Sopra: Patrizia e Massino Paloni, con il piccolo Davide in braccio, durante i lavori del Sinodo sulla famiglia. Foto Reuters. In alto: i coniugi Paloni in una foto dell'agenzia Ansa.
L’ultimo è il più giovane “padre sinodale” del Sinodo sulla famiglia. Si chiama Davide, 4 mesi e segue attentamente gli interventi in aula e nei gruppi di lavoro linguistici, mai uno strillo, mai neppure una smorfia. Alternativamente passa dalla carrozzella, dove qualche volta fa un pisolo, alle braccia della mamma Patrizia e del papà Massimo, i due veri “uditori”, una delle 18 coppie di sposi che partecipano al Sinodo sulla famiglia. I coniugi Patrizia e Massimo Paloni di figli ne hanno altri 11, in tutto sei maschi e sei femmine, che li aspettano a Maastricht in Olanda, dove fanno i missionari.
Perché missionari non sono solo preti, frati e suore che vanno in terre lontane, ma anche famiglie che testimoniano la Parola di Dio e la vita secondo il Vangelo. Loro sono stati invitati al Sinodo perché funziona, cioè tiene insieme la famiglie e aiuta le altre a riscoprire legami. Fanno parte del Cammino neocatecumenali, un’ esperienza di vita di fede, più che un’ associazione, iniziata da Kiko Arguello e Carmen Hernandez in Spagna anni fa e diffusa oggi in tutta la Chiesa. I genitori di Patrizia e Massimo hanno costituito insieme ad altri una delle prime comunità neocatecumenali a Roma e quelli di Massimo nel 1988 hanno accettato di trasferirsi in Olanda come missionari, intuizione di Kiko e Carmen di un nuovo metodo per l’annuncio del Vangelo. Massimo e Patrizia si sono conosciuti, innamorati e sposati nel Cammino e nel 2004 anche loro hanno deciso di diventare missionari, lasciando lavoro e casa a Roma per trasferirsi in Olanda con già cinque figli. Gli altri sono nati a Maastricht.
La famiglia Paloni al completo, in Olanda.
- Cosa direte al Sinodo?
“Intanto è un onore per noi, per la nostra famiglia, per il Cammino neocatecumenali poter raccontare quello che Dio ha fatto nella nostra vita e siamo grati al papa. Poi vorremmo spiegare a tutti i padri sinodali l’importanza che ha l’Humanae vitae di Paolo VI, un grande pontefice. Per noi non è vero che l’insegnamento di quell’enciclica è un peso insopportabile, anzi è stata una grande grazia, perché ci ha insegnato ad accogliere tutti i figli che Dio ci voleva dare. Noi siamo molto contenti e felici della nostra vita”.
- Nel dibattito di questi mesi si è parlato anche nella Chiesa di superamento dell’Humanae vitae.
“Per noi sarebbe un errore, anzi va riscoperta e valorizzata, perché il futuro dell’umanità dipende dalla famiglia cristiana, che non si forma con un corso pre-matrimoniale di un paio di settimane, ma con un percorso di fede che aiuta a riscoprire il Battesimo e che dura tutta la vita”.
- Perché avete scelto di fare i missionari?
“Abbiamo liberamente risposto ad una chiamata, nessuno ci ha imposto nulla. Abbiamo deciso di andare in missione a servizio della Chiesa locale”.
- E perché in Olanda?
“Per caso, ma eravamo pronti ad andare dappertutto. In Olanda da tre generazioni non si parla più di Dio. A Maastricht quattro chiese hanno chiuso, di cui una è stata trasformata in discoteca e altre in albergo e palestra. La Chiesa si gioca il suo futuro sul passaggio della fede da una generazione all’altra. E la famiglia in questo campo è fondamentale. Nelle famiglie del Cammino il passaggio della fede ai figli avviene nel 95 per casi. E noi in Olanda testimoniamo questo, facendo i catechisti itineranti nelle parrocchie. E la stessa testimonianza la danno i nostri figli. In Olanda ci sono 35 comunità neocatecumenali e più di 30 famiglie missionarie”.
- Ma non vi prendono per matti?
“Mai. Siamo una famiglia normale. La gente rimane colpita e ci confida: ‘Ah, se avessi saputo come avere tanti figli ed essere felice…’ . Il nostro metodo è credere nel Signore e nella Provvidenza. Se si condivide lo spirito di uno che ha vinto la morte si può fare qualunque cosa”.
- Come si trasmette la fede ai figli?
“Con l’esempio e con la condivisione delle gioie e dei problemi della vita. Noi alla domenica mattina ci riuniamo tutti insieme per leggere il Vangelo, poi ci raccontiamo le nostre preoccupazione e vediamo di leggerle alla luce della Parola di Dio, ci chiediamo perdono a vicenda e troviamo la forza per andare avanti. E’ un buon metodo che funziona”.
- E la missione?
“Andiamo nelle parrocchie e insieme al parroco proponiamo un cammino di fede, come risposta a tante situazioni drammatiche dall’aborto al divorzio a tantissime solitudini. Dio ha una parola per tutto. In Olanda il tasso di secolarizzazione è altissimo, ma ci sono adesioni sorprendenti alla proposta che noi facciamo. Il Cammino tuttavia è un processo lungo, lento, ma molto serio. Serve per rendersi conto del proprio peccato, perché esso così perde forza, e riscoprendo le Grazie del Battesimo si apre una vita nuova, cioè per gli altri, in famiglia, nel mondo e nella Chiesa. E in questo percorso è indispensabile la comunità, che aiuta a rendere più forte la fede. Uno da solo rischia di naufragare”.