In Francia, dopo i cattolici, i musulmani sono la seconda comunità religiosa: su 67 milioni di francesi – secondo alcuni – sarebbero circa 6 milioni, mentre altri parlano di una cifra assai inferiore, intorno ai 3 milioni e mezzo. In alcune aree esiste una forte concentrazione musulmana, come nella banlieue di Parigi. Dall’inizio del 2024 il Governo ha vietato l’ingresso di imam stranieri per combattere l’estremismo e l’antisemitismo (cresciuto dopo lo scoppio del conflitto israelo-palestinese a seguito dell’attacco terroristico di Hamas). Macron s’è opposto al separatismo musulmano. In Germania i musulmani arrivano al 6,7% della popolazione con 3,5 milioni di turchi (un milione con doppia cittadinanza: cosicché Erdogan ha un’influenza sul voto tedesco). L’omogeneità degli immigrati è dovuta alla scelta preferenziale tedesca verso l’immigrazione turca.
L’Europa si islamizza? I musulmani sono la “quinta colonna” che, con la crescita demografica, prenderà il potere nel Vecchio continente cristiano? Per taluni è un’invasione silenziosa e “pacifica”, quando quelle armate del passato hanno fallito. Anni fa, in Russia, è stato pubblicato un romanzo, La moschea Notre Dame, che racconta di una Francia islamizzata, dove i cristiani sono ghettizzati. Molti sono gli allarmi. Kissinger ha notato: «È stato un grave errore far entrare così tante persone provenienti da culture, religioni e concetti totalmente diversi…». Sarebbe giustificato un atteggiamento guardingo e difensivo? Non si rischia l’islamofobia?
In Italia i musulmani sono 2,7 milioni, il 4,9% della popolazione. La loro presenza è più recente rispetto a quella francese o tedesca. A differenza di altri Paesi europei qui i musulmani hanno un’origine nazionale differenziata: i più numerosi vengono dal Marocco, poi da Albania, Pakistan, Egitto, Senegal, Tunisia, Macedonia del Nord e Kossovo. Non formano un blocco unico. Che il mondo musulmano in Italia sia stato anche attraversato da tensioni e spinte estremistiche (relative) è una realtà, costantemente monitorata. Ma non si può dire che rappresenti oggi una minaccia per la sicurezza del Paese. La guerra in Terra Santa ha fatto crescere la tensione antisemita.
L’alternativa, di fronte a cui ci troviamo, non è ignorare i problemi dell’integrazione o fare muro di fronte alla “marea islamica”. Il futuro è più complesso e il cammino difficile, ma tutt’altro che impossibile. Del resto, gli immigrati rappresentano una necessità dell’economia del nostro Paese e della stessa cura alle persone e agli anziani. Bisogna lavorare sull’integrazione e l’insegnamento della lingua, consapevoli che chi viene in Italia entra a far parte di una comunità nazionale con la sua storia e la sua identità. Il problema è la pazienza e l’intelligenza di integrare, di evitare di spingere ai margini della città, creando ghetti di esclusi. In questa società, dominata dal primato dell’individuo, c’è invece bisogno di persone che si dedichino a costruire il futuro. Molto possono la scuola e le comunità di ogni tipo, e non vanno dimenticate le aree interne a rischio di spopolamento. Giorni fa ho incontrato due afgani, una mamma e un bambino, giunti con i corridoi umanitari. Ho chiesto al bambino: «Vuoi tornare a casa?». Mi ha risposto con un sorriso e un italiano scorrevole, nonostante i pochi mesi di permanenza: «L’Italia è bellissima!».