La cosa più facile e rapida da fare è stata pulire piazza San Carlo dai detriti. Molto più difficile sarà scuotersi di dosso la sensazione di insensatezza e di follia che s'è appiccicata all'anima delle persone e della città.Torino ha gli occhi bassi e il cuore triste. La notte che doveva essere di gioia è diventata un incubo. Effetto Heysel nel salotto barocco. L'ultimo bilancio parla di 1.527 feriti (molti già dimessi), ma di cui 3 gravi: tra loro Kelvin, un bambino di sette anni di origine cinese che però, stando a fonti mediche citate dai mass media, lunedì 5 giugno ha dato qualche segnale di miglioramento. Le prime squadre specializzate dei Vigili del fuoco intervenute hanno inviato un sommario rapporto iniziale al proprio comando e alla Prefettura quando l'orologio segnava le 22,24. Alcune cose sono certe. La ringhiera che proteggeva l'ingresso del parcheggio sotterraneo di piazza San Carlo (quello lato via Alfieri, la via delle banche e della Posta centrale) ha ceduto, non reggendo l'urto della folla: molti sono caduti sui gradini di cemento dopo un volo di tre metri, a loro volta schiacciati da altre persone che sono finite giù, di sotto. I casi più gravi sono questi. Ma le immagini trasmesse in tv mostrano anche un'altra ondata di persone in fuga a cominciare dal lato opposto della piazza. E' successo prima? E se sì, perché? Davvero è stato fatto esplodere un petardo? Davvero c'è stato qualcuno che s'è messo a gridare "una bomba, una bomba"? L'inchiesta, si spera, darà risposte a queste domande. In Questura ai continuano a visionare immagini e ad ascoltare testimoni.
Torino. In questa immagine dell'agenzia Ansa, piazza San Carlo come si presentava nella tarda serata di sabato 3 giugno e com'era ieri, domenica 4 giugno.
Rimane l'amaro di alcune riflessioni. Viviamo un'epoca soffocata da psicosi collettive. L'Isis non deve scomodarsi: basta sapere che c'è e che agisce. Il resto lo fa la paura. Via via, scappa. Non stai a chiederti se è vero, verosimile o falso l'allarme attentato che un vicino, mai visto prima, ti urla nelle orecchie. Tu corri via. Punto. Questo terrore strisciante e diffuso, però, insegna poco. A Torino si fa polemicamente osservare che mancavano le vie di fuga (e in piazza San Carlo s'erano accalcate migliaia di persone: nessuno ha studiato cos'è successo a Manchester, il 22 maggio, meno di un mese fa?) e che, viceversa, c'erano tante, troppe bottiglie di vetro sfuggite ai controlli. Finite in frantumi nella calca sono diventate armi da taglio micidiali. Infine, la cosa che più strazia chi lavora per una Torino, per un Piemonte, per un'Italia solidale. Diverse case sulla piazza e nelle strade del centro (via Roma, via Arcivescovado, via Giolitti, via Santa Teresa, via Maria Vittoria) hanno accolto le persone terrorizzate che fuggivano, le hanno rifocillate, le hanno tranquillizzate, hanno prestato loro un telefonino per chiamare casa. Esattamente come hanno fatto i cittadini di Parigi, di Monaco di Baviera e di Manchester. Senso civico, altruismo, carità: ognuno usi le parole a lui più care. Molte porte, a Torino, sono però rimaste desolantemente chiuse. E' brutto allora trovarsi a piangere non tanto per una sconfitta sportiva ma per la sconfitta del buon senso con quel suo corollario di valori fondamentali che siamo stati fin qui abituati a chiamare civiltà.