Antonio Trovato la musica l’ha scoperta molto presto: ha iniziato a suonare a 8 anni, e racconta che dopo aver ascoltato Liszt alla radio gli “è scattata la scintilla interiore”, e l’ha scelta come ragione di vita. Trovato è oggi un pianista che definire virtuoso è riduttivo: nato nel 1970, legatissimo a Palermo, è allievo di Eliodoro Sollima ed è stimatissimo da Giovanni, autore e violoncellista di livello mondiale, figlio del suo maestro. Ma Antonio Trovato è soprattutto un compositore, le cui pagine, intensissime e scritte con grande magistero, comunicano emozioni e visioni, coniugando ciò che è più difficile coniugare in musica: complessità e semplicità. “Percorsi dell’anima” è il titolo del suo cd pubblicato da Bam: “È un titolo che ho scelto io e che descrive il mio desiderio di rappresentare i miei stati d’animo, in situazioni molto diverse. Ci sono pezzi recenti, altri scritti negli anni ’90. Insomma è un po’ la sintesi del mio percorso.
Sono pagine molto elaborate, ma il piacere d’ascolto è assoluto, ed evocano Liszt, Prokovief:
«Io non amo la semplificazione, amo il mio pianoforte e gli chiedo tutto: infatti il mio linguaggio è orchestrale, con effetti timbrici e soluzioni armoniche anche complesse. Ma amando il mio strumento non lo voglio maltrattare, come mi insegnava il mio grande maestro Eliodoro Sollima: e così il pianoforte ricambia con tanta dolcezza»
Infatti la sua musica sembra scaturire dall’improvvisazione del momento, e tutto scorre in modo quasi lieve
«La mia scrittura pianistica è espressione della mia interiorità: e per me scrivere e suonare è come respirare»”
Da esecutore invece lei ama anche ricercare autori meno noti
«Sì, amo il lavoro di ricerca che mi permette di non ricalcare sempre lo stesso repertorio, a volte riportando alla luce autori poco frequentati».
Tornando alle sue composizioni, anche nei momenti più drammatici dei suoi pezzi il registro acuto fa intravedere la luce, la speranza. Come definirebbe dunque il suo stato d’animo?
«La mia è una malinconia proiettata nel suono: una malinconia dolce»
Una malinconia che trasforma in suoni le sue emozioni, le sue introspezioni, il suo rapporto con Patrizia - “la sua anima gemella” - ma che evoca anche la sua terra, il mare. È molto legato alla Sicilia?
«Certo. E cerco di raccontare la mia terra che amo, il mare, il senso di nostalgia che scaturisce dalla lontananza. Ma voglio anche coglierne gli aspetti problematici: per esempio lavoro al progetto “mare rosso”, pensato per i migranti, vittime in mare di questi anni»
Come mai ha dedicato anche una composizione ai mosaici del Duomo di Monreale?
«L’ho scritta durante una Quaresima, tornato a casa dopo essermi raccolto in preghiera. La scrittura a mani alterne rappresenta i mosaici. Ma il finale drammatico evoca il Cristo crocefisso»
Quello della fede è dunque un tema dominante nella sua musica e nella sua vita?
«Ho il dono della fede sin da piccolissimo. I musicisti sono sempre soli, quando studiano, quando compongono. Io sento Dio accanto a me. A volte sento di scrivere quello che Lui mi detta, come un amanuense.” Lei ha anche scritto un Padre nostro e coltiva un sogno, vero? “Sì, per me quel Padre nostro è un “grazie” e l’ho scritto dopo l’elezione di papa Francesco. E il mio sogno è che lui un giorno lo ascolti»
A queto link potete ascoltare il suo Padrenostro