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domenica 23 marzo 2025
 
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«Per prime proteggiamo le mamme»

08/05/2021  Parla Gianfranco Jorizzo, responsabile della maternità dell'ospedale di Padova: ha seguito le dottoresse che si sono vaccinate in gravidanza, dando alla luce, a marzo, le prime bimbe italiane con anticorpi contro il Covid: «Ho capito che la vita è più forte del virus»

È primario dell'ospedale ai Colli di Padova, ma per la città è il responsabile dell'area funzionale materno- infantile Padova AUlSS 6 euganea. Gianfranco Jorizzo, 51 anni, ha seguito con la sua équipe le vaccinazioni di entrambe le dottoresse che hanno partorito, in marzo, le prime due bambine in Italia con anticorpi contro il Covid. Consigliere della società scientifica italiana e coordinatore nazionale dei punti nascita al ministero della Salute, durante il natale 2020 ha fatto una revisione della letteratura e raccolto più dati possibili sul vaccino mRNA «Una piccola molecola che entra nel corpo e non passa mai la placenta. Il 2 gennaio abbiamo pubblicato uno statement affermando che si possono vaccinare le donne in gravidanza e che non va interrotto l'allattamento. Chi si può vaccinare? Le donne incinta che sono operatrici sociosanitarie; le caregiver; le donne sopra ai 35 anni; le ipertese, le obese, le diabetiche, le asmatiche e le etnie minori. La popolazione straniera in particolare quella orientale che è stata più colpita». La dottoressa Anna Parolo (intervistata insieme alla collega Valeria Bernardi su Famiglia Cristiana 19 in edicola da giovedì 6 maggio, ndr) è la prima che, letto, lo studio decide di vaccinarsi. «Fa la prima dose, poi la seconda. Poi subito dopo la dottoressa Bernardi e diverse altre mamme medico. Sono 32mila in Veneto le donne in attesa e 410mila in Italia. Sono loro la vera categoria da tutelare».

 

Il dottor Jorizzo si batte perché la vaccinazione sia accessibile a tutte le future mamme, non solo a quelle a rischio per motivi di salute o di lavoro: «Quando tornavo a casa dalle mie figlie in piena pandemia a marzo 2020 avevano paura che le infettassi. I ragazzi nati nel nuovo millennio non hanno mai affrontato un ostacolo così grave. Quando mi mettevo in macchina nelle strade deserte pensavo che non sarebbe andata a finire bene». Il 10 marzo 2020 la telefonata di una collega lombarda dall'area più colpita: «Lei e il marito si erano infettati e presentavano una polmonite: respiravano male; mi chiedeva aiuto per trovare un posto in ospedale perché era tutto esaurito. Ho pensato davvero “Ci prenderà tutti, tutti noi dai 50 anni in su, le mie figlie ce la faranno e i giovani come loro ricostruiranno l'Italia, sarà come nel 1945 al termine del secondo conflitto mondiale”». Nel frattempo, però, i segnali incoraggianti venivano proprio dai più piccoli: «Perché i bambini non erano toccati dal virus. Credo che sia quello che ci ha permesso di mantenere la lucidità; puoi sopportare il lutto di una persona che ti ha generato, ma non dei figli. Veder nascere i neonati nonostante il Covid e sapere che non venivano contagiati mi ha fatto credere che ne saremmo usciti».

A sinistra, la dottoressa Kimta Ngaradoumbe Nanhornguè; Anna Parola, l'immunologa che per prima si è sottoposta al vaccino e il dottor Gianfranco Jorizzo, responsabile del servizio di Medicina Prenatale
A sinistra, la dottoressa Kimta Ngaradoumbe Nanhornguè; Anna Parola, l'immunologa che per prima si è sottoposta al vaccino e il dottor Gianfranco Jorizzo, responsabile del servizio di Medicina Prenatale

Altrettanto quando ha dosato gli anti spike nei bimbi «E li ho trovati altissimi. Mi sono detto: “Questa non è la terza guerra mondiale”. Tutte le donne che avessero fatto un figlio dopo aver preso la malattia avrebbero partorito figli immuni. La piccola della dottoressa Patrolo, Valentina, quando è nata aveva gli anticorpi. Erano proprio loro a dirci che la vita era più forte del virus e che potevamo sopravvivere!». Così, dopo tanto lavoro fatto e tanto impegno il Veneto ha accettato il progetto di vaccinare le donne incinta. «Bisogna preferire chi fa evolvere la specie: come sulla nave che affonda bambini, mamme e anziani». Dopo la dottoressa Parolo si sono presentate spontaneamente altre donne. «E noi nel frattempo ancora qui a consultare il bugiardino dell'Aifa per capire limiti e pregi dell'mRNA. L'obiettivo è non mettere a repentaglio la salute del piccolo. Ecco perché la vaccinazione va fatta al settimo mese di gestazione: per dare al nascituro la giusta carica anticorpale per affrontare la vita».

Anche perché, ribadisce, «Il vaccino mRNA è l'iniezione di una molecola proteica che viene immediatamente degradata/metabolizzata dal corpo. Non ha rischi, perché non stiamo inoculando il virus o frammenti di virus. Ecco perché abbiamo avuto la certezza di fare lo statement. Non può danneggiare in alcun modo né la mamma né il bambino. Il vaccino è sicuro e va fatto nel terzo trimestre perché è il più delicato». Resta chiaro che è una libera scelta: «Ma per poter scegliere liberamente va offerto a tutte le gravide! Non mi stupisce, però, che ciò non accada: perché prima che per le mamme non c'è adeguata attenzione alla salute delle donne».

 

Sul fronte maternità qualche primo risultato c'è: «Le mamme che si sono infettate dal Covid sono state monitorate con qualche banale controllo ecografico in più che non ha dimostrato significative differenze di crescita del feto o di parto pretermine». Identico percorso per chi si vaccinerà; «Quel che abbiamo visto fino ad oggi è che alla ecografia morfologica non aumentano le patologie fetali perché la specie è più forte del Covid. La scelta del vaccino conferma che il feto è parte integrante della mamma, del suo corpo che si trasforma e diventa vita».

Una scelta che andrebbe offerta a tutte e a tutti: «Questo è il senso della globalizzazione del vaccino. Obiettivo nobile dell'Organizzazione mondiale della Sanità: una salute accessibile a tutti gli abitanti della terra. Partendo dalla popolazione più fragile: i più poveri che vivono in comunità iperpopolate, in case con norme igieniche impensabili».

 

Jorizzo ha scelto Ostetricia nel 1993 «Facevo il volontario in una comunità di bimbi disabili; ricordo Dario che aveva una disabilità in parte causata dal parto, ma nessuno aveva denunciato... Io che, allora, facevo psichiatria ho pensato: “Devo fare ostetricia per cambiare qualcosa”». E l'ostetricia ha cambiato lui: «Le donne sono la luce del mio lavoro». Qualche anno dopo a confermare la sua idea, l'arrivo delle figlie: Giulia che oggi ha 20 anni, Ilaria 19 e Maria Luce 8. «Per loro quando sono nate ho preso l'aspettativa tutte e tre le volte, per la piccola e per seguirla in Dad l'ho ripresa anche durante l'ultima zona rossa». La festa della mamma anche se è un papà? «La sento molto anche se sono rimasto orfano, ma i miei genitori e mia madre li ho sempre con me. Li sento dentro». L'augurio? «Lo rivolgo alle mie figlie perché possano diventare mamme in un ambiente più sicuro e possano affrontare con maggior serenità il loro futuro. Tutto quello che faccio lo dedico a loro».

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