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domenica 01 dicembre 2024
 
ATTORE A 75 ANNI
 

La sorpresa dei film di Natale è Peppino Di Capri

17/12/2015  Nella divertente commedia "Natale col boss", il cantante napoletano stupisce tutti con un doppio ruolo di esilarante simpatia. Ripubblichiamo allora l'intervista che ci ha rilasciato all'inizio di quest'anno, anche perché il suo legittimo desiderio di essere invitato a Sanremo è ancora valido. Vero Carlo Conti?

A 75 anni Peppino Di Capri conserva l’aria dell’eterno ragazzo che, davanti alla tastiera del pianoforte, può regalarci una canzone romantica o anche improvvisare un indiavolato twist. Ha cominciato la sua carriera 57 anni fa e non si è ancora stancato di fare musica. L’Acchiappasogni è il titolo del suo nuovo album appena uscito.

- Peppino, perché questo titolo?
«Mi sono ispirato al dreamcatcher, “l’acchiappasogni” appunto, vale a dire quell’oggetto che gli indiani d’America appendono fuori dalle loro tende quando nasce un bambino, allo scopo di bloccare i brutti sogni e far filtrare solo quelli buoni per il neonato. In questo disco volevo far passare le canzoni buone, quelle giuste, insomma i classici “peppiniani”».

- Ci spiega quali sono le canzoni giuste secondo lei?

«Quella adatte a me, che non mi buttano fuori dal mio stile e dal mio genere. Non devo mai cadere in questa tentazione, con il rischio di fare esperimenti azzardati».

- Quali sono i segreti del suo intramontabile successo?
«Direi che prima di tutto c’è una professionalità controllata. Cerco di non montarmi la testa e di essere gentile con il pubblico. Ho molta pazienza nel farmi fotografare con le persone che mi cercano e nel firmare autografi, credo che questo mio atteggiamento traspiri anche nel mio linguaggio musicale. Purtroppo ho il grosso difetto di esser timido e spesso questa timidezza può sembrare una forma di superbia. Poi aggiungerei la timbrica vocale, che è rimasta abbastanza fedele a quella dei miei 18 anni. Questo è un miracolo della natura di cui devo ringraziare papà e mamma».

- Lei viene da una famiglia, da parte paterna, di musicisti. Ma è vero che da ragazzo lei venne cacciato dalla sua insegnante di pianoforte?
«Sì. Mi cacciò letteralmente dal suo studio quando scoprì che la sera andavo a suonare nei locali di Capri. Lei si era insospettita perché vedeva che a ogni lezione il mio polso non era fluido e leggero come lei voleva. Poi una notte suo marito mi incontrò in un stradina di Capri e mi chiese che cosa stessi facendo. Risposi che aspettavo mio padre, invece tornavo da un night dove suonavo. Sia chiaro, la musica classica mi piaceva, la apprezzavo, ma dentro di me covavo altro. Insomma, io già a 4 anni suonavo le canzoncine americane per il generale Clark, il comandante della Quinta Armata americana ».

Peppino Di Capri con Franco Califano (foto Ansa)
Peppino Di Capri con Franco Califano (foto Ansa)

Che cosa erano per lei gli Stati Uniti d’America a quei tempi?
«Mi hanno lasciato dentro una traccia profonda. Registravo dalle stazioni radio straniere tutte le novità discografiche. Ero sempre con le antenne ben dritte per capire che cosa girava di nuovo attorno alla musica».

- Tra i fenomeni di quegli anni ci furono i Beatles, che lei accompagnò nel loro tour italiano nel giugno del 1965. Come ricorda quell’esperienza?
«Sì, io facevo da supporter nella prima parte dei loro concerti. Ricordo soprattutto un bell’impatto di sonorità, ma loro erano inavvicinabili. Siamo riusciti a farci una foto insieme soltanto all’ultimo giorno del tour».

- Lei, fin dal suo nome d’arte, evoca Napoli, però non si è mai identificato strettamente con la tradizione napoletana. Si può dire che Peppino Di Capri ha fatto indossare il rock alla canzone napoletana?
«Sì, mi piace questa definizione. Direi che traspira sempre un pizzico di napoletanità in tutte le canzoni che faccio e sento in me sia la vena americana sia quella napoletanizzante. Fin da ragazzo ho cercato una fusione perfetta fra questi due mondi. Quando mia madre cantava le canzoni napoletane, io le arrangiavo in chiave più moderna per i miei coetanei. Poi loro pensavano che fossero canzoni mie».

- Quante volte ha cantato la famosa Champagne?
«Da quando è uscita, credo d’averla cantata tutti i giorni in cui ho lavorato. Insieme a Roberta è la mia canzone più popolare, anche all’estero. Arrivò solo al quinto posto su nove canzoni a Canzonissima, ma il pubblico la amò subito e dopo sei mesi stava ancora fra le prime della Hit parade».

- È ancora popolare all’estero?
«In Brasile mi adorano. Ho fatto un tour in varie città lo scorso novembre e ho sempre avuto standing ovation. Dicono che quando canto io capiscono tutte le parole. Meno male».

- Che cosa pensa dei talent show?
«Mi sembrano un modo come un altro per farsi conoscere. Tra i giovani emersi da questi show mi piace moltissimo Lorenzo Fragola, il vincitore di X Factor. Una voce nuova e originale, che non copia dagli altri, con una bella timbrica. Davvero fantastica».

- Oggi cantano un po’ tutti allo stesso modo?
«Forse non lo fanno apposta, però finiscono per assomigliarsi un po’ tutti. Magari la tua voce è molto più bella ma ti piace uno e canti alla sua maniera, fai di tutto per avvicinarti al suo modello e così perdi in originalità».

- Lei ha partecipato a 15 festival di Sanremo, vincendone due. Tornerebbe sul palco dell’Ariston?
«Certo, mi piacerebbe, però non da concorrente. Ci andrei volentieri per ritirare un premio alla carriera. Dopo 57 anni di onorata attività, sento proprio di meritarmelo»

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