logo san paolo
sabato 10 giugno 2023
 
pedofilia
 

«Vademecum» vaticano per i vescovi: ok anche a denunce anonime

16/07/2020  La Congregazione per la Dottrina della Fede pubblica un "Manuale di istruzioni" per guidare, passo dopo passo, chi deve procedere all’accertamento della verità quando un minore subisce abusi da parte di un sacerdote o di un religioso. Il testo è l’ultimo frutto del vertice voluto dal Papa in Vaticano dal 21 al 24 febbraio del 2019 con i presidenti delle Conferenze episcopali di tutto il mondo. Nessuna nuova norma, ma molti dettagli operativi che delineano un quadro rigoroso

Con un dettagliatissimo «manuale di istruzioni» (164 paragrafi) il Vaticano fornisce ai vescovi di tutto il mondo stringenti indicazioni operative per trattare i casi di abuso sessuale sui minori raccomandando tra l’altro di non «cestinare» le denunce anonime o quelle emerse sui social network, di non spostare un prete sospetto di parrocchia in parrocchia e di inoltrare le denunce alle autorità civili «ogni qualvolta ritenga che ciò sia indispensabile per tutelare la persona offesa o altri minori dal pericolo di ulteriori atti delittuosi».  Il «Vademecum su alcuni punti di procedura nel trattamento dei casi di abuso sessuale di minori commessi da chierici a cura della congregazione per la Dottrina della fede» è l’ultimo frutto del vertice sulla pedofilia voluto dal Papa in Vaticano dal 21 al 24 febbraio del 2019 con i presidenti delle Conferenze episcopali di tutto il mondo.

«La storia recente attesta la maggiore attenzione della Chiesa a questa piaga», scrive il cardinale Luis Francisco Ladaria, prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, presentando il documento. «La strada della giustizia non può da sola esaurire l’azione della Chiesa, ma è necessaria per giungere alla verità dei fatti. Si tratta di una strada articolata, che si addentra nel fitto bosco delle norme e della prassi, di fronte alla quale Ordinari e Superiori si trovano talvolta nell’incertezza della direzione da seguire. Ecco dunque il Vademecum, scritto innanzitutto per loro, oltre che per gli operatori del diritto che li aiutano nella trattazione dei casi. Non si tratta di un testo normativo: nessuna nuova legge viene promulgata, nessuna nuova norma emanata. Si tratta invece di un “manuale di istruzioni” – precisa il gesuita spagnolo – che intende prendere per mano chi deve trattare concretamente i casi dall’inizio alla fine, ovvero dalla prima notizia di un possibile delitto (notitia de delicto) alla conclusione definitiva della causa (res iudicata). Tra questi due estremi vi sono tempi da osservare, passaggi da compiere, comunicazioni da attivare, decisioni da prendere». Da qui, si legge nella prefazione del vademecum, un aiuto indirizzato a vescovi e superiori religiosi per «meglio comprendere e attuare le esigenze della giustizia su un delictum gravius che costituisce, per tutta la Chiesa, una ferita profonda e dolorosa che domanda di essere guarita».

Nessuna nuova norma, dunque, ma nelle pieghe del lungo articolato vi sono molti dettagli operativi che delineano un quadro rigoroso al quale, d’ora in poi, sarà opportuno che i vescovi di tutto il mondo si conformino nel perseguire la pedofilia.  Dopo aver precisato «Che cosa configura il delitto», come si è andato definendo nella normativa e nella giurisprudenza canonistica negli ultimi decenni, nella prima sezione, il vademecum risponde, nella seconda sezione, alla domanda «Che cosa fare quando si riceve un’informazione su un possibile delitto (notitia de delicto)?». Significativamente, l’ex Santo Uffizio precisa che «non è necessario che si tratti di una denuncia formale» e che può anche essere «diffusa dai mezzi di comunicazione di massa (ivi compresi i social media)» o «giungere a sua conoscenza tramite le voci raccolte». Inoltre, «talvolta, la notitia de delicto può giungere da fonte anonima, ossia da persone non identificate o non identificabili. L’anonimato del denunciante non deve far ritenere falsa in modo automatico tale notitia; tuttavia, per ragioni facilmente comprensibili, è opportuno usare molta cautela nel prendere in considerazione tale tipo di notitia, che non va assolutamente incoraggiato. Allo stesso modo, non è consigliabile scartare aprioristicamente la notitia de delicto che perviene da fonti la cui credibilità può sembrare, ad una prima impressione, dubbia». Come spiega il segretario della Dottrina della fede, monsignor Giacomo Morandi, in una intervista ad Andrea Tornielli per Vatican News, «ci si è resi conto che un atteggiamento perentorio in un senso o in un altro non giova alla ricerca della verità e alla giustizia. Come cestinare una denuncia che, seppure anonima, contiene prove certe (es. foto, filmati, messaggi, audio…) o almeno indizi concreti e plausibili della commissione di un delitto? Ignorarla solo perché non firmata sarebbe iniquo. D’altra parte: come accettare per buone tutte le segnalazioni, anche quelle generiche e senza mittente? In questo caso procedere sarebbe inopportuno. Occorre dunque compiere un attento discernimento. In linea generale non si dà credito alle denunce anonime, ma non si rinuncia a priori a una loro prima valutazione per vedere se vi siano elementi oggettivi ed evidenti determinanti, quello che nel nostro linguaggio chiamiamo fumus delicti». Il vademecum precisa, ancora, che il confessore che, durante la celebrazione del Sacramento, viene informato di un delictum gravius, deve cercare «di convincere il penitente a rendere note le sue informazioni per altre vie, al fine di mettere in condizione di operare chi di dovere».

