Nata da un piccolo
gruppo appassionato
di “montagna”,
l’associazione
“iSempreVivi”
raccoglie una sfida
difficile e urgente.
Attraverso
le variegate relazioni
presenti nella vita
di una parrocchia
milanese, cerca
di favorire una
autentica esperienza
di riabilitazione
sociale dei malati
psichiatrici. Sempre
in crescita, il gruppo
associativo ha
potenziato l’offerta
dei servizi: dai
laboratori ai gruppi
appartamento.
La malattia psichiatrica è un mondo a sé. Parlare
di disagio mentale è come parlare di una galassia
composta da migliaia di pianeti e di stelle. La galassia
è la diagnosi primaria come la schizofrenia, il disturbo
bipolare o il borderline, mentre i pianeti e le
stelle sono le modalità diverse attraverso le quali ogni
persona vive la sua diagnosi psichiatrica. Da questo
semplicissimo paragone si comprende come parlare di
riabilitazione del disagio mentale significhi essenzialmente
porre l’accento sulla “creatività” degli operatori,
allo scopo di mettere in campo una pluralità di strategie
in grado di aiutare la persona nel suo specifico disagio.
L’idea de “iSempreVivi” è nata dall’inventiva di
un gruppo di quattro persone che ha fatto della passione
di andare in montagna, della ricchezza relazionale
di una comunità parrocchiale e della constatazione
che alcuni sintomi compulsivi variano al cambiare del
contesto sociale, il suo punto di forza.
L’originalità di questo gruppetto stava anche nella
sua composizione: un neo-laureato in ingegneria, un
prete psicologo e due giovani psicotici. Ed è così che
questo quartetto di amici, nel maggio 2004, recatosi al
rifugio Zamboni (Macugnaga), matura l’idea di organizzarsi
come associazione che fa della montagna un punto
di aggregazione. Oggi l’associazione “iSempreVivi” è
costituita da circa cinquanta persone, comprese tra i
ventidue e i sessant’anni, affette da diversi disturbi psichiatrici,
e da una trentina di volontari. Il suo scopo è
quello di fare riabilitazione sociale attraverso la realtà
parrocchiale. L’aspetto di assoluta novità consiste proprio
nel rendere la comunità ecclesiale soggetto attivo
della riabilitazione mettendo in campo le sue ricchezze
fatte di relazioni. Spesso gli interventi riabilitativi sostenuti
da alcune associazioni, pubbliche o private, pur nella
validità delle competenze professionali e degli strumenti
messi in gioco, pagano lo scotto di essere troppo
relegati entro un contesto protetto che, invece di favorire
l’integrazione sociale ne ostacola di fatto la realizzazione. Una struttura protetta,
infatti, può correre
il rischio di creare una socializzazione
solo fittizia
perché troppo controllata
e da variabili eccessivamente
prevedibili. L’associazione
“iSempreVivi” ha
preferito beneficiare della
realtà parrocchiale, quale
insieme di relazioni autentiche,
più spontanee e variegate.
Le persone affette
da disagio psichico de
“iSempreVivi” vivono infatti
la dimensione parrocchiale,
specie quella
dell’oratorio, in tutti i suoi
aspetti: prestano servizio
al bar, al cinema e al grest
estivo con i ragazzi, partecipano
alle diverse riunioni
di gruppo, alla Messa
domenicale e si incontrano
sul sagrato a chiacchierare
senza difficoltà.
In che modo la realtà
parrocchiale è diventata
così attenta e disponibile
alla malattia mentale? Attraverso
una costante e
precisa azione di formazione
e informazione. Parallelamente
alla nascita
dell’associazione, avvenuta
ufficialmente nel gennaio
2005, sul nostro “Informatore
Parrocchiale”
sono stati pubblicati diversi
articoli sul disagio mentale
e sulla riabilitazione
psichiatrica allo scopo di
scalfire i pregiudizi che avvolgono
questa malattia,
accanto ai dettagliati resoconti
delle iniziative de
“iSempreVivi”, in modo
particolare delle gite in
montagna. Di grande ricaduta
positiva sull’immaginario
collettivo sono stati
i convegni che l’associazione
organizza due volte
l’anno con lo scopo di far
cultura intorno alla malattia
psichiatrica, e che hanno
visto la partecipazione
diretta delle persone disagiate
e dei loro genitori:
sentire un giovane che
spiega cosa significhi per
lui essere un malato mentale
o ascoltare un genitore
che racconta il suo dolore
nel vivere insieme a
un figlio con diagnosi psichiatrica,
non lascia indifferenti.
Sta di fatto che oggi
la presenza di malati
mentali all’interno della
parrocchia non desta alcuna
preoccupazione, né
tra i genitori né tra i ragazzi
che frequentano l’oratorio.
Certo le cose non
sono lasciate al caso o
all’improvvisazione: la
presenza di psicologi o volontari
dell’associazione è
sempre garantita.
Un altro aspetto molto
importante ai fini della riabilitazione
sociale, è la settimana
bianca in montagna:
da cinque anni “iSempreVivi”
partecipano a
questa iniziativa oratoriana.
Circa una trentina di
malati mentali condivide
l’esperienza della neve,
degli sci e delle ciaspole,
con ragazzini della scuola
elementare e media e con
adolescenti e genitori.
