E' sempre la Cina il Paese che uccide di più. Lo conferma il Rapporto annuale sulla pena di morte presentato da Amnesty International. Secondo l'organizzazione che tutela i diritti umani, nel 2012 le esecuzioni nel mondo sono state 682, due in più rispetto all'anno precedente. Ma in questo conto mancano i dati sulla Cina, che mantiene il segreto di Stato sull'uso della pena capitale e che, anche l'anno scorso, "ha messo a morte più persone che in tutto il resto del mondo messo insieme".

Dopo la Cina c'è l'Iran, con 314 esecuzioni, quindi l'Iraq, dove l'anno scorso le esecuzioni sono state 129, quasi il doppio rispetto al 2011. Seguono Arabia Saudita (79), Stati Uniti (43) e Yemen (28). Molte di queste escuzioni si svolgono in pubblico (ad esempio in Iran e in Arabia Saudita) e fra i reati puniti ci sono l'adulterio e la blasfemia. I metodi di esecuzione più usati sono la decapitazione, l'impiccagione, l'iniezione letale e la fucilazione. Scendendo nei dettagli è il Medio Oriente l'area del pianeta più "preoccupante" con 557 condanne a morte eseguite, il 99% delle quali in Iran, Iraq, Arabia Saudita e Yemen, mentre in Egitto e Siria non è stato possibile determinare l'applicazione della pena capitale.

In Asia, oltre che in Cina, il boia ha colpito in Giappone (7 esecuzioni), Corea del Nord (6) e Taiwan mentre India e Pakistan sono tornate a ricorrere alla pena capitale - entrambe una volta - rispettivamente dopo otto e quattro anni. In Africa preoccupa il dato del Gambia, dove dopo tre decenni sono state giustiziate 9 persone in solo giorno, mentre il primato di esecuzioni nel continente africano spetta al Sudan, con 19 esecuzioni. In Europa la pena di morte è applicata soltanto in Bileorussia (3 esecuzioni), mentre nelle Americhe il primato resta quello degli Stati Uniti con 43 esecuzioni, stessa cifra del 2011 ma registrata in nove Stati invece dei 13 dell'anno precedente.