Siamo davanti a un paradosso: l'Italia, tradizionalmente dipinta come terra di forti legami familiari e radicata cultura della maternità, vive, proprio su questi fronti, una crisi profonda, forse irreversibile. A quanto pare, però, la causa non risiede tanto in un mancato desiderio di avere figli, quanto nell'assenza di reti di sostegno per i giovani genitori. Annunci e slogan a parte, la politica come affronta il tema? E come reagisce agli stimoli del terzo settore?
Dall'inizio della legislatura, il Pd ha depositato alle Camere diversi disegni di legge riguardanti la famiglia. Uno tra i più significativi porta la firma del senatore Stefano Lepri e prevede una serie di contributi economici per i figli a carico. «Chiunque abbia figli, a prescindere dalla sua condizione, non può essere lasciato solo nel mantenerli» afferma Lepri. «Attualmente i lavoratori autonomi non hanno diritto agli assegni familiari e gli incapienti (coloro che hanno un reddito bassissimo, ndr) sono esclusi dalle detrazioni per i figli a carico». L'assegno previsto sarebbe «una forma di redistribuzione a favore di quei genitori che lo Stato non aiuta o aiuta troppo poco». L'entità della “dote” potrebbe variare a seconda delle risorse stanziate. Secondo le prospettive più ottimistiche, si potrebbe arrivare fino a 200 Euro mensili per i figli da 0 a 3 anni, 150 Euro per quelli da 3 a 18 anni e 100 Euro per i ragazzi tra i 18 e i 25 anni, fatta salva una blanda scrematura reddituale, che escluderebbe soltanto i nuclei più facoltosi. Sottoscritto da 50 senatori, il disegno di legge Lepri è guardato con interesse da vari ambienti del terzo settore. Ma la discussione parlamentare procede a rilento e difficilmente il testo sarà approvato prima della fine della legislatura. Nelle intenzioni del primo firmatario, il provvedimento si integrerebbe con altre misure di sostegno più indirette, come il reddito di inclusione. «Inoltre» aggiunge la deputata Chiara Gribaudo (Pd) «fin dall'inizio della legislatura ci siamo battuti contro le dimissioni in bianco e siamo riusciti ad approvare una legge per proibirle». Il riferimento è all'odioso ricatto, purtroppo in uso presso molte aziende, di far firmare alle donne appena assunte una lettera di dimissioni, da usare contro di loro in qualsiasi momento, ad esempio se rimangono incinte.
«Come giovane mamma penso che nel nostro Paese la maternità sia ancora troppo spesso considerata un privilegio e non un diritto». Questa l'opinione di Rosanna Scopelliti, deputata di Alternativa Popolare (il partito facente capo ad Angelino Alfano). «Né questo Governo, né i precedenti hanno fatto abbastanza per sostenere la famiglia. Tuttavia, negli ultimi anni siamo riusciti a portare a casa qualche provvedimento di valore, ad esempio gli interventi per la fascia 0-6 anni». E la scomparsa del bonus bebè dalla legge di stabilità? «Sono sconcertata» risponde la parlamentare. «Mi chiedo come sia stato possibile stralciare una misura così importante, che anche l'ex premier Renzi si era impegnato a sostenere. Mi auguro che il Governo ritorni sui suoi passi: sarebbe una scelta di civiltà». La stessa Scopelliti ha presentato un disegno di legge di sostegno a maternità e paternità. «Le mamme, ma anche i papà, dovrebbero poter ottenere un accesso facilitato al lavoro part-time. Oggi tutto questo non avviene e spesso (si veda l'esempio delle aziende sanitarie) chi già usufruisce del regime part-time lo può mantenere ad libitum e quindi di fatto lo preclude ai neo-genitori». L'altra misura prevista dal disegno di legge riguarda l'accesso agevolato all'aspettativa senza assegni, che «sarebbe concessa senza discrezionalità e con possibilità di reiterazione». Ma quale vantaggio ne avrebbero le donne, rimanendo a casa per lungo tempo senza stipendio? «A trarne beneficio sarebbero i lavoratori costretti a dare le dimissioni – ad esempio mamme con un impiego distante da casa o senza asili nido nelle vicinanze – o costretti a scegliere tra il reinserimento lavorativo e il secondo figlio».
Dal canto suo, il Movimento 5 stelle ha presentato una proposta per sostenere le famiglie numerose. Il disegno di legge porta la firma di Ornella Bertorotta (portavoce M5S al Senato). Tra i provvedimenti previsti ci sarebbero l'innalzamento (da 2.840 a 8.000 Euro) del tetto reddituale perché un familiare si possa considerare a carico, alcuni vantaggi assicurativi e riduzioni sui biglietti per spettacoli e altri eventi culturali. «Alla famiglia» dichiara la senatrice nell'introduzione al testo «si deve ricominciare a prestare attenzione in quanto luogo di relazioni, di condivisione, di solidarietà e di rilevazione dello stato di bisogno e della sofferenza». Ma, ormai in piena campagna elettorale, la vera sfida per M5S si gioca su un terreno ben più infuocato. Secondo i pentastellati, la risposta si chiama reddito di cittadinanza, ovvero un'imponente misura per sostenere singoli e famiglie a rischio povertà. «Un esempio concreto? Per una famiglia di tre persone, con genitori disoccupati e figlio maggiorenne a carico, l'importo sarebbe di 1.560 Euro pensili», dichiarano dal movimento. Peccato che ci siano enormi dubbi sulle coperture finanziare e, in definitiva, sulla tenuta dell'intero sistema.