Linor Abargil e la regista Cecilia Peck.
Ora Linor Abargil è una bellissima mamma di trentaquattro anni. Si è laureata in legge e si occupa di diritto penale e in particolare di violenze sulle donne.
Ma qualcuno forse la ricorda allora, nel 1998, a diciotto anni, la corona di Miss Mondo appoggiata su una chioma di ricci ribelli rosso fuoco e tante lacrime. Non erano, però, le classiche lacrime da copione per l'emozione del momento. Ma lacrime di sgomento e anche di paura. La bellissima Miss Israele, appena eletta reginetta, e poco più che una ragazzina, portava i segni del trauma di ciò che le era accaduto poche settimane prima dell'incoronazione.
Lavorava allora come modella a Milano e voleva semplicemente tornarsene a casa. E in fretta, le mancava la sua bellissima famiglia. Sua mamma, con cui ha un rapporto davvero speciale, sua sorella, il papà. Una ragazzina appena maggiorenne lontana da casa. Un concittadino israeliano, tale Uri Shlomo, che lavorava in un'agenzia turistica a cui si era appoggiata, si offrì di accompagnarla all'aeroporto. Una scusa: lei venne legata e violentata. E da allora la sua vita è cambiata completamente. Cambiate le prospettive. Non più i sogni di una miss qualsiasi, quello di di fare delle pubblicità, finire su una copertina di un giornale glamour. diventare attrice o chissà...
Una scena tratta dal documentario, mostra Linor Abargil mentre parla con Julie, vittima di violenza a New York.
A raccontare il fragile, difficile, sofferto percorso di Linor, sotto forma di elegante ma commovente documentario, è un'altra donna, incontrata un giorno per caso, Cecilia, la dolcissima figlia del celebre attore Gregory Peck e della sua seconda moglie, l'artista e filantropa francese Véronique Passani. Cinquantasei anni, produttrice, regista, lei ha scelto il cinema di impegno sociale e dichiara "Ho imparato da mio padre. So che se lui fosse ancora qui, oggi sarebbe felice per me e orgoglioso di quello che sto facendo".
Il percorso di Linor Abargil, dalla fragilità della sua caduta al riscatto di donna, forte e impegnata fino allo stremo per combattere al fianco di chi ha vissuto come lei violenze e stupri, è raccontato con garbo, senza voyerismi. Come ci spiega l'italiana Elisa Bonora, co-produttrice del documentario e responsabile del montaggio, che lavora da anni a Los Angeles anche a fianco di registi come Oliver Stone: «Cecilia è stata in grado di rendere le telecamere praticamente trasparenti, nel seguire passo passo la vita di Linor e della sua famiglia. Ci sono voluti cinque anni per girare, anche perché, purtroppo, soldi per produzioni come queste è difficile trovarne a Hollywood. Le donne vengono dopo il football americano, il golf, il basket...».
Cecilia, con la grazia e la gentilezza che la contraddistingue, non vuole lamentarsi delle difficoltà incontrate, ma comunque, anche a Milano, senza pudore, chiede alla sala: «Se conoscete qualcuno alla Rai o a Sky che vuole trasmettere e produrre il nostro film e condividere questo progetto, ne saremo grate. Tutti i ragazzi e le ragazze dovrebbero vedere questo film , magari anche nelle scuole. Anche i più giovani e ingenui, come era Linor allora»