Molte sono le persone che, sebbene siano in grado di guidare, provano stati d’ansia al pensiero di mettersi al volante. Un generico disagio psicologico o la vera e propria paura di guidare sono più diffusi di quanto si pensi. Malessere generale, mal di testa, tachicardia, sudorazione eccessiva, agitazione, sensazione di nausea, sensazione di confusione, fame d’aria, tremori, vertigini, sono i sintomi più frequenti.
Il 33 per cento della popolazione soffre di paura e ansia alla guida con differenti livelli di gravità. Questa forma di disturbo psicologico è riscontrabile sia nella popolazione femminile sia in quella maschile adulta di tutte le fasce d’età e livello socioculturale. Da una forma più sopportabile di ansia si giunge fino alla paura paralizzante che impedisce del tutto di mettersi al volante. Questa manifestazione ansioso-fobica si identifica sotto il nome di amaxofobia. L’amaxofobia (dal greco amaxos, carro) è classificabile nel Dsm-5, il Manuale internazionale dei disturbi mentali, come fobia specifica, definita come una paura persistente, sproporzionata e irrazionale verso oggetti o situazioni specifiche. Si può presentare sia nell’esperienza diretta sia nell’immaginazione anticipatoria: il soggetto pur riconoscendo che la paura è esagerata rispetto al reale pericolo, tende a evitare o a sopportare l’esperienza fobica, esponendosi a un’azione altamente stressante.
Questa condizione può riguardare sia i neopatentati, che pur essendo capaci di guidare non si sentono in grado di farlo da soli, sia l’automobilista più maturo che nel corso della propria esperienza di guida è stato esposto a un rischio o a un vero e proprio incidente. L’ansia eccessiva può ridurre anche la capacità di apprendimento e interferire su un atto motorio, quello della guida, che prevede continua attenzione ed equilibrio emotivo, contribuendo in tal modo a rinforzare il circolo vizioso della fobia. Le manifestazioni dell’amaxofobia possono essere molteplici: la paura di guidare in assenza di una persona specifica al proprio fianco; la paura di condurre di notte o quando è buio; la paura di andare in autostrada e su strade a scorrimento veloce; la paura di attraversare gallerie; la paura dei ponti, sottopassaggi, cavalcavia; la paura di guidare nel traffico, di allontanarsi oltre una certa distanza da casa; la paura di portare bambini in macchina o di incontrare grossi camion.
Le possibili cause sono di diversa natura: la fobia rientrerebbe all’interno di un quadro generale di disturbo d’ansia o essere correlata a un disturbo claustrofobico (paura di rimane bloccati in galleria, sottopassaggi o nel traffico) o agorafobico (intesa come paura di non trovare un riparo e una via di fuga), o essere correlata a un’esperienza vissuta come traumatica, come nel caso degli incidenti causati o subiti, sia nella posizione di passeggero che in quella di conducente del veicolo. Colui che a causa di questa fobia evita di mettersi al volante, compromette significativamente il proprio funzionamento sociale e lavorativo, rinunciando a una serie di attività e limitando la propria autonomia con il conseguente aumento della dipendenza da altri. I sintomi tipici a volte possono comparire sotto forma di ansia anticipatoria, quindi già prima di entrare in auto, mentre negli altri casi sopraggiungono quando si è già al volante. Gli scenari catastrofici classicamente descritti dall’amaxofobico riguardano la presunta perdita di controllo dell’auto a causa di un attacco di panico, l’incapacità di evitare gli altri veicoli, la necessità di abbandonare la propria auto in preda a una crisi claustrofobica e di non riuscirci, la perdita dell’orientamento, l’incapacità di condurre in modo competente il proprio mezzo. Ogni automobilista presenta una storia e un quadro clinico a sé, pertanto la riabilitazione psicologica può avvenire solo dopo aver compreso i fattori causali specifici per quel caso. L’obiettivo è quello di desensibilizzare il soggetto rispetto ai fattori di mantenimento della fobia e aiutarlo a costruire o a riconoscere le abilità necessarie per riprendere la guida.
Il trattamento la cui efficacia è dimostrata da evidenze scientifiche è costituito dalla terapia cognitivo comportamentale. Lo psicoterapeuta riconosce il nucleo del disagio in una serie di pensieri e comportamenti disfunzionali che mantengono il disturbo, aiuta il paziente a consapevolizzarli e, con tecniche basate sull’esposizione graduale allo stimolo fobico, ottiene una progressiva desensibilizzazione.
Un’altra procedura d’intervento molto diffusa nei Paesi anglofoni e in crescita anche in Italia, è quella che si basa sull’uso dei simulatori attraverso la realtà virtuale, che consentono di effettuare la terapia mentre il paziente si espone alla guida virtuale. L’ultima tappa di questi interventi è comunque sempre quella dell’esposizione dal vivo all’esperienza temuta: per questa ragione molte scuole guida iniziano ad avvalersi della figura dello psicoterapeuta che affianca l’istruttore alla guida nei casi in cui esiste un disagio psicologico.