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venerdì 11 ottobre 2024
 
 

Ridi della legge islamica? Ti brucio

02/11/2011  Succede a Parigi: il settimanale satirico Charlie Hebdo attaccato a colpi di bombe molotov per un numero dedicato alla shari'a, la legge islamica.

Un ammasso informe di giornali, dossier, scatoloni, computer, sedie rotte, scrivanie bruciacchiate, il tutto buttato sul marciapiede. Cosí si presentava stamattina la redazione dello storico giornale satirico francese Charlie Hebdo, dopo che nel corso della notte, qualcuno ha scagliato due molotov all'interno della sede, devastando in un lampo anni di lavoro.

     "Gli archivi sono andati persi, tutto é bruciato, il giornale non esiste più", commentava stamattina il fumettista Charb, direttore della testata, mentre, mascherando lo sgomento,  con un piglio deciso affrontava poliziotti e giornalisti assiepati tra le macerie.
A provocare il grave atto vandalico sarebbe stato il numero di Charlie Hebdo uscito proprio stamane, titolato Charia Hebdo, con chiare allusioni tanto  all'annuncio da parte di Mustafa Abdel Jalil, leader del CNT libico, di conformare il diritto nazionale alla Sharia, quanto all'esito delle votazioni in Tunisia.

    Il gioco di parole Charia Hebdo non é risultato affatto compatibile con il senso dell'umorismo di chi ha incendiato la sede del giornale, fatto inedito nella Francia dei diritti umani e di organizzazioni militanti per il diritto alla libertà di stampa come Reporters Sans Frontières. I responsabili sarebbero alcuni estremisti islamici, probabilmente gli stessi, o quantomeno profondamente in sintonia con quelli che nei giorni scorsi avevano piratato il sito internet della testata e ricoperto di insulti e minacce la pagina Facebook della  stessa.

     Sulla prima pagina del numero "incriminato" campeggia una caricatura di Maometto, "redattore capo" di Charlie Hebdo per l'occasione, che si rivolge ai lettori esclamando "100 colpi di frusta a chi non riderà". Non é la prima volta che l'irriverente Charlie scatena le ire degli estremisti. Era già accaduto qualche anno fa, durante il funesto episodio delle "vignette danesi", quando il giornale satirico non aveva pensato due volte a riprodurre in prima pagina le famose caricature di Maometto.

     Ma allora ci si era limitati agli attacchi verbali. Oggi, il disastro che si é presentato davanti ai passanti di Boulevard Davout, dove ha sede Charlie, ha lasciato tutti a bocca aperta: la scena ricorda troppo certe immagini di libri e documenti messi al rogo in epoche sinistre, in tutti i tempi e luoghi in cui qualcuno si é arrogato il diritto di decidere arbitrariamente il bene e il male, il permesso e il proibito.

     Un pezzo di storia della stampa francese giaceva oggi a terra, ferito mortalmente da un manipolo di fanatici e ingiuriato dalla pioggia autunnale che stamattina aveva regalato una Parigi in bianco e nero. Tutti sono ammutoliti, a cominciare da un attonito  cittadino tunisino che non esita a dire "quelli che hanno provocato l'incendio, non capiscono nulla del Corano, né di Maometto". La redazione sorge ad Est della capitale, in un quartiere dove abitano moltissimi musulmani. Oggi in molti non hanno esitato a riversarsi in strada per manifestare solidarietà ai giornalisti di Charlie Hebdo.

      "Stanno facendo di tutto per dividerci", accusa una bella ragazza dalle fattezze mediorientali. E' innegabile che l'innescarsi di fenomeni estremisti e  l'accentuarsi dei caratteri comunitari, siano legati in qualche modo alla posizione sempre più nazionalista assunta dalla destra francese. La svolta autoritaria é stata più netta da quando é stato nominato Ministro degli Interni Claude Guéant, volto da Ancien Régime con un debole per le battute contro gli immigrati, e da quando Marine Le Pen, con la sua dote di propositi razzisti consegnatale da papà Jean Marie, volteggia come un falco sulla carcassa di Sarkozy dilaniata dai sondaggi, malgrado il presidente francese calchi la mano nel ruolo di messia d'Europa.

     Per desolante che sia, il motivo che spinge certi giovani a diventare estremisti religiosi, é la stessa ragione che spingeva i bulli di periferia negli anni Settanta a issarsi una cresta punk sulla testa: esistere, essere ascoltati, avere un'identità, poter essere riconosciuti. E in nome dell'identità si mette a ferro e fuoco la redazione di un giornale colpevole di disegnare fumetti.

 
 
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