L’autore della lettera agli Ebrei si riferisce al Gesù storico, cioè alla sua umanità. La comprensione della duplice natura nell’unica persona di Cristo si è andata pian piano elaborando nella mente e nel cuore dei cristiani, fino a esprimersi nel concilio di Calcedonia (451 d.C.): «Noi insegniamo a confessare un solo e medesimo Figlio: il Signore nostro Gesù Cristo, perfetto nella sua divinità e perfetto nella sua umanità, vero Dio e vero uomo, [composto] di anima razionale e del corpo, consostanziale al Padre per la divinità, e consostanziale a noi per l’umanità, simile in tutto a noi, fuorché nel peccato, generato dal Padre prima dei secoli secondo la divinità, e in questi ultimi tempi per noi e per la nostra salvezza da Maria vergine e madre di Dio, secondo l’umanità, uno e medesimo Cristo signore unigenito; da riconoscersi in due nature, senza confusione, immutabili, indivise, inseparabili, non essendo venuta meno la differenza delle nature a causa della loro unione, ma essendo stata, anzi, salvaguardata la proprietà di ciascuna natura, e concorrendo a formare una sola persona e ipostasi». È il punto di arrivo di un lungo cammino, segnato da contrapposizioni ed eresie. Per noi questa formula dogmatica diviene criterio per l’interpretazione delle Scritture e alla luce di essa dobbiamo leggere brani come quello sopra riportato.