È il primo incontro di papa Francesco con le famiglie. Quella prevista a Roma, in piazza San Pietro dal pomeriggio di sabato 26 all’Angelus di domenica 27 ottobre, con lo slogan Famiglia, vivi la gioia della fede!, «è una grande festa per le famiglie cristiane, per i genitori, per i figli, per i nipoti, per dimostrare il fascino di quella che è la cosa più bella del mondo», spiega a Famiglia Cristiana monsignor Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia. «Essa è posta al vertice della creazione da Dio stesso. Il desiderio di essere famiglia è scritto profondamente nel cuore di ogni persona umana. Ciascuno sa bene che da solo sta male».
- Monsignor Paglia, quali famiglie arrivano in pellegrinaggio a Roma?
«Innanzitutto giungono da 70 Paesi del mondo. Le previsioni parlano di 150mila persone. Accanto e davanti al Papa il posto è per gli anziani e i bambini, per i nonni e per i nipoti. Un modo per racchiudere l’intero arco generazionale. Poi, ci sono famiglie da Lampedusa e dalla Siria, famiglie israeliane e palestinesi. Portiamo le famiglie concrete, comprese quelle ferite, quelle azzoppate, il desiderio di tutti quelli che hanno bisogno di famiglia e non ce l’hanno, degli anziani che vengono scartati o dei bambini che non vengono accolti né fatti crescere. Nella Chiesa e nella prospettiva di papa Francesco si parla della concretezza delle famiglie come esse sono oggi. Quando la Chiesa parla di famiglia non parla di una definizione astratta, ma di quelle reali che incontra tutti i giorni».
- Una scelta impegnativa.
«Certamente. Ma noi vogliamo mostrare innanzitutto, al di là dei
dibattiti teorici su famiglia sì famiglia no, famiglia larga, famiglia
stretta e oltre, che quando c’è famiglia la festa è davvero grande.
Questo non vuol dire che non sia faticoso e impegnativo “fare famiglia”,
ma quale cosa importante al mondo non costa fatica e impegno? Il vero
problema è che oggi, purtroppo, la cultura maggioritaria non aiutala
famiglia. Non l’aiuta la politica, il mondo del lavoro troppo spesso la
sfrutta senza porla nel cuore del proprio progetto. Individualismo e
mercantilismo indeboliscono la risorsa più importante della società che è
appunto la famiglia. Il Pontificio consiglio vuol mostrare la forza e
la bellezza della famiglia cristiana, anzi della famiglia tout court,
perché il sacramento del matrimonio non snatura la famiglia
“ordinaria”, anzi semmai la arricchisce di una forza straordinaria
perché possa esprimere in maniera ancor più chiara la sua preziosità.
Già Cicerone, prima di Cristo, la definiva come principio della città e
scuola per la Repubblica».
- Il Papa benedice anche una nuova icona per la famiglia. Cosa rappresenta?
«Si tratta della presentazione di Gesù al tempio per indicare il
rapporto tra la famiglia e l’indispensabile relazione tra le
generazioni. Credo che sia importante, di fronte alla nuclearizzazione
delle famiglie, riannodare il rapporto tra le generazioni che,
purtroppo, sempre più chiaramente viene come interrotto. Stiamo correndo
il rischio di fasce d’età che non si parlano più l’una con l’altra. Se
potessi paragonare le generazioni a un palazzo a diversi piani, noi
stiamo bloccandogli ascensori e le scale. È urgente ricreare le
relazioni tra le persone e le età».
- E poi vi preparerete al Sinodo che il Papa ha voluto proprio sulla
famiglia, tra un anno, dal 5 al 19 ottobre 2014. Perché questa scelta?
«Attraverso il Sinodo il Papa vuole che i vescovi, i parroci, tutti i
fedeli aprano gli occhi sulla famiglia. Il Papa non chiama a una sorta
di esercizio teorico per definire la famiglia, ma chiama a stare accanto
alle famiglie. Non a caso ha parlato della Chiesa come un “ospedale da
campo” ed è per questo che dobbiamo, noi tutti, essere attenti alle cure
di fondo. Non si fa un Sinodo per dare l’aspirina, si fa un Sinodo per
operazioni serie, per curare ferite profonde, per aiutare una
convalescenza a volte non semplice, per trovare gli aiuti necessari per
rimettersi in piedi. Magari c’è bisogno di protesi, di appoggi. Già da
ora arriva nel cuore dei vescovi e dei parroci il grido di tanti che
hanno bisogno. Papa Francesco vuole che pastori e fedeli siano prossimi,
più vicini alle famiglie per aiutarle a vivere meglio. Nessun problema
deve essere abbandonato.Ovviamente non si può calpestare la verità, ma
certamente bisogna allargare la misericordia».
- È un messaggio rivolto anche al resto della società?
«Ancora una volta papa Francesco ci mostra la velocità dell’intuizione
pastorale.Per meglio dire l’intelligenza dell’amore.Il Papa ha capito
che la famiglia cristiana è uno dei cardini della vita della Chiesa e
per questo l’ha posta al centro della sua attenzione. Mi auguro che
questa lucida decisione del Papa venga capita anche dalle altre
istituzioni: la politica,l’economia, la cultura. È urgente, se vogliamo
costruire una società salda, rimettere al centro delle preoccupazioni la
famiglia. Come ha fatto papa Francesco».