Josef Wesolowski. Foto Ansa.
Sarà
il primo processo per pedofilia in Vaticano. Si apre l’11 luglio
prossimo e alla sbarra va l’ex-nunzio apostolico nella Repubblica
domenicana Josef Wesolowski, arrestato il 22 settembre 2014 dalla
Gendarmeria vaticana e che attualmente si trova un regime di
semilibertà all’interno delle mura vaticane. E’ il primo vescovo
ad essere processato in Vaticano con la seria possibilità di finire
in carcere. Due sono i reati di cui è accusato il nunzio: abusi sui
minori e detenzione di materiale pedopornografico. Rischia fino a
sette anni di carcere, escluse eventuali aggravanti.
Il rinvio a
giudizio era stato chiesto dall’Ufficio del Promotore di giustizia,
che è il pubblico ministero vaticano, al Tribunale dello Stato della
Città del Vaticano. Il 6 giungo il presidente del Tribunale il
professor Giuseppe Dalla Torre, ha accolto la richiesta e stabilito
la data del processo. La detenzione di materiale pedopornografico è
un reato introdotto nella legislazione vaticana da papa Francesco con
la legge numero VIII del 2013. A Wesolowski è stato infatti trovato
materiale del genere al momento dell’arresto nel 2014. Per il reato
di abusi sessuali, commessi durante la sua funzione di nunzio
apostolico, il quadro di accusa si basa sul materiale probatorio
trasmesso dall’Autorità giudiziaria di Santo Domingo. L’imputato
è stato rappresentante pontifico dal 2008 al 2013.
Il portavoce
vaticano padre Federico Lombardi ha spiegato che con il decreto del 6
giugno si è manifestata “la volontà di procedere”. Padre
Lombardi non ha eslcluso che per il “definitivo accertamento dei
fatti” il Tribunale possa procedere con “eventuali forme di
cooperazione giudiziaria internazionale”. Il portavoce ha rivelato
che l’ex-nunzio è stato sottoposto a due interrogatori ( di uno
già si sapeva) e ha ricordato che il procuratore generale di Santo
Domingo era già stato in Vaticano nel 2014 per incontrare i giudici.
Wesolowski ha già subito una condanna canonica, contro la quale ha
presentato appello.
L’arresto di Wesolowski era stato possibile
perché la giurisdizione penale vaticana si estende anche a reati
commessi fuori dal Vaticano da persone che hanno un particolare
legame con la Curia vaticana, come i nunzi apostolici. Il Papa era
stato informato dei fatti poco prima del viaggio in Brasile per la
Gmg. Aveva chiesto una relazione al cardinale di Santo Domingo
Nicolas Lopez Rodriguez e al ritorno dal Brasile aveva convocato il
nunzio, che è stato sospeso dall’immunità diplomatica. Le prime
denuncie erano arrivate dai media di Santo Domingo. La Procura
domenicana aveva aperto un fascicolo. Il nunzio adescava ragazzi
nelle spiagge dell’isola e fuori dai locali della capitale.
Insieme
a lui anche un prete polacco, don Albert Gil, il cui nome polacco è
Wojciech, parroco di Juancalito, dove lavorava con i bambini poveri e
dove il nunzio si è più volte recato. I racconti fatti agli
inquirenti dai testimoni sono raccapriccianti. Il sacerdote polacco
dopo le accuse è rientrato in Polonia dove è stato arrestato,
processato e condannato. La linea della tolleranza zero nei confronti
della pedofilia e di chi nasconde i casi intanto prosegue senza
compromessi. Lunedì 15 giugno il Papa ha accettato le dimissioni del
vescovo e dell’ausiliare di Minneapolis negli Stati Uniti, mons.
John Clayton Nienstedt e Lee Anthony Pichè, commissariando la
diocesi. I due sono accusati di aver insabbiato accuse di abusi
sessuali commessi dai sacerdoti della loro diocesi. Potrebbero essere
processati in Vaticano dal Tribunale voluto da Papa Francesco per i
vescovi che coprono casi di abuso sessuale.