«Stiamo tornando indietro, verso modelli di comportamento stereotipati: capita che le adolescenti rinuncino a opportunità di studio all’estero per non dispiacere al fidanzato». È preoccupata Rosangela Paparella, già garante dell'infanzia e adolescenza della Regione Puglia e per 40 anni insegnante di matematica e scienze alle secondarie di primo grado. Sul tema è intervenuta anche nel testo Generazione parità - Educare alla parità e alle differenze di genere, recentemente pubblicato da Pearson nell'ambito del progetto #GenerazioneParità, con cui la casa editrice punta a fare formazione per contribuire a sviluppare nella scuola una nuova consapevolezza sul tema e specifiche competenze educative.
Professoressa Paparella, l’indice 2021 dell’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere colloca l’Italia al 14° posto su 27 Paesi. Un dato allarmante…
«Sì, e ancor di più se pensiamo che negli ultimi tempi siamo andati indietro. Negli anni Novanta, sulla spinta del ministero dell’Istruzione e con contributi europei, erano stati avviati diversi programmi per la parità di genere. Ma da inizio Duemila il clima culturale è cambiato: non c’è formazione e scontiamo una serie di resistenze culturali. Negli ultimi 15 anni si è aperta la discussione - mal definita - sul gender, si è tornati a vedere con sospetto il tema e si è spostato il tiro “parità” verso l’inclusione delle differenze, disabilità, stranieri e ad esempio».
Quali sono i passi indietro?
«Si sta arretrando nel percepire la relazione uomo – donna in parità. I bambini molto piccoli sanno dire “non è giusto”, poi già alla scuola elementare i ruoli sono codificati. Sarebbe importante che genitori e insegnanti focalizzassero lo sguardo sulla libertà dei bambini. I maschi pagano molto di più delle femmine la strettoia educativa del corrispondere al modello di virilità. Ma anche loro, per fare un esempio, possono esprimere le proprie emozioni».
Secondo l’indagine #GenerazioneParità di Pearson Italia, condotta su 3.500 intervistati, l’80%dei docenti italiani ritiene la parità di genere di assoluta importanza. Il 57,61% inserisce la parità di genere nella trattazione delle materie e il 30,81% ne discute con gli alunni in momenti specifici. Per la sua esperienza a scuola si lavora abbastanza sul tema?
«La scuola si dovrebbe occupare molto di più del tema. Aggiungo che, dal mio punto di vista, i ragazzi sembrano più aperti e lungimiranti degli insegnanti».
Cosa succede senza educazione alla parità di genere?
«Succede che, ad esempio, molte donne non gestiscano la propria vita dal punto finanziario, che non abbiano un conto corrente. Si dice “spendono in maniera futile, non sono capaci di risparmiare”… una disparità subdola, legata al potere. È più semplice dichiararsi contrari alla violenza fisica piuttosto che a quella economica».
Come invertire la rotta?
«Noi adulti dovremmo cominciare a fare i conti con le nostre paure e con il nostro essere uomo e donna. Poi occorre dare spazio ai ragazzi. A scuola è molto efficace il metodo di far entrare uno sguardo di parità in tutte le discipline, per poi aprire prospettive sulla vita quotidiana».
Può fare qualche esempio?
«Personalmente do stimoli concreti, magari partendo dalla visione di un film o facendo notare come nello studio della storia dell’arte si ricordino pochissime artiste».
Lavorare a libri di testo privi di rappresentazioni stereotipate del rapporto tra i generi e che mettano in luce il contributo delle donne è un'attenzione di Pearson...
«Sì, ed è essenziale. Io ho insegnato matematica e scienze: si tratta di due mondi in cui le figure femminili, comprese coloro che hanno prodotto scoperte di rilievo, sono state cancellate e non si trovano nei libri di testo. Molto istruttiva è la storia di Barbara McClintock, premio Nobel per la Medicina nel 1983. Dalle sue riflessioni emerge uno sguardo femminile sulla scienza, diverso da quello maschile generalmente segnato dal dominio sulla natura. Quello sulla parità di genere è un lavoro imprescindibile ma delicato: i maschi possono sentirsi in colpa riconoscendo in sé alcuni pensieri o comportamenti scorretti, e quindi attivare atteggiamenti di resistenza e autodifesa. Le ragazze solitamente sono più morbide e aperte».
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza Pnrr segnala tra le priorità strategiche il contrasto alle disuguaglianze di genere. Quanto tempo ci vorrà in Italia per colmare il gender gap?
«Cento anni, almeno per il gap salariale e per la presenza in politica e in ambito dirigenziale».