Sulle spalle ha 15 mila ore
di volo, che significano
ben due anni passati tra
le nuvole a pilotare un
aereo. Giuseppe Lapenta,
56 anni, ha raggiunto
il massimo della carriera.
Comandante di un’importante
compagnia di linea che fa
voli intercontinentali, ha iniziato
all’Aeroclub di Varese a 20 anni e oggi,
sulla tratta Milano-New York, trasporta
fortunati passeggeri che forse
non sanno di avere oltre a un bravo
pilota anche, grazie alla sua laurea in
Psicologia, un esperto nella “paura di
volare”, tema che tanti di noi conoscono
e provano sulla propria pelle.
100 cose da sapere per volare sereni
(De Agostini) è il titolo del volume
scritto a quattro mani con lo psicoterapeuta
Alberto Pellai. Un vero e proprio
tesoro di informazioni e curiosità
sui viaggi in aereo, ma altrettanto ricco
di utili consigli per coloro che tremano
al solo pensiero di salire su un
velivolo e, una volta a bordo non riescono
a controllare il panico.
Come si può imparare a superare
la paura di volare?
«Se si razionalizza e si fa tesoro
delle informazioni che gli esperti possono
fornire, si può capire che l’aereo
è un mezzo sicuro. Il mio primo consiglio
è informarsi e fare domande Certo, poi dipende dal tipo di paura.
Dalla sfera personale di ciascuno. C’è
chi non sopporta il non avere controllo
di tutto e in aereo si deve affidare
ad altri. O c’è chi ha vissuto male certi
distacchi (lutti o abbandoni) nella propria
vita, per cui lo staccarsi da terra
rappresenta qualcosa di problematico.
Nel libro si illustra quello che viene
insegnato nei numerosi corsi contro la
paura di volare tenuti dalle varie compagnie
aeree».
Qual è la paura più diffusa?
Credo che le turbolenze siano
causa di grande terrore durante il
viaggio. Ma nessun aereo è caduto per
questo. Al massimo ha dovuto effettuare
un atterraggio. L’importante,
se le turbolenze sono forti, è avere le
cinture allacciate per non farsi male in
seguito agli scossoni».
Che ruolo deve avere l’equipaggio
nel tranquillizzare i passeggeri?
«Chi soffre nel non potere controllare
la situazione fa fatica a pensare
di affidarsi a sconosciuti. Per questo
alcuni passeggeri, appena sentono la
voce del comandante, si tranquillizzano.
Per l’uso della voce, che dà il benvenuto
e le informazioni di volo, ci sono
delle linee guida e dei test prestabiliti.
Molto dipende comunque dalla sensibilità
del personale».
E lo stesso vale per le hostess e gli
steward?
«Hanno un ruolo chiave. Il viso e le
espressioni degli assistenti di cabina
sono fondamentali per chi ha paura.
Io consiglio anche di comunicare al
personale che assiste i passeggeri la
propria paura. In tal caso si crea una
relazione empatica e si ricevono attenzioni
e carinerie che servono per rilassarsi.
Fare domande anche tecniche
può, poi, aiutare a capire»
Lei ha mai avuto paura?
«Quando si incontrano momenti
impegnativi dal punto di vista tecnico
si è talmente concentrati nel gestire
le situazioni anomale e superarle che
francamente non c’’è spazio per provare
paura».
Che caratteristiche deve avere un
buon pilota?
«Essere normale. Semplicemente,
avere la capacità di mantenere l’equilibrio
in situazioni di stress».
Per tranquillizzare i più fifoni
cosa possiamo dire sui controlli che
affrontano i piloti perché siano monitorate
capacità e salute?
«Innanzitutto i due piloti si controllano
vicendevolmente durante il
volo. Ci sono anche controlli “spot” su
assunzioni di droghe e alcolici, un po’
come si fa per l’antidoping. Abbiamo
poi la spada di Damocle dei test tecnici
da superare ogni sei mesi. Sono prove
al simulatore di volo con cui dimostrare
di saper controllare le situazioni
critiche come l’avaria o l’atterraggio di
emergenza. Infine annualmente, fino
a 60 anni, ci sono quelli medici. Sono
fiscali. Basta avere il colesterolo alto
per non volare».
E per quanto riguarda il controllo
della salute psicologica?
«Dopo il disastro della German
Wings, in cui il pilota ha deciso di suicidarsi
schiantandosi contro la montagna,
in Europa si stanno instaurando
dei controlli psicologici periodici.
Prima di questa tragedia ce ne era solo
uno all’inizio della professione».
Che accorgimenti bisogna avere
quando volano i bambini?
«I bambini non hanno paura. La
ereditano dai grandi o da eventi traumatici.
Ricordo una persona che ho
incontrato. Da adulta ha scoperto di
avere una paura incontrollabile. Si è ricordata
di avere fatto il suo primo volo
completamente da sola a quattro anni,
inviata a fare le vacanze da dei parenti
e affidata a una hostess come si fa con
i minori. Era una bambina e ha dovuto
gestire senza un adulto al suo fianco
questa nuova esperienza. Il risultato è
che da adulta non vuole più viaggiare
se non ha dei familiari vicini. I bambini
vanno sempre tranquillizzati».
Nel libro si parla anche degli aeroporti.
Non sono tutti uguali?
«Esistono aeroporti con piste particolari
per posizione e lunghezza. In
Italia quello di Firenze, per esempio,
ha una pista un po’ più corta degli altri.
Ma non c’è da preoccuparsi, il comandante
che l’affronta ha una preparazione
e un’autorizzazione speciale. E
bisogna mantenere tale abilitazione
facendo almeno un atterraggio al
mese. Vorrei invece sfatare il mito della
pericolosità di Punta Raisi a Palermo,
che in realtà è un aeroporto senza
particolari difficoltà».
Cosa sono le black list?
«Sono le liste in cui sono inseriti i
nomi delle compagnie aeree bandite
dai cieli d’Europa. Si tratta di compagnie
extracomunitarie che non rispettano
i nostri standard minimi per la
sicurezza. Nei viaggi esotici è meglio
informarsi sulle compagnie locali».
Qual è la sua tratta preferita?
«Quella che faccio più spesso. La
Milano-New York. Dopo un viaggio
intercontinentale si ha diritto a 24 ore
di sosta e la Grande Mela è una città facile
da raggiungere e visitare»