Nostra figlia di 11 anni ultimamente afferma che ha paura di crescere, che lei stava bene quando era più piccola e che non vuole in nessun modo diventare grande. All’inizio abbiamo preso queste frasi come se fossero uno scherzo, ma ora ci preoccupa perché non fa altro che ribadire che davanti a sé vede solo problemi e difficoltà. Il suo sogno sarebbe quello di tornare alla scuola dell’infanzia per non aver problemi da affrontare. Ci dobbiamo preoccupare?
SUSANNA
Cara Susanna, dalla tua lettera tutti noi vediamo sbucare una creatura affetta da “sindrome di Peter Pan”. Succede a volte che i preadolescenti invece di buttarsi in avanti e andare a lunghe falcate verso il futuro grazie alle nuove competenze di cui possono godere – ora che non sono più bambini – fanno l’esatto contrario. Ovvero, si muovono con il freno a mano, cercando di permanere il più possibile nella loro zona di sicurezza, quella che hanno abitato da bambini, in cui mamma e papà – e gli adulti in generale – si occupavano in toto di loro, assolvendoli da ogni responsabilità e proteggendoli in ogni modo. Proprio di recente ho letto il libro Iperconnessi di Jean Twenge (Einaudi), una sociologa che fornisce, con moltissimi dati scientifici, una visione dei nativi digitali – da lei definiti I-Gen, ovvero Generazione I-Phone – alla stregua di un sottogruppo soprattutto interessato a stare sicuro e protetto, meglio se tra le pareti domestiche. I ragazzi di oggi escono molto meno di casa dei loro coetanei di 20 e 30 anni fa, si buttano meno nella vita, alla scoperta degli altri. Vivono “iperconnessi”, appunto, ma alla fine tendono a non sviluppare mai quella muscolatura emotiva che permette loro di diventare grandi, mettendosi davvero in gioco e facendo le piccole grandi rivoluzioni che ogni preadolescente deve imparare a “combattere” per smettere di essere un pulcino “protetto” da chi gli vuole bene. Aiutate vostra figlia a non aver paura della sua crescita, favorite le occasioni sociali in cui si “butta” nella mischia dei coetanei veri nella vita reale (e non in un social). Stimolatela a frequentare il gruppo dei preadolescenti della vostra parrocchia e, se è disponibile, anche un gruppo scout, il cui gusto per l’avventura rappresenta un antidoto naturale al bisogno di iperprotezione e sicurezza di cui soffrono i giovanissimi oggi. Leggete insieme il libro di Taddia e Baccalario Il manuale delle 50 (piccole) rivoluzioni per cambiare il mondo (Il castoro) che aiuta i ragazzi ad alzare lo sguardo, posarlo sugli altri e sul mondo, sfuggendo, in questo modo, al pericolo di rimanere degli eterni “sdraiati” spaventati dalla vita e iperprotetti da mamma e papà.