Inoltre, sebbene, come spiega lo stesso monsignor Morandi, «non si può dare una risposta univoca» circa l’obbgliatorietà della denuncia alle autorità civili, poiché «in alcuni Paesi la legge prevede già questo obbligo, in altri no», il Vademecum prescrive, comunque, che «anche in assenza di un esplicito obbligo normativo, l’autorità ecclesiastica presenti denuncia alle autorità civili competenti ogni qualvolta ritenga che ciò sia indispensabile per tutelare la persona offesa o altri minori dal pericolo di ulteriori atti delittuosi». Il documento vaticano dettaglia quali azioni il vescovo deve intraprendere quando si è ricevuta una notitia de delicto, e specifica, tra l’altro, che «la congregazione per la Dottrina della fede, per proprio giudizio, per esplicita richiesta o per necessità, può anche chiedere ad un Ordinario o a un Gerarca terzo di svolgere l’indagine previa». Inoltre, «l’indagine previa canonica deve essere svolta indipendentemente dall’esistenza di una corrispondente indagine da parte delle autorità civili».

Il Vademecum approfondisce lungamente estensione, modalità e limiti dell’indagine previa e ricorda tra l’altro che in questa fase «si è tenuti all’osservanza del segreto di ufficio. Va ricordato tuttavia che a chi effettua la segnalazione, alla persona che afferma di essere stata offesa e ai testimoni non può essere imposto alcun vincolo di silenzio riguardo ai fatti». Non solo: «E’ assolutamente necessario che, in questa fase, si eviti ogni atto che possa essere interpretato dalle presunte vittime come un ostacolo all’esercizio dei loro diritti civili di fronte alle autorità statali». E’ prevedibile, sempre in questa fase, l’imposizione di misure cautelari, che «l’aspetto non penale della misura deve essere ben chiarito all’interessato, per evitare che egli pensi di essere già stato giudicato o punito prima del tempo». «E’ da evitare – precisa ancora il testo – la scelta di operare semplicemente un trasferimento d’ufficio, di circoscrizione, di casa religiosa del chierico coinvolto, ritenendo che il suo allontanamento dal luogo del presunto delitto o dalle presunte vittime costituisca soddisfacente soluzione del caso». Il Vademecum ricorda a questo punto con grande dovizia di particolari cosa avviene a conclusione dell’indagine, il processo penale così come la via più spedita del processo penale extragiudiziale, le varie sanzioni possibili come la possibilità di assolvere l’accusato o di non giungere ad una prova certa della sua colpevolezza, i vari gradi di giudizio con i possibili appelli fino a giungere al Papa. Va notata anche la possibilità, ricordata dal vademecum, che, come spiega monsignor Morandi, «là dove il chierico riconosce il delitto e la propria inidoneità a continuare il ministero può chiedere di essere dispensato. Così resta sacerdote (il sacramento non si può revocare o perdere) ma non più chierico: esce dallo stato clericale non per dimissione ma con una sua consapevole richiesta rivolta al Santo Padre. Sono vie differenti che raggiungono il medesimo risultato quanto a condizione giuridica della persona: un ex-chierico che non potrà mai più presentarsi come ministro della Chiesa».

