servizi segreti e servono a raggiungere il cuore delle cellule terroriste», replicavano timidamente i due giornalisti a cui spettava il compito di raccogliere gli ultimi echi di una campagna presidenziale che definire movimentata è un eufemismo. «Sì, ma sono 17.000, è impossibile sorvegliarli tutti». La candidata nazionalista risponde col solito piglio sicuro. Questo scambio, col senno di poi, appare oggi come una inquietante premessa ai fatti che contemporaneamente sconvolgevano il cuore della capitale, per l’ennesima volta.
Una decina di minuti dopo il colloquio con la Le Pen, col volto terreo, i due conduttori interrompono le domande ai candidati per riferire che sugli Champs Elysées un poliziotto è stato ucciso e che la pista del terrorismo islamico non è esclusa. Dopo molta cautela, emerge la parola che da due anni a questa parte è entrata nel vocabolario quotidiano dei francesi: attentato. Verso le nove di sera, un uomo, a volto scoperto, è sceso dalla sua vettura, un’Audi sportiva, imbracciando un kalashnikov. L’arma è stata diretta immediatamente contro un furgone di poliziotti parcheggiato lungo «l’avenue più bella del mondo», une definizione degli Champs Elysées che oggi si ammanta di tristezza.
LA MINACCIA JIHADISTA AL CENTRO DEL DIBATTITO POLITICO IN FRANCIA
Un poliziotto cade a terra esanime, altri due sono feriti gravemente. Gli altri agenti reagiscono e l’assalitore è a sua volta abbattuto. Il libretto di circolazione ritrovato nell’abitacolo rivela l’identità dell’assassino: Karim C., già arci-conosciuto dalle forze dell’ordine per aver ferito gravemente due poliziotti in passato, durante un furto d’auto. Di minaccia terroristica in questa campagna si è parlato poco, forse perché i francesi ne hanno abbastanza di vivere con la paura. Ma la cronaca ha ri-diretto i discorsi dei candidati sulla sicurezza qualche giorno fa, quando a Marsiglia, due jihadisti, Mahiedine Merabet e Clement Baur, sono stati arrestati nel loro appartamento-polveriera pieno di armi, esplosivi e materiale informatico probabilmente destinato a filmare imminenti massacri.
I candidati hanno ricominciato così a rimettere la minaccia jihadista al centro del discorso, soprattutto perché alcuni di loro, in particolare François Fillon e Marine Le Pen, hanno visto il loro cordone di sicurezza rafforzarsi immediatamente. Se i servizi segreti hanno avuto ragione dei due marsigliesi, purtroppo non sono riusciti a evitare l’attacco sugli Champs Elysees, e questo nonostante Karim C. fosse schedato come « fichier S » per la sua radicalizzazione già da diverso tempo e per questo sorvegliato.
PER I CATTOLICI FRANCESI IL FAVORITO RIMANE FRANCOIS FILLON
Sulle elezioni di questo fine settimana peserà dunque come un macigno lo spettro del terrorismo e probabilmente farà pesare la bilancia dei consensi verso i candidati che più si sono espressi in favore di una politica volta a marginalizzare gli estremismi, fra questi candidati, oltre alla frontista Marine Le Pen, c’è François Fillon, che, nonostante gli scandali che l’hanno visto protagonista, dagli impieghi fittizi della moglie ai «regali» di amici potenti e facoltosi, rimane il favorito dei cattolici francesi, come afferma Jean Pierre Denis, direttore editoriale della rivista La Vie, di ispirazione cattolica. Come si sentono d’altra parte, i cattolici francesi in questa campagna così ricca di colpi di scena? «Fillon rimane il punto di riferimento, nonostante tutto » afferma Denis. «nei suoi discorsi ha affermato più volte «je suis chretien » in una Francia, talvolta malata di una laicità portata avanti fino all’isteria, dove parlare di religione o affermare la propria identità religiosa, soprattutto da parte di un rappresentante politico, è diventato da anni tabù».
