La corruzione nuoce alla salute. E le cifre lo confermano. Secondo la Rete europea contro le frodi nel settore sanitario, nel 2012 il 5,6 per cento delle risorse europee investite in sanità è andato perso in illegalità e tangenti. In Italia, nel triennio 2010-2012, sono stati accertati dalla Guardia di finanza reati per oltre un miliardo e mezzo di euro, con i quali si sarebbero potuti costruire cinque nuovi ospedali. Inoltre, sempre nel 2012, secondo la Corte dei Conti, i risarcimenti per le sentenze pronunciate in ambito sanitario hanno raggiunto un importo di oltre 45 milioni di euro. Numeri che fanno venire la pelle d’oca e che vengono sottratti, in ultima istanza, ai malati, l’anello debole della catena. Per fermare questa emorragia di risorse, le associazioni Libera e Gruppo Abele hanno lanciato “Salute: obiettivo 100% per aziende sanitarie trasparenti”, un’iniziativa della campagna “Riparte il futuro”.
Scopo del progetto mettere in atto un monitoraggio “civico”, “dal basso”, dell’operato di ospedali e Asl. Per cominciare, è stata organizzata una petizione per sollecitare il rispetto da parte delle 237 aziende sanitarie italiane della legge 190/2012, che prevede di: nominare il responsabile locale anticorruzione, predisporre il Piano triennale anticorruzione, fornire informazioni sui vertici aziendali (direttori generale, sanitario, amministrativo). In poco meno di due mesi, dal 9 dicembre 2013 al 31 gennaio 2014, oltre 127 mila le firme raccolte, tramite il sito www.riparteilfuturo.it e in oltre cento punti sparsi per il Paese. Forti di questo risultato, gli organizzatori della campagna stanno ora dialogando con l’Autorità nazionale anticorruzione (Anac), affinché svolga il suo ruolo di controllo e sanzione.
Nel contempo, la campagna monitora anche lo stato di applicazione dei tre parametri normativi nelle varie regioni. La più trasparente (100 per cento) è la Basilicata, seguita da Friuli Venezia Giulia (96 per cento), Valle d’Aosta (89 per cento), Liguria (82 per cento). Tra le meno virtuose Calabria (41 per cento) e Marche (46 per cento). Fanalino di coda la Campania, ferma a quota 26 per cento. Percentuali, queste, destinate ad aumentare a mano a mano che le regioni si adegueranno alle prescrizioni di legge sollecitate anche dalla petizione. «Il nostro intento è quello di tutelare e difendere da opacità e illegalità un Servizio sanitario pubblico che dal 1978 garantisce cure e assistenza ai cittadini, costituendo un vero e proprio patrimonio del nostro Paese», spiega don Luigi Ciotti, presidente di Libera e Gruppo Abele. «Gli strumenti previsti dalla legge vanno applicati subito e bene in tutte le aziende sanitarie. Vogliamo che non vengano concesse proroghe e che i rinvii non siano la norma. In gioco ci sono la tenuta di un sistema sanitario universalistico, la professionalità di tantissimi operatori sanitari, la nostra salute».