Sa chi sono, ma vuole guardarli in faccia.
Don Michele Falabretti, direttore
dell’ufficio Cei di pastorale giovanile
vorrebbe parlare dei ragazzi pronti a
partire per la Polonia «quando torniamo
a casa, dopo averli visti sul campo». Quasi
80 mila gli iscritti finora, «ma non sapremo
fino all’ultimo il loro numero», sono, nella
maggioranza dei casi, alla loro prima esperienza
di Giornata mondiale della gioventù.
«Già questo dice qualcosa di questi ragazzi»,
dice don Falabretti. «Quelli che vennero in Polonia
nel 1991 si erano prenotati con mesi di
anticipo, con grande programmazione. Stiamo
assistendo, invece, a un fenomeno che si era
verificato anche nelle ultime Gmg: i ragazzi
decidono e si prenotano all’ultimo momento.
È uno specchio del loro modo di vivere per
cui si cambia idea velocemente, ci si ripensa, ci
si aggrega sull’onda di quello che si sente sul
momento». Rispetto alle generazioni che hanno
vissuto le Gmg precedenti «devono ancora
consolidare il loro rapporto con il Papa. I “Papa
boys” della prima ora avevano visto lo stesso
Papa per tre, quattro, addirittura cinque volte.
Per molti, invece, questa di Cracovia è la prima
volta con Francesco».
Un momento importante, quello della Gmg
«perché si tratta di giovani che non sono lontani
dalla fede, ma la vivono - ce lo dicono le
ricerche, in particolare quelle dell’Istituto Toniolo
- come una ricerca molto personale. Ed
è interessante che questa loro ricerca, in questo
contesto della Gmg, venga messa a confronto
insieme con la condivisione di fede di tutti gli
altri perché questi ragazzi, abituati a pensare
in termini di io, entrano in una dimensione
universale». E ancora, insiste Falabretti, «sono
giovani che dicono di cercare personalmente
Dio, che fanno fatica con la Chiesa e che
però hanno una grande stima del Papa. Un
Papa che amano anche se questo rapporto diretto
con lui non si è ancora costruito perché
quando c’è stata la prima Gmg Francesco era
Papa solo da tre mesi. Questa volta i giovani
avranno un modo diverso di rapportarsi a lui».
Ma non c’è solo il rapporto con papa Francesco.
«È il contesto che è completamente
cambiato. Si torna in Polonia, ma l’Europa del
1991 era piena di speranza, era appena caduto il
Muro di Berlino e c’era una grande attesa e una
grande voglia di futuro. Oggi i giovani che vanno
a Cracovia rispetto al futuro sono più in difficoltà. E lo sono perché il mondo di oggi non
offre loro le stesse opportunità che sembravano
avere quelli di 25 anni fa».
Intanto le diocesi continuano la preparazione,
fino all’ultimo momento. «È vero che
tanti ragazzi solo alla fine decideranno se venire
o meno, ma, in ogni caso, hanno seguito la
preparazione che abbiamo chiesto alle diocesi.
Ci siamo impegnati molto perché la Gmg non
fosse solo un evento, ma un cammino e le diocesi
italiane si sono fortemente impegnate ad
accompagnare i ragazzi. Ci ha dato una mano
anche il luogo perché la Mitteleuropa, i campi
di concentramento, sono un’opportunità enorme
di riflessione. Poi, naturalmente il tema
dell’Anno Santo, e il pellegrinaggio della Croce
e della Madonna. Quei simboli sono entrati nei
luoghi della preghiera e della sofferenza, nelle
carceri, negli ospedali, nei monasteri e nelle
cattedrali, luoghi che hanno coinvolto le persone
sul territorio. Gesti che hanno creato sintonia
tra i giovani e il resto delle loro comunità».
Con l’auspicio che si rafforzi anche il legame
con i genitori. «Anche se sono ragazzi
abbastanza cresciuti e maturi», conclude Falabretti,
«sarebbe bello se i loro genitori rimasti a
casa si incontrassero per partecipare alla veglia,
per parlare degli eventi che coinvolgono, in Polonia,
i loro ragazzi, per condividere a distanza
l’esperienza dei loro figli».