Il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato della Santa Sede. Foto: Ansa.
L’Europa
sempre meno significativa nella realtà mondiale, la crisi ucraina,
il Medio Oriente e il ruolo dell’Iran.
Il cardinale Pietro Parolin,
Segretario di Stato vaticano, affronta alcune situazioni sensibili a
50 anni dalla proclamazione da parte di Paolo VI di San Benedetto
patrono del vecchio continente e a pochi giorni dalla visita di papa Francesco a Strasburgo, prevista il 25 novembre.
Eminenza,
nell’ Unione i litigi sembrano prevalere sulla ricerca dell’unità.
Dopo la guerra c’era più voglia d’Europa?
«Sicuramente,
basta guardarsi
intorno e ci si accorge che non c'è più quella voglia di Europa che
all’inizio
ha guidato i passi dei padri fondatori
nella creazione di una realtà che
ci ha assicurato sessanta
anni di pace.
Soffriamo un po’ tutti di
perdita della memoria storica e
ciò impedisce di
ricordare da dove veniamo e quali sono le radici profonde dell’
Europa.
Invece se guardiamo alla
situazione mondiale dobbiamo fare uno sforzo supplementare perchè
l'Europa sia un'oasi di pace, di solidarietà, di accoglienza di
fronte ai conflitti che lacerano il nostro pianeta».
Eppure
l’Europa è carente.
Nel suo intervento al
recente Concistoro sul
Medioriente
lei ha chiesto che la
comunità internazionale, e segnatamente l'Europa, di
fare di più per la
risoluzione dei conflitti in atto.
«L'Europa
deve ritrovare
la sua voce e
anche una presenza.
Per esempio in Medio Oriente il conflitto va risolto
certamente dai Paesi
che ne sono protagonisti, ma la soluzione non può non avvalersi
della collaborazione della comunità internazionale. Anche perchè
sappiamo che gran parte di questi
conflitti, sono dovuti proprio a tensioni e contrapposizioni esterne
della realtà del Medioriente. Il mondo deve unirsi e l'Europa è
importante che dica
una sua parola e offra
un contributo specifico».
E
sulla
crisi ucraina?
«Ancora
di più,
cercando di mettere insieme gli interessi di tutti. Questa è la
chiave della soluzione. Vanno considerate le ragioni di Bruxelles,
naturalmente gli interessi dell’Ucraina, senza escludere le ragioni
di Mosca».
Nel
suo incontro con i vescovi europei, Papa Francesco ha detto
privatamente di non capire perchè le radici cristiane dell'Europa
non sono passate. Perchè questo
tema non è più nell’agenda?
«E’
finita la discussione
sulla Costituzione. E' stata una fase che ha segnato una certa epoca
e si è conclusa con l'esclusione del richiamo alle radici cristiane
dell'Europa
e oggi non se ne parla più, come nel passato.
Rimane sempre da parte nostra, anche se non ci sono degli interventi
pubblici, la coscienza che l'Europa deve costruirsi sulle sue radici
e che queste radici non vanno dimenticate.
Servono anche come garanzia della laicità
dell'Europa.
Per questo il tema è ancora di attualità.
Dove fondiamo il tema dei diritti umani, della solidarietà? Si
tratta di questione dove l’ispirazione cristiana è profonda e non
lo si può negare».
Proprio
in tema di diritti umani
lei nel discorso al
Concistoro sul Medioriente ha sottolineato il ruolo che può avere
l'Iran nella soluzione dei conflitti regionali.
Ma come si può
conciliare il riconoscimento di questo ruolo con il rispetto dei
diritti umani in quel Paese?
«Credo
che più ci si apre al mondo
e più si costruiscono
relazioni di cooperazione
con diversi Paesi
anche il tema dei diritti umani troverà una
collocazione importante nel dibattito..
E' importante che continui il dialogo anche con i
Paesi dove i diritti umani sono a rischio.
Il dialogo è lo strumento dei forti. Solamente chi ha pazienza e chi
ha fortezza interiore riesce a dialogare. Del resto non ci sono altre
alternative. Lo vedete. L'alternativa è la guerra, la distruzione,
l'annientamento reciproco.
Così è quasi sempre avvenuto e dunque da ciò dobbiamo riconoscere
la necessità e l'indipensabilità del dialogo».