Le linee guida sono l’ultima delle misure che erano state preannunciate a conclusione del vertice sulla pedofilia voluto dal Papa in Vaticano dal 21 al 24 febbraio del 2019 con i presidenti delle conferenze episcopali di tutto il mondo. Lo stesso Pontefice aveva suggerito, nelle sue riflessioni conclusive, di «elaborare un vademecum pratico nel quale siano specificati i passi da compiere a cura dell’autorità in tutti i momenti chiave dell’emergenza di un caso». Il gesuita Federico Lombardi, ex portavoce vaticano nonché moderatore di quello storico appuntamento, aveva indicato allora che questo vademecum avrebbe aiutato «i vescovi del mondo a comprendere chiaramente i loro doveri e i loro compiti». Dal febbraio 2019, però, Francesco ha introdotto una lunga serie di innovazioni normative e procedurali, che le linee-guida possono finalmente recepire. 

Il Pontefice argentino ha dapprima promulgato, il 29 marzo dello stesso 2019, norme penali anti-abusi sessuali per lo Stato della Città del Vaticano e la Curia romana, nunzi apostolici compresi, sotto forma di un Motu proprio «sulla protezione dei minori e degli adulti vulnerabili» e di una nuova legge (numero CCXCVII) – sino ad allora inesistente – con linee guida, analoghe alle linee-guida che adotta ogni Conferenza episcopale nazionale ma dedicate alla vita dei fedeli del Vicariato della Città del Vaticano. Due provvedimenti, questi, dal valore «esemplare», oltre che effettivo, per indicare alle Chiese nazionali uno stringente modello di regolamentazione interna, ancorché applicato allo Stato Pontificio. Il 9 maggio, con il motu proprio «Vos estis lux mundi», Voi siete la luce del mondo, il Papa ha poi ordinato ed aggiornato la normativa anti-abusi valida per l’intera Chiesa cattolica, introducendo, tra l’altro, l’obbligo per preti e religiosi di denunciare gli abusi al loro vescovo, rafforzando il ruolo dell’arcivescovo metropolita nelle indagini, sancendo il divieto di imporre il vincolo del silenzio, e raccomandando che ogni diocesi si doti di un sistema facilmente accessibile al pubblico per ricevere le segnalazioni. Il 17 dicembre del 2019, ancora, con due «rescritti» a firma del cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin, Papa Francesco ha abolito il segreto pontificio nei casi di violenza sessuale e di abuso sui minori commessi dai chierici, e ha anche deciso di cambiare la norma riguardante il delitto di pedopornografia facendo ricadere nella fattispecie dei «delicta graviora», i delitti più gravi, la detenzione e la diffusione di immagini pornografiche che coinvolgano minori fino all’età di 18 anni. A fine febbraio scorso, infine, la Santa Sede ha presentato una task force, coordinata dal maltese Andrew Azzopardi, che fornirà supporto alle Conferenze episcopali e agli ordini religiosi di tutto il mondo per implementare le misure di contrasto e prevenzione degli abusi sessuali compiuti da preti e religiosi. Il Vaticano aveva già normato la questione degli abusi sessuali con il motu proprio di Giovanni Paolo II Sacramentorum Sanctitatis Tutela del 2001, aggiornate nel 2010 da Benedetto XVI, e Francesco era già intervenuto con un primo giro di vite normativo nel 2013.

Adesso arrivano le «linee guida» della congregazione per la Dottrina della fede per fornire ai vescovi di tutto il mondo indicazioni operative per applicare correttamente le norme canoniche esistenti quando emerge un caso di abuso sessuale. Come afferma il cardinale Ladaria, «il Vademecum viene oggi consegnato nella sua prima versione, chiamata “1.0”: un numero che prevede futuri aggiornamenti. Essendo un “manuale”, esso dovrà seguire gli eventuali sviluppi della normativa canonica, adattandosi ad essa». Come spiega monsignor Morandi, il fenomeno degli abusi sessuali sui minori da parte di chierici «è presente in tutti i continenti, e ancora si assiste all’emergere di denunce di fatti antichi, talvolta anche di molti anni. Certo, alcuni delitti sono anche recenti. Ma quando terminerà questa fase di “emersione” del passato, sono convinto (e tutti lo speriamo) che il fenomeno a cui assistiamo oggi potrà rientrare. Va detto però che la via della verità e della giustizia è una delle vie di risposta della Chiesa. Necessaria sì, ma non sufficiente. Senza una adeguata formazione, un attento discernimento, una serena ma decisa prevenzione essa da sola non potrà sanare questa ferita a cui oggi assistiamo».

 

 
 
Pubblicità
Edicola San Paolo