La chiamano "tassa sulle transazioni finanziarie". Nell'acronimo inglese suona "ftt", che sta per financial transaction tax. Ma è assai più comunemente conosciuta come "Tobin tax". E' questo lo strumento giusto
per finanziare in modo equo ed efficace la lotta ai cambiamenti climatici che non promettono nulla di buono, visti i processi di desertificazione in atto, l'innalzamento dei mari, la rarefazione delle risorse idriche. La natura sempre più inospitale causa inevitabilmente la fuga di intere popolazioni. Un problema serio. Che ha già avuto esempi concreti di esodi massicci in Niger, Senegal, Bangladesh e Cambogia. Entro il 2050, ha di recente calcolato Caritas internationalis, il pianeta dovrà fare i conti con 200 milioni di migranti costretti a lasciare la propria terra per colpa dei cambiamenti climatici: nel 2008 erano 20 milioni. Non a caso si sta discutendo se inserire questa tipologia di umanità dolente nel protocollo Onu per i rifugiati. Alcuni hanno paura che una presenza massiccia di "rifugiati ambientali" possa ridurre il livello generale di protezione e assistenza da parte degli Stati.
Proprio per spronare la comunità internazionale a impiegare su questo fronte intelligenza, tecnologie, soldi e buon cuore, l'idea della tassa è stata rilanciata in grande stile l'8 maggio. Lo ha fatto il Cidse, il network che coordina le 17 Ong cattoliche per lo
sviluppo europee e nord americane (tra loro l'italiana Focsiv), con la
presentazione del rapporto Finanziare la giustizia climatica, una
tassa sulle transazioni finanziarie al servizio della popolazione e del
pianeta.
Il primo a ipotizzare un intervento contenuto ma importante a vantaggio delle giuste battaglie della comunità internazionale fu l'economista statunitense James Tobin (1918-2002), che nel 1972 propose appunto una tassa
che colpisse, in maniera modica, tutte le transizioni
sui mercati valutari per stabilizzarli, penalizzando le speculazioni
valutarie a breve termine, e contemporaneamente per procurare entrate da
destinare alla lotta per lo sviluppo e la giustizia. Nel 1981 Tobin
vinse il Nobel per l'economia per "la sua analisi dei mercati finanziari e le loro relazioni con le
decisioni di spesa, con l'occupazione, con la produzione e con i prezzi", ma la sua idea, accanto a molti sostenitori, trovò subito molti detrattori.
«Adesso non ci sono scuse», afferma il presidente del Cidse, Chris
Bain, «per procastinare la tassa. La "ftt è un incredibile meccanismo per
generare somme significative di denaro utili per aiutare il Fondo
contro il riscaldamento globale ed altre sfide planetarie, senza dover
chiedere sacrifici addizionali ai contribuenti».
L'appello del Cidse a sostegno della Tobin tax non arriva a caso: il 9 maggio
il Parlamento tedesco e quello francese hanno discusso, in una sessione non a
caso fissata in simultanea, la possibilità di sostenere un'iniziativa
congiunta a favore di questa imposta tanto a livello europeo quanto di
G20. Poi, lunedì 20 giugno, a Lussemburgo, nella riunione dell'Ecofin, i ministri dell'Economia e delle Finanze
della Ue valuteranno questa possibilità, già sostenuta dalla maggioranza
del Parlamento di Strasburgo e dai Governi di Berlino, Parigi, Bruxelles e
Lussemburgo.
La partita non è comunque semplice, visto che i governi di
Londra, principale piazza finanziaria mondiale, Usa e Olanda hanno già
detto di no all'ipotesi di un'imposta globale sui movimenti della
finanza.
La partita in sede internazionale non si annuncia quindi facile,
anche
perché la posta in gioco è alquanto alta. Un prelievo sulle transazioni
finanziarie dello 0,05 per cento genererebbe infatti oltre 465 miliardi
di euro
all'anno. Da questo ammontare, osserva il Cidse, la comunità
internazionale potrebbe prelevare quei 70 miliardi di euro annuali che
servono per finanziare il Fondo contro il riscaldamento globale lanciato
al vertice di Cancun (29 novembre-10 dicembre 2010), al fine di sostenere i Paesi meno
ricchi a combattere l'innalzamento della temperatura del pianeta da qui
al 2020.
A Cancun si decise di creare il Fondo, ma poi si restò
abbastanza sul vago al momento di finanziarlo, anche per la reticenza,
da parte dei Governi occidentali, di aprire i cordoni della borsa in
questi tempi di crisi. In realtà, spiega un documento di lavoro messo a punto dalla Focsiv, alcune cose sono abbastanza chiare: «A partire dal 2020 il Fondo dovrà ricevere e distribuire fino a 100 miliardi di dollari l'anno. Tuttavia, una stima della Banca Mondiale indica che i costi solo per l'adattamento all'impatto dei mutamenti climatici si aggirano tra i 75 e i 100 miliardi di dollari l'anno. Le Ong rilevano che sono necessari oltre 200 miliardi annuali in finanziamenti pubblici, nuovi ed aggiuntivi rispetto agli aiuti per lo sviluppo già esistenti, per finanziare in modo adeguato sia l'adattamento che la mitigazione» degli effetti devastanti dell'effetto serra e del surriscaldamento del pianeta. «Nel pieno di una crisi economica che ha colpito molti dei paesi OCSE», s'interroga la Focsiv, «la domanda cruciale è da dove verranno tanti soldi». Dai privati? Dagli Stati? Lo scopo finale degli investitori privati, osservano molti, Focsiv e Cidse in primo luogo, è pur sempre quello di ottimizzare gli investimenti ricavando profitti. Il bene comune non è una priorità assoluta.
Ecco il perché della Tobin tax o della ftt che dir si voglia. «Gli scettici di questa tassa», sottolinea ancora
Bain, «dovrebbero rendersi conto che se il benessere delle
persone e del pianeta sono a rischio,anche il futuro del settore
finanziario lo è. La cosa giusta da fare adesso è mettere le persone in
primo luogo, favorendo l'introduzione di una Tassa sulle transazioni
finanziarie per un futuro migliore».
Oltre a sostenere l'idea di Tobin, il Cidse, forte della
sua esperienza decennale sul campo, ha invitato i Governi, gli organismi
internazionali e le Ong a mettere in campo un codice implementazione e
di condotta che permetta di utilizzare al meglio i fondi per la lotta al
riscaldamento globale. Il Cidse ha innnanzitutto chiesto che si parta da un approccio
multi-settoriale, che includa campi diversi, come la finanza,
l'agricoltura, la sicurezza alimentare, la salute, le infrastrutture e l'utilizzo
dell'acqua. In secondo luogo, ha spronato tutti a rispettare i diritti sociali ed
ambientali delle popolazioni e delle comunità locali interessate ai
progetti di contenimento dell'effetto serra.