Ma gli scandali e le accuse non compromettono questa preferenza a Fillon? Il direttore è pragmatico: «Certamente sì. Essere buoni cristiani si scontra con i fatti di cui è accusato il candidato repubblicano, questo marasma ha creato molto imbarazzo tra le file degli elettori cattolici, ma ormai da decenni, per tradizione, i cattolici francesi votano a destra. Non è stato sempre così. Un tempo votavano Miterrand. Poi lentamente la destra si è fatta portavoce dei valori cattolici e anche questa volta raccoglierà le preferenze. I cattolici voteranno decisamente con meno entusiasmo questa volta, ma continueranno in linea di massima a dare la preferenza a Fillon. I delusi, quelli la cui fiducia è stata completamente tradita dall’ex primo ministro, si rivolgeranno verso Macron, la grande sorpresa di queste elezioni».
LE SIRENE Di MARINE LE PEN HANNO UN FASCINO LIMITATO SUI CATTOLICI
E la Le Pen e i suoi continui riferimenti a Jeanne d’Arc e alle radici cristiane della Francia? «Fra i cattolici praticanti, in realtà, questo problema di identità è un falso problema, è poco sentito, per cui le sirene di Marine Le Pen hanno un fascino limitato».
In questa campagna si è parlato troppo o troppo poco di religione?
«La situazione francese è da sempre un caso a parte. Dalla Rivoluzione in poi, i principi di laicità sono molto importanti e parlare pubblicamente di religione per un rappresentante politico è piuttosto rischioso. In generale le élite mediatiche e politiche nel nostro Paese sono estremamente incolte in materia di religione e spesso molti propositi vengono travisati presi caricaturali. Se si parla di principi cattolici, ad esempio, la parola «integralista» affiora con troppa facilità. Mi ricordo cosa accadde quando Giovanni Paolo II morì. In Italia ricordo bene alcuni manifesti in giro per Roma, voluti dalla giunta comunale, che citavano «Grazie Santo Padre». In Francia una cosa simile sarebbe stata impossibile. Sempre in quei giorni il tricolore all’Eliseo sventolava a mezz’asta, in lutto, come succede ogni volta che un capo di Stato muore. Ma visto che si trattava del Papa, qualcuno ritenne inopportuna quella scelta. Tanto per dire come stanno le cose».
Davvero i cattolici francesi vogliono rimettere in questione la legge sull’aborto e la legge che permette il matrimonio fra omosessuali?
«Sono falsi problemi. Non sono queste le esigenze prioritarie dei cattolici praticanti. Tutti sanno che nessuno dei candidati tornerà sulla legge del «mariage pour tous», né sull’aborto. Tutti, più o meno, ne hanno preso atto, le vere esigenze della comunità cattolica sono altre».
Quali, in particolare?
La risposta di Denis anticipa in modo inquietante i fatti degli Champs Elysées… «I cattolici sono preoccupati dall’ascesa dell’Islam radicale e vogliono essere protetti. In questi anni, c’è stata troppa connivenza fra i politici locali e certi rappresentanti religiosi controversi. Si è lasciato fare, chiudendo gli occhi con una certa indifferenza. Personalmente, non aspiro a un arsenale repressivo che metta alle corde certe correnti religiose radicali come il salafismo. Siamo in uno stato di diritto, se si toglie la libertà a uno, la stessa libertà viene tolta a tutti. Questo sarebbe pericoloso, ma bisogna essere fermi, punire i responsabili e fare le dovute distinzioni».
Quali sono le altre aspettative dei cattolici?
«Innanzitutto ritrovare la fiducia nei politici, nelle élite che governano il Paese. Il rapporto si è fortemente degradato in questi ultimi anni. Il fenomeno è cominciato con Sarkozy, che ha dato un’impronta volgare e arrogante allo statuto presidenziale, e si è aggravato con Hollande, che non ha tenuto le promesse elettorali. Bisogna far rinascere questo rapporto con un presidente che abbia la statura umana e politica per portare avanti efficacemente il mandato. Altro punto importante è veder riaffiorare quel «progetto Francia » che sembra ormai abbandonato. La Francia, e i cattolici sono estremamente consci di questo, si è sempre posta come un esempio di civiltà, di universalismo, è forse un po’ presuntuoso affermarlo, ma la Francia ha per molto tempo voluto essere un esempio per l’umanità. Si è soliti dire che l’Europa «è la Francia, ma in più grande».
Oggi questi valori appaiono in crisi, compromessi. Bisogna ridare respiro alla Francia e all’Europa. Dopo i fatti di ieri, oggi questa Francia e questa Europa hanno di nuovo paura, e la paura si sa, mozza il respiro e soffoca gli ideali. La parola è ora alle urne.