Che cosa sorprende di
queste giornate? Le riunioni
serali, dove l’intero
gruppo eterogeneo interagisce,
discute e si confronta
su tematiche esistenziali
e dove i ragazzi, ascoltando
con attenzione i racconti
di sofferenze e paure,
ma anche di essenzialità
e di coraggio dei cosiddetti
“matti”, stemperano
ogni pregiudizio.
Nel corso di questi anni
il numero dei partecipanti
è aumentato notevolmente
e l’associazione ha
dovuto strutturarsi in modo
diverso. Nel 2009 si è
costituita Onlus, diversificandosi
in tre grossi rami.
A - “iSempreVivi lab”.
È la sezione coordinata
prevalentemente da volontari
che offrono il loro
tempo affinché le persone
disagiate trovino un valido
spazio sociale, unico
propulsore di riabilitazione.
È necessario, infatti,
che i nostri pazienti sperimentino
un luogo dove allenarsi
al gusto della relazione
gratuita, alla fatica
di elaborare un pensiero
socialmente condivisibile
e alla gestione delle proprie
emozioni non solo
all’interno di un setting
terapeutico. Compito dei
volontari, debitamente
formati, è quello di creare
una zona cuscinetto tra il
momento terapeutico
propriamente detto e la
società, con le sue ricchezze
e i suoi limiti. Gli incontri
tra volontari e pazienti
avvengono per lo più nei
locali e negli spazi parrocchiali
per non colludere
con il sintomo. Ne “iSempreVivi
lab” sono previsti
anche momenti canonici
costituiti da dieci laboratori
(cucina, cucito, arte
pittorica, giornalismo, letteratura,
informatica, cartonaggio,
giardinaggio,
educazione fisica, manualità)
ai quali si può accedere
liberamente, e da un
momento settimanale obbligatorio
di terapia di
gruppo condotto da psicoterapeuti
e da psichiatri;
quest’ultimo si conclude
con un momento conviviale
organizzato dai volontari.
Per ogni partecipante
viene redatta una
scheda di valutazione sulla
quale si elabora un progetto
individuale e si prendono
contatti con i Cps di
competenza. Nella strategia
de “iSempreVivi lab”
assumono poi molta importanza
le uscite: gite in
montagna a scadenza
mensile o periodi di vacanza
autogestiti. Per poter
accedere all’associazione
occorre essere preferibilmente
già in cura presso
un Cps o al Dipartimento
di Salute Mentale e rendersi
disponibili a un paio
di incontri conoscitivi.
B - “iSempreVivi Équipe”.
Il numero sempre
più alto di pazienti psichiatrici
partecipanti
all’iniziativa “lab” ha reso
necessario anche interventi
di psicoterapia individuale.
Inoltre, la sempre
maggior credibilità della
proposta psicologica che
l’associazione offre durante
la “Scuola dei Genitori”
(incontri a carattere psicopedagogico
sulla genitorialità
tenuti una domenica
al mese) ha visto poi incrementare
la richiesta sia
di consulenze brevi su problematiche
educative sia
di interventi di psicoterapia
a lungo termine. Per
far fronte a tutte le domande,
“iSempreVivi” ha
costituito un’équipe di
psicologi, psicoterapeuti
e psichiatri (composta da
dieci unità) con l’intento
di prendere in carico le diverse
problematiche.
Dopo un primo colloquio
obbligatorio, fatto
con il responsabile dell’associazione,
anch’egli psicoterapeuta,
la persona
viene inviata a uno dei
professionisti competenti.
L’équipe si riunisce
ogni venti giorni per un
momento di supervisione
sui casi presi in carico e
per organizzare gli incontri
mensili di supporto psicologico
con i familiari
dei pazienti psichiatrici.
C - “iSempreVivi casa”.
In un appartamento preso
in affitto e situato a pochi
metri dalla parrocchia, alcuni
pazienti dell’associazione
(massimo cinque) si
educano all’autonomia
personale e sociale. Per
ogni ospite è richiesta una
relazione di consenso da
parte dei Cps di competenza.
Il modulo abitativo viene
interamente gestito dagli
ospiti sotto la supervisione
di un’educatrice
professionale e di un gruppo
di volontari. Ai pazienti
spetta l’onere di riordinare
l’appartamento, fare
la spesa, pagare le bollette,
cucinare e organizzarsi
la giornata. Gli ospiti, che
provengono per lo più da
modelli familiari invischianti,
iperprotettivi o
svalutanti, devono educarsi
a riconquistare l’autostima
e la capacità di pianificare
la loro giornata. Le attività
lavorative o creative
che ogni ospite seguiva prima
dell’ingresso in “casa”
vengono mantenute, mentre
i momenti vuoti sono
coperti dalle attività de
“iSempreVivi lab”. Ogni fine
settimana si tiene un incontro
di verifica e viene
redatto il “giornale di bordo”
riportante difficoltà,
conflitti, paure, desideri e
obiettivi raggiunti dalle
singole persone. Una delle
maggiori preoccupazioni
dei genitori è: «Quando
non ci saremo più, cosa
faranno i nostri figli?».
Un sogno nel cassetto
de “iSempreVivi” è trovare
degli appartamenti per
creare dei moduli abitativi
permanenti dove le persone,
con disagio psichico
medio, potrebbero vivere
(in numero di tre o quattro)
sotto la discreta supervisione
dell’associazione.
La realtà de “iSempre-
Vivi Onlus” è la risultante
di un bellissimo intreccio
tra competenza psicologica,
volontariato e fede. La
comunità parrocchiale di
San Pietro in Sala pare
aver preso seriamente
questa sfida.